La multa comminata dalla Securities and Exchange Commission degli Stati Uniti a Terraform Labs e Do Kwon sembra destinata a far discutere molto. Com’è noto, nell’ambito della causa civile contro i protagonisti del clamoroso crac di Terra (LUNA), la SEC ha stabilito in 4,5 miliardi di dollari l’importo della sanzione a loro carico.

Il problema sorto nello stabilire tale importo è relativo al confronto con i due miliardi pretesi dall’autorità di vigilanza dei mercati finanziari statunitensi da Ripple Labs. Una sproporzione che è stata immediatamente messa in rilievo dall’azienda guidata da Brad Garlinghouse, alle prese con la battaglia legale sorta con l’agenzia.

Ripple denuncia la differenza di trattamento della SEC rispetto a Terraform Labs

Ripple Labs ha respinto al mittente la proposta della Securities and Exchange Commission relativa ad una multa multimiliardaria nell’ambito della causa sorta intorno a Ripple. Lo ha fatto nell’ambito di un “avviso di autorità supplementare” che ha provveduto ad inviare nella giornata di ieri al giudice che supervisiona il caso.

Al suo interno, il consulente legale della società ha affermato che la corte dovrebbe respingere quella che suona alla stregua di una richiesta sproporzionata e senza precedenti. La SEC, infatti, chiede il versamento di quasi due miliardi di dollari di multe all’azienda tecnologica che dirige le operazioni di XRP.

L’avvocato Michael K. Kellogg nel presentare le sue argomentazioni, ha preso come riferimento proprio il recente accordo transattivo tra la SEC e Terraform Labs, l’azienda guidata da Do Kwon. Un accordo che stabilisce in 4,5 i miliardi di dollari che gli accusati devono versare sotto forma di multa.

Perché la protesta di Ripple Labs?

A stridere con grande forza, secondo le tesi di Kellogg, è proprio la differenza di motivazioni alla base delle due cause. Nel caso di Terraform Labs, infatti, siamo di fronte ad una vera e propria frode ai danni degli investitori. Una truffa condotta in assoluta consapevolezza dagli imputati, terminata con la scomparsa di oltre 40 miliardi di dollari degli investitori.

Mentre nel caso di Ripple l’accusa è di aver venduto titoli non autorizzati, senza però alcuna intenzione, perlomeno provata a livello di dibattimento, di truffare gli investitori. Una disparità la quale salta in evidenza agli occhi degli spettatori neutrali delle cause in oggetto.

“La sanzione civile richiesta dalla SEC nel caso Terraform dimostra l’irragionevolezza della sanzione civile richiesta dalla SEC in questo caso”: queste le parole di Kellogg, al proposito. Per poi aggiungere: “Non ci sono accuse di frode in questo caso e gli acquirenti istituzionali di fatto non hanno subito perdite sostanziali.” Concludendo poi che una multa proporzionata all’entità del caso si attesterebbe intorno ai dieci milioni di dollari.

Occorre anche sottolineare come la SEC abbia giustificato l’enormità della sanzione con la volontà di dissuadere Ripple Labs per il futuro. Una tesi abbastanza strana, considerato come le aule di tribunale giudichino reati effettivamente compiuti e non quelli che potrebbero essere commessi.

Intanto l’azienda si muove per la sua stablecoin

Mentre prosegue la battaglia legale con la SEC, Ripple non resta comunque ferma ad attendere gli eventi. Anzi, continua ad espandere la propria attività, come testimonia il recente completamento dell’acquisizione della Standard Custody & Trust Company.

Si tratta di una società di custodia di criptovalute regolamentata dal Dipartimento dei servizi finanziari di New York, il cui acquisto sembra ideale per sospingere Ripple Labs verso il suo prossimo grande obiettivo: lanciare una stablecoin ancorata al dollaro statunitense.

Un lancio che avverrà in un momento molto particolare, il quale vede Tether sottoposta a grandi pressioni. L’azienda che emette USDT, infatti, deve fare i conti non solo con la nuova legge sulle stablecoin proposta da Cynthia Lummis e Kirsten Gillibrand, ma anche con il bando emesso nei suoi confronti dall’UE. USDT, infatti, non rispetta gli standard pretesi dall’eurozona con l’entrata in vigore del MiCA.