La Corte d’Appello di Roma ha recentemente emesso una sentenza che rigetta le domande presentate da un gruppo di lavoratori socialmente utili (LSU) stabilizzati presso un consorzio locale. Questi lavoratori, assunti a tempo indeterminato nel febbraio 2012, hanno visto i loro contratti dichiarati nulli e i rapporti di lavoro risolti per mancanza di copertura finanziaria e per l’illegittimità della procedura di stabilizzazione. Ecco cosa dice la Corte di Cassazione sull’annullamento delle stabilizzazioni dei dipendenti pubblici.
Annullamento stabilizzazioni dipendenti pubblici: il caso dei lavoratori LSU
I lavoratori LSU coinvolti nel caso avevano ottenuto un contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato con decorrenza dal 10 febbraio 2012, inquadrati nella categoria B del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) delle autonomie locali, con il profilo professionale di assistente operatore. Tuttavia, nel maggio dello stesso anno, il consorzio ha annullato questi contratti, dichiarandoli nulli per violazione delle norme sul contenimento della spesa del personale, in base all’art. 33, comma 1, del d.lgs. n. 165/2001, e per la stipulazione dei contratti da parte di un soggetto non legittimato (Commissario straordinario).
La richiesta di risarcimento e reintegrazione
I lavoratori hanno quindi intrapreso un’azione legale per l’accertamento della nullità o illegittimità del licenziamento, chiedendo la reintegrazione nel posto di lavoro e il pagamento di un’indennità risarcitoria pari all’ultima retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento fino alla reintegra effettiva. In subordine, hanno richiesto il risarcimento dei danni per l’omessa attivazione della procedura di collocamento in disponibilità prevista dall’art. 33 del d.lgs. n. 165/2001 per il personale pubblico in soprannumero o eccedentario.
La decisione del Tribunale di Cassino
Il Tribunale di Cassino aveva accolto parzialmente le richieste dei lavoratori, riconoscendo loro un risarcimento pari a 15 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto. Tuttavia, la Corte d’Appello di Roma ha ribaltato questa decisione, rigettando le domande dei lavoratori.
Motivazioni della Corte d’Appello
La Corte d’Appello ha basato la sua decisione su diverse motivazioni, tutte incentrate sulla legittimità del provvedimento di autotutela adottato dal consorzio e sulla mancanza di copertura finanziaria per le assunzioni.
La Corte ha infatti confermato che la mancanza di copertura finanziaria per le assunzioni era effettivamente sussistente. Questo ha giustificato il provvedimento di risoluzione dei contratti in autotutela adottato dal consorzio, che è stato considerato legittimo.
Responsabilità contrattuale ed extracontrattuale
La Corte ha escluso la responsabilità contrattuale del consorzio per non aver dato corso a una stabilizzazione senza la necessaria copertura finanziaria. Inoltre, ha rilevato che non era configurabile una responsabilità extracontrattuale per perdita di chances, in quanto non allegata né provata dai lavoratori.
Validità della risoluzione in autotutela
La Corte ha sottolineato che la risoluzione dei contratti, pur avvenuta successivamente alla loro stipulazione, era giustificata dalla mancanza di copertura finanziaria e dalla violazione delle norme imperative in materia di contenimento della spesa pubblica. Questo ha confermato la legittimità dell’annullamento dei contratti e la non configurabilità di un diritto alla stabilizzazione o al risarcimento dei danni per i lavoratori.
Annullamento stabilizzazioni dipendenti pubblici: il ricorso per Cassazione
I lavoratori hanno presentato ricorso per cassazione, sollevando tre motivi principali:
- Omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio;
- Violazione e falsa interpretazione delle norme relative alla procedura di stabilizzazione;
- Mancato riconoscimento della responsabilità del consorzio per i danni subiti.
I lavoratori hanno quindi contestato l’asserita mancanza di copertura finanziaria, sostenendo che essa fosse invece presente al momento della risoluzione dei contratti. La Corte di Cassazione ha però ritenuto infondato questo motivo, confermando la correttezza delle valutazioni della Corte d’Appello.
Il secondo motivo di ricorso riguardava la presunta violazione delle norme sulla stabilizzazione dei lavoratori, sostenendo che il consorzio avesse applicato erroneamente tali norme. Anche questo motivo è stato ritenuto infondato dalla Corte di Cassazione.
Infine, i lavoratori hanno denunciato la mancata considerazione della responsabilità del consorzio per i danni subiti. La Corte di Cassazione ha rigettato anche questo motivo, non rilevando alcuna responsabilità contrattuale o extracontrattuale a carico del consorzio.
Conclusione della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso dei lavoratori, confermando la legittimità della risoluzione dei contratti per mancanza di copertura finanziaria e per violazione delle norme imperative in materia di assunzione del personale pubblico. La decisione della Corte d’Appello di Roma è stata quindi ritenuta conforme alla giurisprudenza vigente.
La sentenza ha confermato che, in assenza dei requisiti di copertura finanziaria e di rispetto delle norme di programmazione del fabbisogno del personale, i processi di stabilizzazione nel pubblico impiego non possono essere considerati validi.