La CGIL ha annunciato di aver superato la soglia delle 500 mila firme necessarie per avviare l’iter di consultazione per il referendum contro il Jobs Act, legge entrata in vigore nel 2015 durante il governo Renzi. La raccolta firme, iniziata alla fine di aprile, ha visto un ampio supporto da parte di figure politiche di rilievo e ha raggiunto un totale di 582.244 firme.
Perché la CGIL vuole il referendum sul Jobs Act
La CGIL, guidata da Maurizio Landini, ha depositato quattro quesiti referendari in Cassazione contro il Jobs Act. I quesiti riguardano i licenziamenti (contratto a tutele crescenti e indennizzo nelle piccole imprese), la reintroduzione delle causali per i contratti a termine e la responsabilità del committente negli appalti per gli infortuni. L’obiettivo è raccogliere le firme necessarie per votare nella primavera del 2025.
Com’è andata la raccolta firme
Il processo di raccolta firme è stato avviato il 25 aprile e in poco più di un mese e mezzo ha superato la soglia minima necessaria di 500 mila firme. Questa iniziativa ha visto la partecipazione di molte personalità politiche tra cui Elly Schlein, segretaria del Partito Democratico, Giuseppe Conte, leader del Movimento 5 Stelle, Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli di Alleanza Verdi e Sinistra. La CGIL ha quindi sottolineato come vi sia stato un grande interesse e desiderio di partecipazione nei territori e nei luoghi di lavoro.
Impatto del Jobs Act e critiche
Il Jobs Act, introdotto il 7 marzo 2015 dal governo Renzi, ha portato significative modifiche nel mercato del lavoro italiano. Una delle principali innovazioni è stata l’introduzione del contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti, che prevede un indennizzo economico commisurato all’anzianità di servizio in caso di licenziamento illegittimo, sostituendo il reintegro nel posto di lavoro.
Secondo la CGIL, il Jobs Act ha di fatto eliminato l’articolo 18 per i neoassunti, aumentando la precarietà lavorativa. La riforma ha introdotto maggiore flessibilità per le imprese, ma a scapito della sicurezza lavorativa e della stabilità dei lavoratori. Questa è una delle principali ragioni per cui la CGIL ha deciso di promuovere il referendum, con l’obiettivo di ripristinare maggiori tutele per i lavoratori.
Referendum Jobs Act: i quesiti nel dettaglio
Il referendum proposto dalla CGIL si articola in quattro quesiti principali, ciascuno dei quali mira a modificare aspetti cruciali del Jobs Act e delle normative correlate.
Licenziamenti e contratto a tutele crescenti
Due dei quattro quesiti referendari riguardano direttamente i licenziamenti. Il primo chiede il superamento del contratto a tutele crescenti, introdotto dal Jobs Act, che lega le tutele dei lavoratori all’anzianità di servizio. Il secondo quesito riguarda l’indennizzo previsto per i licenziamenti nelle piccole imprese, sempre nell’ambito delle misure introdotte dal Jobs Act.
Causali per i contratti a termine
Il terzo quesito referendario propone la reintroduzione delle causali per i contratti a termine. Attualmente, grazie a una norma introdotta dal Governo Meloni, le parti individuali possono indicare esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva per giustificare la stipulazione di contratti a termine, una misura che la CGIL vuole modificare per garantire maggiore stabilità ai lavoratori.
Responsabilità negli appalti
L’ultimo quesito si concentra sulla responsabilità del committente negli appalti, in particolare per quanto riguarda gli infortuni sul lavoro. Questa proposta mira a rafforzare la tutela dei lavoratori coinvolti in appalti, aumentando la responsabilità del committente per garantire condizioni di lavoro più sicure.
Obiettivi e prospettive del referendum
La CGIL ha chiaramente dichiarato che l’obiettivo di questa iniziativa è quello di promuovere un lavoro stabile, dignitoso e maggiormente tutelato. L’intenzione è quella di andare al voto nella primavera del 2025.
Motivazioni della CGIL
Maurizio Landini, segretario generale della CGIL, ha affermato che questa iniziativa è motivata dalla necessità di offrire un futuro più sicuro e dignitoso ai giovani e alle donne, che stanno pagando il prezzo più alto della precarietà. Ha inoltre sottolineato l’importanza di utilizzare tutti gli strumenti disponibili per garantire che il lavoro non sia precario, ma dia dignità e sicurezza economica.
Luigi Giove, segretario organizzativo della CGIL, ha evidenziato che il traguardo delle 500 mila firme è stato raggiunto in un tempo record di un mese e mezzo, a partire dal 25 aprile 2024. Nonostante il raggiungimento del traguardo, la raccolta delle firme proseguirà e si intensificherà nei prossimi giorni e settimane per raccogliere il maggior numero possibile di adesioni.
Che succede adesso?
L’iter di consultazione referendaria prevede diverse fasi. Dopo la raccolta firme e la verifica delle stesse da parte della Corte di Cassazione, il referendum verrà indetto e si terrà presumibilmente nella primavera del 2025. Questo permetterà ai cittadini italiani di esprimersi sui quattro quesiti proposti e di decidere il futuro delle normative sul lavoro.