“Non è tutto oro ciò che luccica” per il Tribunale di Milano, che su richiesta della Procura, ha emesso una sentenza ai danni della Casa d’alta moda, “Manufactures Dior“, commissariata perché accusata di caporalato, sfruttamento e lavoro in nero.
Manufactures Dior, commissariata la maison italiana di Bernard Arnault
È finita nel mirino dei carabinieri l’azienda “Manifactures Dior“, filiera italiana della più grande maison Dior di proprietà dell’imprenditore Bernard Arnault, incoronato “Persona più ricca 2024” secondo la rivista Forbes.
Contestata al ramo produttivo del Bel Paese l’incapacità di prevenire e arginare i fenomeni di caporalato. Una macchia non da poco per la storica società fondata da Christian Dior, e, ora, parte del maxi Gruppo “Lvmh“. Di questo fanno parte anche i marchi Luis Vuitton, Bulgari (la cui sede romana di via Condotti è stata oggetto di furto per 500mila euro), Fendi e Moët & Chandon.
Secondo le indagini svolte dagli inquirenti:
L’azienda sarebbe ritenuta incapace di prevenire e arginare fenomeni di sfruttamento lavorativo nell’ambito del ciclo produttivo non avendo messo in atto misure idonee alla verifica delle reali condizioni lavorative ovvero delle capacità tecniche delle aziende appaltatrici tanto da agevolare, colposamente, soggetti raggiunti da corposi elementi probatori in ordine al delitto di caporalato
Per i giudici della sezione autonoma misure di prevenzione del Tribunale di Milano:
Non si tratta di fatti episodici o limitati a singole partite di prodotti, ma di un sistema di produzione generalizzato e consolidato, tenuto conto che dalle verifiche effettuate sono emerse modalità di organizzazione imprenditoriale di un modus operandi collaudato e sperimentato nel tempo. Dalla documentazione (fatture e documenti di trasporto) emerge sia l’entità, non modesta, della produzione affidata a tali società, sia il ricarico applicato alla produzione dei beni
Le indagini
Un’operazione condotta con successo per smascherare il giro di speculazione sulla vita dei lavoratori, sottopagati e costretti a ore di lavoro. Nella nota diffusa dal Comando dei carabinieri, infatti, si legge che:
Si è potuto accertare che la casa di moda affidi, attraverso una società in house creata ad hoc per la creazione, produzione e vendita delle collezioni di moda e accessori, mediante un contratto di fornitura, l’intera produzione di parte della collezione di borse e accessori 2024 a società terze, con completa esternalizzazione dei processi produttivi.
E spiega che:
L’azienda fornitrice dispone solo nominalmente di adeguata capacità produttiva e può competere sul mercato solo esternalizzando a sua volta le commesse ad opifici cinesi, i quali riescono ad abbattere i costi ricorrendo all’impiego di manodopera irregolare e clandestina in condizioni di sfruttamento
Accuse pesanti sulla maison Dior, che, dalle ricostruzioni, pare abbia ricavato notevoli profitti poiché avrebbe premuto l’opificio cinese, che materialmente produce la merce, ad abbattere i costi di lavoro e, quindi, a tagliare sui contributi, l’assicurazione e le imposte dirette dovute agli operai.
Il tutto ricorrendo a manovalanza “in nero” e clandestina e non rispettando le norme di sicurezza e salvaguardia della salute dei lavoratori nelle fabbriche. A questo, si aggiunge poi la mancata osservanza dei contratti collettivi nazionali e di quanto stabilito in essi: retribuzioni, orari di lavoro, pause e ferie.
Indagati cittadini cinesi a Milano, Monza e Brianza
Da marzo a giugno 2024, gli inquirenti hanno passato al vaglio la produzione della maison e condotto accertamenti relativi al commercio e al confezionamento dei prodotti. Nel mirino anche alcuni cittadini cinesi residenti nelle province di Milano, Monza e Brianza, accusati di essere sub affidatari non autorizzati delle forniture.
Nella circostanza, è stata individuata anche una società “cartiera” regolarmente autorizzata dal brand alla sub fornitura che non provvedeva in concreto alla realizzazione dei manufatti ma rappresentava un mero serbatoio di lavoratori, i quali una volta assunti venivano impiegati mediante distacco direttamente presso la società appaltatrice lasciando di fatto gli oneri fiscali, contributivi e retributivi a carico della distaccante, così abbattendo i costi da lavoro. Pertanto è stata individuata anche una fatturazione per operazioni inesistenti a carico della ditta subappaltatrice
Queste le parole scritte nero su bianco nella nota dell’Arma. Degli opifici controllati – tutti irregolari – circa 32 operai sono stati identificati dalle forze dell’ordine. Almeno 7 lavoratori risultano in nero e 2, addirittura, clandestini.
I militari hanno dichiarato che:
Negli stabilimenti di produzione effettiva e non autorizzata è stato riscontrato che la lavorazione avveniva in condizione di sfruttamento – pagamento sotto soglia, orario di lavoro non conforme, ambienti di lavoro insalubri -, in presenza di gravi violazioni in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro nonché ospitando la manodopera in dormitori realizzati abusivamente ed in condizioni igienico sanitarie sotto minimo etico
Oltre alle denunce per caporalato, la Casa di moda di lusso italiana dovrà pagare anche sanzioni monetarie per un totale di quasi 207mila euro. Bloccate le attività per 4 aziende.