Non ci resta molto se non la nostra voce” spiega il co fondatore della Free Rohingya Coalition Nay San Lwin a Tag24: la sua organizzazione ha l’obiettivo di tutelare la minoranza etnica e religiosa originaria del Myanmar costretta dalle continue violenze delle truppe birmane a rifugiarsi in altri Paesi tra cui il Bangladesh. Frc opera portando al centro dell’attenzione le storie che arrivano dalle persone rifugiate e facendosi ‘voce‘ di quello che potrebbe essere definito un genocidio anche se le Nazioni Unite non lo hanno ancora riconosciuto come tale.

I Rohingya sono da anni vittime delle violenze dell’esercito nazionale a causa della loro religione: sono mussulmani in uno Stato a maggioranza buddhista. I governi di Naypyidaw degli ultimi 60 anni hanno sempre ritenuto che potesse esserci un rischio di radicalizzazione, dal 2017 le angherie delle truppe birmane sono sotto gli occhi del mondo intero: i continui assalti alle comunità, i villaggi incendiati, le donne stuprate e le esecuzioni hanno destato clamore in Occidente.

Dal 1982 i Rohingya hanno perso la cittadinanza birmana e tutti i diritti che ne derivano. La Frc si è posta come obiettivo la restituzione dello status anche se Naypyidaw è molto poco propensa a riconoscere i diritti alla popolazione di religione mussulmana.

Nay San Lwin: “Dagli anni ’60 le autorità del Myanmar portano avanti un genocidio contro i Rohingya”

Dopo il 2017 il nome dei Rohingya è stato quasi totalmente rimosso dalle cronache estere dei giornali occidentali. Il susseguirsi di altre evoluzioni nella geopolitica internazionale ha oscurato la causa della minoranza etnica che risiede in parte Myanmar ed ora è sparsa negli Stati confinanti. In una precedente intervista all’analista geopolitica di Ispi Morselli è stato trattato il tema dello sterminio portato avanti in Myanmar e dei suoi riflessi in tutta l’Asia.

Tra i diversi Paesi che hanno offerto rifugio ai Rohingya c’è il Bangladesh che ha accolto più di 300mila persone, come spiega Bay San Lwin a Tag24.

D: Come viene perpetrato il genocidio contro i Rohingya?

R: “I Rohingya furono uno dei gruppi etnici ufficialmente riconosciuti dopo l’indipendenza della Birmania nel 1948. Tuttavia, in seguito al primo colpo di stato del 1962, lo status del gruppo etnico e dei suoi cittadini fu gradualmente declassato. La prima massiccia ondata di violenza contro i Rohingya si verificò nel 1978, seguita da una nuova legge sulla cittadinanza nel 1982 che li rese apolidi all’interno del Paese. Da più di 50 anni l’esercito birmano perpetra un genocidio contro questo popolo. L’ultima grande ondata di violenza si è verificata nel 2017. Ora, nonostante consideri l’esercito birmano come un nemico, l’Esercito Arakan (AA) sta portando avanti gli “affari incompiuti” del leader militare birmano Min Aung Hlaing”.

Violenze incessanti dagli anni ’60 contro i Rohingya

D: Da quanti anni viene portato avanti dalle autorità birmane?

R: “Il genocidio dei Rohingya iniziò già a metà degli anni ’60. La prima mossa fu la cancellazione del programma radiofonico trasmesso in lingua Rohingya nel 1965. Successivamente venne cancellata la popolazione dalla lista dei gruppi etnici ufficialmente riconosciuti. Nel 1974 un’operazione dell’esercito portò al sequestro di molti documenti ufficiali e la prima massiccia ondata di violenza si verificò nel 1978. Da allora sono state portate avanti diverse operazioni per sterminare la popolazione Rohingya“.

D: ⁠Quali furono le conseguenze? Sono molti i Rohingya fuggiti dalla Birmania?

R: Omicidi, incendi dolosi, stupri e tutte le altre forme di abuso si sono verificati fin dai primi anni ’70 e sono ancora in atto. I Rohingya vivono in quella che può essere descritta come una prigione a cielo aperto. Circa 130.000 persone sono state confinate nei cosiddetti campi per sfollati interni (IDP) per 12 anni. I Rohingya dovrebbero essere 3 milioni ma al momento solo 600.000 abitano in Myanmar. Più di un milione si trovano in Bangladesh, i restanti in Malesia, India, Indonesia e alcuni in Medio Oriente, Europa e Nord America“.

Il ruolo del Bangladesh

D: Il Bangladesh ha dato una casa a chi è fuggito dalla Birmania?

R: “In Bangladesh più di un milione di persone vivono in una piccola area e i campi sono molto affollati. Naturalmente se il Bangladesh non avesse offerto rifugio sarebbero stati uccisi nei campi di sterminio. Qualunque cosa abbia fatto il Bangladesh è encomiabile“.

D: Credi che dietro questi massacri ci siano potenze straniere?

R: “Non credo. L’esercito del Myanmar e l’Esercito Arakan (AA) hanno entrambi la chiara intenzione di distruggere la comunità Rohingya, poiché è stata stabilita una politica genocida. L’esercito del Myanmar e il popolo Rakhine hanno collaborato strettamente ogni volta che eliminavano i Rohingya”.

Cosa ha fatto Aung San Suu Kyi?

D: Leggiamo spesso forti critiche contro Aung San Suu Kyi. Anche lei è responsabile?

R: “Da quando è diventata deputata e poi consigliera di Stato, non si è mai pronunciata a favore dei Rohingya. Poi si è rivolta alla Corte internazionale di giustizia (ICJ) per difendere i militari e respingere le accuse di genocidio. Ciò ha reso chiaro che lei si è schierata dalla parte dei militari ed è complice del genocidio. Data la sua complicità, dovrebbe certamente essere ritenuta responsabile“.

D: Cosa ha fatto la comunità internazionale per aiutarti?

R: “I governi occidentali hanno imposto aiuti umanitari ai rifugiati e alcune sanzioni contro i militari. Inoltre, il Gambia ha presentato il caso alla Corte internazionale di giustizia. Gli Stati Uniti hanno ufficialmente riconosciuto i crimini contro i Rohingya come genocidio. Tuttavia, sono necessarie ulteriori azioni per fermare quello che succede”.

D: ⁠Il genocidio in corso non appare in molti media occidentali. Perché?

R: “Nel 2017, il genocidio dei Rohingya è diventato centrale dei media, ma purtroppo la copertura si è spostata su Palestina-Israele e Ucraina. La nostra situazione è per lo più ignorata. Penso che i media dovrebbero prestare attenzione alla questione Rohingya finché non sarà risolta. La copertura mediatica è molto importante”.

Il ruolo della Free Rohingya Coalition

D: Come funziona la Coalizione per i Rohingya liberi? Quali servizi offrite alla popolazione Rohingya?

R: “La Free Rohingya Coalition è una rete di attivisti e amici Rohingya. Facciamo tutto ciò che è in nostro potere per fermare il genocidio in corso dei Rohingya e per ripristinare il loro status etnico e la cittadinanza. Non abbiamo limiti”.

D: Cosa pensi che potrebbe accadere in futuro? Ci sono al momento barlumi di speranza per una soluzione pacifica?

R: “La nostra voce è il nostro unico potere, non ne abbiamo altri. Abbiamo bisogno del sostegno e della solidarietà della comunità internazionale. Il mondo ha il potere di fermare qualsiasi cosa. Dovrebbe parlare per noi e fare tutto il possibile. Con la solidarietà del mondo, è possibile porre fine a questo genocidio in corso. Ad oggi, il mondo non ha fatto abbastanza. Ecco perché la nostra sofferenza continua”.