L’ipotesi che la morte di Alfredino sia stata intenzionale non è una semplice fantasia da teoria del complotto. Ci fu un processo e quel processo rivelò ambiguità irrisolvibili riguardanti l’esame del povero corpo. Il pubblico ministero, Giancarlo Armati, fu costretto a dichiarare il non luogo a procedere dopo aver tentato di riaprire il caso.

Chi ha gettato Alfredino nel pozzo?

Questo fatto è poco conosciuto dagli italiani, poiché l’impatto della trasmissione televisiva in diretta, che mostrava a milioni di spettatori un tragico incidente, ha lasciato un’immagine indelebile nell’immaginario nazionale, mentre il processo su Alfredino si tenne anni dopo. Di seguito, il dettagliatissimo articolo de La Repubblica che descrive l’incredibile vicenda processuale e illustra il tipico esito italiano della stessa.

in un articolo dell’8 febbraio 1987 intitolato “Alfredino fu gettato in quel pozzo”:

Il giudice apre una nuova inchiesta l’ accusa è di omicidio premeditato Sul corpo del piccolo, come documentano le 62 foto scattate dai medici legali, c’era una imbracatura che non era stata fatta dai soccorritori. Il magistrato vuole mettere a confronto i protagonisti di quella notte.

Sempre su Repubblica, in un successivo articolo del 6 novembre 1987, intitolato “Finisce in archivio il caso Alfredino”, si legge:

I misteri della tragedia di Alfredino Rampi, il bambino deceduto il 13 giugno ’81 nel cunicolo del pozzo di Vermicino, resteranno insoluti. Il pm Giancarlo Armati ha depositato ieri la richiesta di archiviazione della seconda inchiesta che il magistrato aveva aperto in seguito a discordanze e omissioni presenti nella prima istruttoria. La richiesta di archiviazione, condensata in 12 pagine dattiloscritte, è di natura tecnica. Il pm Armati, infatti, si è trovato nella impossibilità di accertare se la fine di Alfredino sia stata causata per disgrazia o per altre ragioni più sconvolgenti. Il magistrato, trovandosi nell’impossibilità di arrivare alla verità, per il lungo tempo trascorso dalla tragica vicenda e per la discordanza delle prove testimoniali e materiali, altro non ha potuto fare che richiedere l’archiviazione del caso. La seconda inchiesta era stata aperta subito dopo la conclusione del processo contro Elio Ubertini, accusato di omicidio colposo in quanto titolare dell’impresa che aveva provveduto a sbancare il terreno e quindi, ritenuto responsabile di aver lasciato incustodita l’apertura del pozzo. L’imputato fu assolto con formula piena ma durante il dibattimento emersero nuovi fatti in confronto alla prima istruttoria. In particolare l’ing. Pastorelli che diresse le operazioni di soccorso e di recupero sostenne, unitamente ad altri due vigili del fuoco, che la cinghia trovata attorno al corpo di Alfredino non poteva essere stata messa dal soccorritore Licheri ma da qualcuno che aveva voluto calare il bambino nel pozzo. Inoltre fu presentata nel processo una perizia che stabiliva l’impossibilità che Alfredino fosse precipitato per disgrazia nel pozzo a causa dalla limitata circonferenza del cunicolo. Queste e altre circostanze non hanno trovato dei riscontri probatori tali da chiarire con certezza il giallo, così il pm Armati ha richiesto l’archiviazione come normalmente avviene in casi così controversi.