Nel maggio 2022 uccise a colpi di martello la moglie Stefania Pivetta e la figlia Giulia, di 16, ferendo gravemente il figlio Nicolò, di 22: l’ex architetto Alessandro Maja, di Samarate (Varese), è stato ora condannato in via definitiva all’ergastolo.

Condannato in via definitiva Alessandro Maja: nel 2022 uccise moglie e figlia a Samarate

La decisione arriva dopo il ricorso presentato dal suo avvocato difensore in Cassazione. Alessandro Maja, di 60, è stato condannato in via definitiva al massimo della pena per aver ucciso la moglie e la figlia minore e aver ridotto in fin di vita il figlio maggiore in quella che i giornali hanno rinominato “strage di Samarate”.

I fatti risalgono alla notte tra il 4 e il 5 maggio del 2022. Stando alle ricostruzioni, l’ex architetto colpì a martellate Stefania Pivetta, di 56, Giulia e Nicolò Maya, di 16 e 22, mentre dormivano nell’abitazione di famiglia, per poi uscire sul balcone, coperto di sangue, e urlare: “Li ho uccisi tutti, basta**i”. Furono i vicini a dare l’allarme.

Nicolò, che era ancora vivo, ma in condizioni disperate, fu immediatamente soccorso. Ha riportato danni irreversibili, ma è salvo e lentamente, negli ultimi anni, insieme al resto dei familiari delle vittime, ha provato a ricostruirsi una vita. “La Cassazione ha posto un punto esclamativo su questa vicenda”, ha dichiarato il legale di parte civile, Stefano Bettinelli, a LaPresse.

E ha aggiunto: “Penso che per i familiari sia un punto di svolta: concluso questo percorso giudiziario potranno passare oltre e pensare al benessere di Nicolò, che è la persona più colpita da questa vicenda”.

Il movente della strage di Samarate

Maja, arrestato, confessò subito il delitto. Il movente? Non è mai stato ricostruito con certezza. Secondo il suo avvocato, Gino Colombo, al momento dei fatti l’uomo non era totalmente capace di intendere e di volere perché si trovava “in una condizione psichica delirante di fallimento, rovina, con sentimenti di disperazione e di ineluttabilità che lo hanno portato a credere di non avere più via d’uscita, tanto da arrivare a pensare al suicidio nei giorni precedenti, concretizzato in un suicidio allargato”.

Lo riporta Today. Condannandolo all’ergastolo i giudici hanno stabilito il contrario, arrivando cioè alla conclusione che – a differenza di quanto sostenuto dalla difesa – il giorno della strage fosse lucido e sapesse esattamente cosa fare. Nel corso del procedimento a suo carico ha chiesto perdono al figlio sopravvissuto. Ora, oltre a scontare la sua pena, dovrà risarcirlo.

Le similitudini con il caso di Alessandria

Il caso di Alessandro Maja ricorderà a molti quello di Martino Benzi, l’ingegnere di 67 anni che lo scorso 27 settembre ha ucciso la moglie, il figlio 17enne e la suocera, ospite di una Rsa, per poi togliersi a sua volta la vita.

Sembra che, oltre a soffrire di depressione, avesse accumulato una serie di ingenti debiti con il fisco e che non sapesse come ripagarli: l’ipotesi degli inquirenti è che abbia visto nella strage di famiglia l’unica via d’uscita da questa situazione.

Alle 10.30 circa del giorno degli omicidi si era presentato dalla suocera e l’aveva accoltellata con un rasoio da barbiere, uccidendosi. Quando gli inquirenti erano arrivati sul posto, all’interno di una delle sue tasche avevano trovato un biglietto. C’era scritto: “Andate a casa, troverete i cadaveri di mia moglie e di mio figlio”. Nel corso della mattinata aveva ucciso anche loro.