L’Agenzia delle entrate chiarisce il meccanismo dell’applicazione della plusvalenza sugli immobili interessati dai lavori del superbonus, assegnando l’obbligo di pagare la tassa secondo quanto dispone la legge di Bilancio 2024 a specifici soggetti. Proprio la Manovra 2024 apporta variazioni al Testo unico delle imposte sui redditi (Tuir) definendo i soggetti interessati all’applicazione dell’imposta sulla plusvalenza all’articolo 67. La tassazione è del 26% e si applica sulla cessione di una seconda casa. Sono dunque escluse da questo regime tutte le prime case oggetto di lavori in superbonus.
Plusvalenza superbonus 2024, ecco chi deve pagare la tassa
Nel dettaglio, l’ipotesi della plusvalenza sui lavori in superbonus è introdotta al numero 2), della lettera a), del comma 64 dell’articolo 67. Il dettato normativo riconosce come plusvalenze quelle realizzate tramite la cessione “a titolo oneroso di beni immobili, in relazione ai quali il cedente o gli altri aventi diritto abbiano conseguito gli interventi agevolati di cui all’articolo 119 del decreto legge 19 maggio 2020, numero 34 convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, numero 77, che si siano conclusi da non più di 10 anni all’atto della cessione, esclusi gli immobili acquisiti per successione e quelli che siano stati adibiti ad abitazione principale del cedente o dei suoi familiari per la maggior parte dei 10 anni antecedenti alla cessione o, qualora tra la data di acquisto o di costruzione e la cessione sia decorso un periodo inferiore a 10 anni, per la maggior parte di tale periodo”.
Come non pagare plusvalenza bonus edilizi?
Ciò significa che basta essere intervenuti su un immobile con il superbonus per rifare l’impianto di riscaldamento per l’applicazione della plusvalenza. Si pensi a un condominio nel quale il proprietario di un’unità immobiliare abbia rifatto il cappotto termico: il lavoro agevolato dai bonus edilizi fa partire l’obbligo per tutti gli altri appartamenti della nuova tassazione in caso di vendita, introdotta nel 2024 e particolarmente penalizzante.
Quella sul superbonus è la nuova tassazione del 26% sulla plusvalenza generata dall’operazione di vendita di un immobile destinatario di interventi di efficientamento energetico o di ristrutturazione agevolati dal superbonus negli ultimi dieci anni o, anche per un periodo di tempo non così lungo, tra l’anno di acquisto o di costruzione e l’anno di vendita.
Chi ha fruito del 110% può vendere?
Il nuovo regime di tassazione prevede, come chiarito dall’Agenzia delle entrate nella circolare 17/E del 13 giugno 2024, che chi vende una seconda casa (a esclusione degli immobili ereditati) nei 10 anni successivi all’intervento subisce un prelievo del 26 per cento sulla plusvalenza che si è generata dall’operazione. Tale plusvalenza rientra nei redditi diversi e subisce un calcolo particolarmente penalizzante sull’imponibile.
La ragione giuridica dell’applicazione della tassazione sulla plusvalenza sugli immobili venduti e oggetto di interventi in superbonus risiede proprio nel fatto che l’immobile ha guadagnato valore e risulti ambito nel mercato immobiliare in conseguenza dei lavori di efficientamento energetico e di ristrutturazione incentivati dai bonus edilizi.
Cessione credito e sconto in fattura bonus 110%, si paga la tassa in caso di vendita immobile?
L’applicazione della tassazione sulla plusvalenza di immobili venduti ricade sulle seconde case in tutte le ipotesi di attivazione del nuovo regime. Pertanto, si prescinde dal fatto che i lavori agevolati di ristrutturazione siano a carico di un soggetto differente dal proprietario. L’attivazione dell’obbligo di applicare la tassazione può avvenire anche per i lavori degli inquilini, dei comodati e dei familiari conviventi.
Non fa differenza nemmeno la percentuale di agevolazione delle spese applicate, nel corso degli anni, al superbonus. Che sia stato un bonus al 110% (negli anni dal 2020 al 2022 – e 2023 per i documenti di avvio dei lavori presentati entro la fine del 2022) oppure al 90% (2023) o al 70 di quest’anno (o 65% dal 1° gennaio 2025), per la nuova disciplina della tassazione non cambia nulla. Qualsiasi tipologia di superbonus rientra nel meccanismo della tassazione anche a fronte dell’utilizzo del bonus. Si prescinde, anche in questo caso, dall’uso in detrazione fiscale, in sconto in fattura o come cessione del credito d’imposta.