La storia di Alfredino Rampi. Era il 10 giugno del 1981 quando si verificò la tragedia passata alla storia come “l’incidente di Vermicino” nei pressi di Frascati. Il piccolo Alfredino Rampi cadde accidentalmente in un pozzo artesiano dove perse la vita intrappolato.

Fu un evento di grandissimo clamore mediatico, tanto che la Rai attivò una maratona no stop per seguire le operazioni di soccorso poi rivelatesi vane.

L’impossibilità di salvare Alfredino portò alla luce le gravi lacune di gestione e organizzazione di emergenze di questo tipo. Da lì a poco fu istituito quindi il Dipartimento della protezione civile, la cui nascita era fino a quel momento solo ipotizzata dal governo.

La storia di Alfredino Rampi: la tragedia

Nel giugno del 1981 Ferdinando Rampi e la moglie Franca Bizzarri erano con i figli Alfredo e Riccardo, rispettivamente di 6 e 2 anni, a Selvotta, frazione del comune di Frascati, per un periodo di vacanza nella loro seconda casa.

La tragedia si consumò nella serata di mercoledì 10 giugno. Ferdinando insieme a due amici e al figlioletto Alfredino stava rientrando dopo una passeggiata nelle campagne circostanti. Il piccoletto accelerò il passo per rincasare prima degli adulti, ma quando Ferdinando arrivò a casa, intorno alle ore 20:00, non trovò il figlioletto ad aspettarlo. Dopo aver lanciato l’allarme, in poco tempo sul posto arrivarono diverse squadre delle forze dell’ordine.

A mezzanotte, l’ipotesi che il piccolo potesse essere caduto in un pozzo di recente scavo nelle campagne di Vermicino venne confermata dai flebili lamenti del bambino dal suo interno.

Iniziarono dunque le operazioni di soccorso. Si capì subito quanto potesse essere complicato recuperare Alfredino data la larghezza di soli 28 cm della bocca del pozzo e la natura estremamente irregolare della cavità.

I soccorritori stimarono la posizione del piccolo a 36 metri di profondità. Il primo tentativo di recupero fu un disastro: la tavola calata nel pozzo, a cui Alfredino si sarebbe dovuto aggrappare, rimase incastrata a circa 24 metri, ostacolando così l’afflusso di aria.

Si decise perciò di perforare un condotto parallelo in modo da arrivare al bambino. La notizia iniziò a riecheggiare sulla stampa e nelle ore successive anche la televisione dedicò ampio spazio alla vicenda. La Rai iniziò una diretta no stop per seguire le operazioni. I lavori presso il pozzo continuarono per tre giorni tenendo tutti col fiato sospeso.

Nel pomeriggio del 12 giugno giunse sul luogo anche il Presidente della Repubblica Sandro Pertini che provò a comunicare con un megafono con il bambino. Alfredino però manifestava già una preoccupante diminuzione dei battiti cardiaci e il rallentamento del respiro.

Causa della morte

Le successive analisi determinarono come Alfredino fosse arrivato alla base del pozzo e quindi bloccato ad una profondità di 60 metri. Probabilmente il piccolo era ulteriormente sprofondato come conseguenza della perforazione del cunicolo di soccorso. A quel punto l’idea di recuperare Alfredino attraverso lo scavo divenne inutile. Alcuni valorosi operatori, esperti del settore alpino e speleologico e anche semplici cittadini volontari provarono a calarsi nel pozzo senza successo.

Il 36enne volontario Angelo Licheri di origine sarda e di corporatura esile fu calato a testa in giù e raggiunse a fatica Alfredino. Il piccolo presentava il respiro ormai flebile, nonché diverse fratture e la compressione del torace a causa dell’innaturale posizione delle gambe piegate. Il fango gli aveva coperto le vie respiratorie e gli occhi. Licheri tentò in tutti i modi di imbracarlo per l’estrazione ma dopo svariati minuti si dovette arrendere, capendo che era impossibile in quel modo rimuovere ogni incastro.

Il volontario venne perciò estratto dopo 45 minuti riportando diverse ferite che necessitarono di un ricovero d’urgenza in ospedale.

Poche ore dopo si decise di calare uno specifico stetoscopio fino al punto dove stazionava il bambino. Lo strumento non segnalò alcuna respirazione né parametri vitali e il medico legale arrivò a decretare lo stato di morte presunta per asfissia.

Il recupero del corpo e la tomba

Il magistrato ordinò di immettere azoto liquido nella cavità in modo da preservare la salma per l’autopsia. Il corpo di Alfredino venne recuperato l’11 luglio seguente, 28 giorni dopo l’annuncio della morte, da tre squadre di esperti minatori di Gavorrano.

Il 15 luglio 1981 vennero svolti i funerali presso la Basilica di San Lorenzo fuori le mura per poi trasportare la salma presso il Cimitero del Verano di Roma. Nello stesso luogo riposa anche il fratello di Alfredino, Riccardo, morto all’età di 36 anni per un infarto.

Serie televisiva

La storia di Alfredino Rampi ha ispirato la miniserie televisiva italiana “Alfredino – Una storia italiana”, diretta da Marco Pontecorvo e trasmessa da Sky Cinema Uno il 21 e 28 giugno 2021.

Nelle quattro puntate si ripercorre nel dettaglio tutta la cronaca che ha portato alla morte del piccolo Alfredo, compreso il grande risalto mediatico e la copertura televisiva dell’evento.

Nella fiction Alfredino è interpretato da Kim Cherubini, mentre Anna Foglietta e Luca Angeletti vestono i panni dei genitori del bambino.