In un’era che diventa sempre più digitale, l’uso del cellulare da parte dei bambini preoccupa e, per molti genitori, sembra quasi inevitabile. Eppure, uno strumento così attrattivo, ambito e anche utile per i più piccoli, può essere una risorsa, se solo si adottano delle regole precise. A che età dare il cellulare ai propri figli?
In un’intervista per Tag24.it, Paola Campanaro, psicopedagogista, (mediatrice e coordinatrice genitoriale) e direttrice del centro clinico La Quercia, ha spiegato questo e molto altro, dando consigli pratici riguardo l’uso dello smartphone e di tutti i dispositivi digitali quando si tratta dei più piccoli.
La specialista ci accompagnerà in un lungo viaggio nel nostro podcast “Genitori che fatica! Manuale d’istruzioni” per affrontare questo e tanti altri temi interessanti che riguardano il complesso e profondo rapporto genitori-figli.
A che età dare il primo cellulare ai figli?
Tanti bambini sono presissimi, quasi ipnotizzati dal cellulare, anche in giovanissima età. Quando è giusto dare il cellulare al bambino? La dottoressa Campanaro ha introdotto il tema, ricordando come la pandemia abbia influenzato le dinamiche familiari e scolastiche, includendo l’uso del digitale.
“Negli anni le cose sono molto cambiate. Abbiamo il periodo pre-covid e un post-covid e questo vale per tantissimi ambiti, anche per quando consegnare il cellulare.
Se da un punto di vista evolutivo la cosa migliore sarebbe farlo intorno alla terza media, quindi ai 13 anni, da un punto di vista anche pratico, diventa molto complesso perché dalla prima media, scuola secondaria di primo grado, i ragazzini iniziano a fare i gruppi di studio con whatsapp. Il registro elettronico, i compiti, gli avvisi, tutto viene distribuito lì, quindi la cosa migliore è iniziare una sana educazione prima.
La consegna del telefono potrebbe avvenire durante l’estate, tra la quinta elementare e la prima media, oppure direttamente lì: verso gli 11-12 anni. E’ l’età in cui i ragazzini possono avere il loro primo smartphone con collegamento internet.”
Come comportarsi con i piccoli che chiedono il cellulare: “Non darlo sotto i due anni”
Riguardo alle richieste dei bambini molto piccoli, spesso attratti dai dispositivi dei genitori, la dottoressa ha consigliato moderazione:
“Il telefono è un’attrazione incredibile, piace da matti a tutti quanti. I bambini, soprattutto, amano vedere anche le loro foto, i video che i genitori fanno su di loro.
Teniamo conto che il telefono è una grandissima opportunità, una risorsa, ma nello stesso tempo può provocare anche dei disturbi e delle difficoltà.
Le linee guida della pediatria a livello internazionale, poi ricevute anche dalla pediatria italiana, dicono di non dare il cellulare sotto i due anni.
Per quanto riguarda l’esperienza che noi abbiamo come centro La Quercia, vediamo più di 3.000 bambini l’anno farne comunque uso.
Consideriamo l’età dei tre. Con l’inizio della scuola dell’infanzia possono iniziare a guardare mezz’ora, non di più, di qualche video, che sia sul cellulare, che sia la televisione, che sia un videogioco.
Tenere le televisioni spente in casa è il primo consiglio: non accenderle e lasciarle come sottofondo. Meglio la musica, meglio la radio che ha solo la parte uditiva e non visiva.”
Per quanto tempo un bambino può stare davanti al cellulare?
Dall’esperienza del centro clinico La Quercia, è emerso che un’esposizione limitata, a partire dai tre anni, può essere gestibile, con un massimo di mezz’ora al giorno. Ce ne ha parlato così la dottoressa Campanaro:
“Non dare il cellulare al bambino quando siamo al ristorante oppure quando è seduto sul passeggino. Quando è in giro il bambino deve guardarsi intorno, parlare, descrivere quello che vede perché così si favorisce lo sviluppo del cervello e lo sviluppo del linguaggio. Quindi non più di mezz’ora dai 3 ai 6 anni.
E’ possibile anche 40 minuti al giorno complessivi. Possiamo aumentare e arrivare anche a un’ora e mezza, tenendo conto del tempo dedicato a fare delle ricerche, perché a partire dagli 8 anni, 9 anni, alcuni maestri iniziano a chiedere delle piccole ricerche o PowerPoint. Quindi complessivamente stiamo intorno all’ora e mezza fino ai 9, 10, 11 anni.
Possiamo anche aumentare guardando qualche film. Superare le due ore al giorno complessive, inserendo anche i videogiochi può portare delle conseguenze anche a livello neurologico.“
Tra le tante conseguenze ci sono anche l’obesità o i disturbi alimentari dati dall’attività fisica.
Chiedete a vostro figlio se sa fare una capriola a otto anni e dovrebbe saperla fare. Lo stesso vale con l’arrampicarsi su una spalliera, con l’allacciarsi le scarpe, tagliare precisamente lungo i bordi o fare un nodo al palloncino.
Tantissimi bambini non sono in grado di farlo.
Se ci riescono, significa che gli aspetti plastici si stanno evolvendo. Altrimenti, esorto a cercare di lavorare su questi con tanto esercizio. Nulla viene dal divino che scende dal cielo, ma l’esercizio crea il talento.
Un’altra conseguenza importante dell’uso eccessivo di cellulare, tablet e altri schermi, è anche l’affaticamento visivo, quindi: miopie o problemi alla vista che stanno aumentando proprio a seguito di questa sovraesposizione ai video.”
Le conseguenze dell’uso eccessivo del cellulare nei bambini
Ma quali sono, allora le conseguenze pericolose per tutti quei bambini che usano il cellulare sopra al tempo limite? Tanti genitori lasciano lo smartphone per tranquillizzare il bambino che piange, che si lamenta, che fa queste richieste, ma non sa effettivamente quali sono i possibili danni. La dottoressa ci mette al corrente di diverse difficoltà:
“I problemi sono stati riscontrati da molte ricerche che hanno a che fare col disturbo dell’attenzione, quindi si segnala un altissimo aumento di difficoltà nello stare concentrati su un compito, stare seduti sulla sedia e rispettare i tempi, per esempio della scuola primaria.
Stiamo parlando di un’ora, 45 minuti consecutivi in cui un bambino deve fare un’attività.
Poi le maestre intervallano e il piccolo per 20 minuti consecutivi dovrebbe concentrarsi.
Questa è una grossissima difficoltà che stiamo riscontrando nelle scuole primarie. Tantissimi insegnanti sono disperati e mandano i genitori nelle neuropsichiatrie infantili o nei centri come i nostri, dove abbiamo gli strumenti diagnostici di ultima generazione per fare questo tipo di valutazioni e poi il conseguente trattamento, perché bisogna rieducare.
Tuttavia, piuttosto che curare, meglio prevenire.
Sicuramente si risparmiano tanti soldi, tempo e fatiche, sia della famiglia che del bambino. Altre difficoltà le abbiamo in età più avanzata, in adolescenza, per esempio, possiamo arrivare a un ritiro sociale, a una dipendenza dal videogioco.
Anche l’uso del cellulare e l’uso dei videogiochi può portare una dipendenza dopaminergica.
Cosa fare per togliere il cellulare ai bambini?
Per i genitori che si rendono conto di essere “arrivati troppo tardi per prevenire,” la dottoressa Campanaro ha fornito un consiglio pratico, sicuramente non semplice, ma necessario:
” Secondo un vecchio detto, se ti ‘stai scavando la fossa’, la prima cosa da fare è ‘appoggiare la pala e smettere di scavare.’
Quindi la prima cosa da fare è spegnere il computer, la televisione, togliere il telefono dalle mani dei bambini.
Piangeranno? Si. Si ribelleranno? Sì. Più lo faranno, più capirete che in realtà stanno già entrando nel processo di dipendenza.”
Come tutelare i figli quando si tratta di cellulare? Parental control
La dottoressa ci ha spiegato che non esistono soltanto i mezzi, gli strumenti, ma anche e soprattutto delle leggi apposite, delle normative.
“Nello specifico, il genitore è responsabile del cellulare e di tutta la dimensione digitale del bambino al 100% fino ai 14 anni. I ragazzini non possono avere un proprio profilo social fino ai 14 anni.”
Sappiamo che in molti iniziano già ad utilizzare e interagire con i social, compreso WhatsApp ed è proprio qui che è fondamentale la figura del genitore:
“Devono sempre essere supervisionati dai genitori. Quindi : un buon parental control è indispensabile. È uno strumento gratuito che potete scaricare. Il genitore deve installarlo all’interno del telefono del figlio e può anche mettere un controllo da remoto. Cioè, nel suo telefono può vedere quali siti visita, quanto tempo sta collegato il figlio e può anche spegnere da remoto il telefono se il bambino o il ragazzo sta utilizzando troppo il dispositivo. Questi sono strumenti coercitivi indispensabili.
Tra l’altro, esiste un progetto chiamato la patente del digitale e la patente del cellulare. Insegna come proteggere i dati, riconoscere le fake news, e i rischi del phishing.
Ma ci sono anche altri elementi da considerare genitori nell’educazione digitale dei figli:
“L’altro aspetto è un’educazione allo strumento. In sé è utile e sano, ma bisogna saperlo usare, altrimenti può ritorcersi contro. Il genitore deve aiutare il figlio non solo con regole coercitive come bloccare il telefono, ma anche responsabilizzandolo nell’uso del dispositivo.
Questa è la vera libertà e il vero rapporto tra genitore e figlio. Ci sono anche app come Forest, che permette di bloccare il telefono per un’ora e mezza durante lo studio, facendo crescere un albero virtuale. Dopo un tot di alberi, verrà effettivamente piantato un albero reale, promuovendo anche un progetto ecologista. Il costo dell’app è simbolico, ma educa all’inibizione di un impulso, prevenendo le dipendenze digitali.
Come devono porsi i genitori?
“In modo meno autoritario e più da educatori. Molti genitori mi dicono che non hanno Instagram o Facebook e non sanno come fare. Siate curiosi con i figli. Chiedete loro di mostrarvi cosa stanno frequentando e vedendo.
Molte volte i figli insegnano ai genitori cose nuove. L’educazione all’uso dello strumento non presuppone che il genitore debba sapere tutto, anche perché la tecnologia evolve velocemente. Con un’educazione digitale responsabile, i temi come sexting, pornografia online e pedopornografia possono essere affrontati meglio. “
Ma saremo pronti ad affrontarli in un’altra occasione, con il nostro manuale d’istruzione per genitori, in cui daremo vita ad altre interviste periodiche alla Dottoressa Campanaro, grazie anche alla collaborazione della dottoressa Laura Fumei, Responsabile Social, Comunicazione e Progetti per le Scuole del Centro Clinico La Quercia.