Il licenziamento di un lavoratore disabile, motivato dalle sue condizioni fisiche, è considerato discriminatorio anche se viene superato il periodo di comporto. Esistono specifiche normative a tutela dei lavoratori con disabilità, mirate a garantire loro la conservazione del posto di lavoro e ad assicurare che il licenziamento sia sempre l’ultima risorsa.

Chi è il lavoratore disabile: definizione

La tutela si applica ai lavoratori con minorazioni fisiche, psichiche o sensoriali che comportano una riduzione della capacità lavorativa superiore al 45%, certificata dalle competenti commissioni. Anche gli invalidi del lavoro con una riduzione superiore al 33%, i non vedenti, i sordomuti, gli invalidi di guerra, civili di guerra e per servizio rientrano in questa categoria. Per i non vedenti si intendono coloro con cecità assoluta o un residuo visivo non superiore a un decimo ad entrambi gli occhi, mentre per sordomuti si intendono quelli colpiti da sordità dalla nascita o prima dell’apprendimento della lingua parlata.

Licenziamento lavoratore disabile: la normativa di riferimento

L’articolo 4 della Costituzione italiana garantisce il diritto al lavoro di ogni cittadino, proteggendolo da qualsiasi forma di discriminazione. Questo principio si applica anche ai lavoratori disabili, assicurando che possano lavorare in un ambiente che rispetti le loro capacità e limitazioni.

La Legge n. 68 del 1999 rappresenta la normativa principale in materia di lavoro per le persone con disabilità. Essa stabilisce che i datori di lavoro devono assegnare mansioni compatibili con le capacità residue dei lavoratori disabili, evitando di richiedere prestazioni non conformi alle loro abilità.

I diritti del lavoratore disabile

I lavoratori disabili hanno il diritto di essere assegnati a mansioni che rispettino le loro capacità. Se le condizioni di salute del lavoratore peggiorano, egli può richiedere una verifica della compatibilità delle mansioni. Se il lavoratore non può più svolgere le sue precedenti mansioni, il datore di lavoro deve cercare di assegnarlo a mansioni equivalenti o inferiori, mantenendo il trattamento economico più favorevole.

In caso di incompatibilità temporanea tra le condizioni di salute del lavoratore e le mansioni disponibili, il lavoratore ha diritto alla sospensione non retribuita del rapporto di lavoro. Se l’incompatibilità diventa definitiva e non è possibile un reinserimento, il contratto può essere risolto.

Gli obblighi del datore di lavoro

Secondo l’articolo 3 della Legge n. 68/99, i datori di lavoro devono assumere una quota di lavoratori appartenenti alle categorie protette. Questa quota varia in base al numero di dipendenti: il 7% se l’azienda ha più di 50 dipendenti, due lavoratori se gli occupati sono da 36 a 50, e un lavoratore se i dipendenti sono da 15 a 35.

La direttiva 2000/78/CE e l’articolo 3 comma 3 bis del D.Lgs 216 del 2003 impongono ai datori di lavoro di effettuare “accomodamenti ragionevoli” per i lavoratori disabili. Questi possono includere modifiche all’organizzazione del lavoro, come pause più frequenti o l’uso di attrezzature ergonomiche.

I datori di lavoro devono documentare il rispetto degli obblighi di legge e la computabilità dei lavoratori disabili nelle quote di riserva. Questa documentazione deve essere corredata da una certificazione medica che attesti la percentuale di invalidità, almeno del 60%.

Se non è possibile ricollocare il lavoratore disabile all’interno dell’azienda, l’ufficio del collocamento mirato può avviare il lavoratore presso un’altra impresa, dove possa svolgere attività compatibili con le sue capacità residue.

Licenziamento lavoratore disabile e riduzione del personale: limitazioni

I datori di lavoro non possono licenziare un lavoratore disabile per giustificato motivo, a meno che non sia possibile assegnargli altre mansioni equivalenti o inferiori. Solo quando tutte le opzioni di ricollocazione sono esaurite, il licenziamento può essere considerato legittimo.

In caso di riduzione del personale, il licenziamento di un lavoratore disabile è possibile solo se la percentuale di disabili occupati scende al di sotto della quota di riserva prevista dalla legge. Inoltre, il licenziamento può essere annullato se il numero dei lavoratori rimanenti non soddisfa la quota di riserva.

Misure di tutela specifiche

I datori di lavoro devono eliminare le barriere architettoniche che impediscono ai lavoratori disabili di accedere al posto di lavoro. Questo include l’installazione di ascensori, pedane e altre strutture necessarie per garantire la mobilità all’interno dell’azienda.

I datori di lavoro devono garantire che i lavoratori disabili non siano discriminati rispetto agli altri dipendenti. Questo include il rispetto della dignità del lavoratore e la promozione di un ambiente di lavoro inclusivo.

Licenziamento lavoratore disabile: quando è legittimo

Per licenziare un lavoratore disabile, il datore deve fornire una motivazione solida e congrua. Questa è necessaria per superare la presunzione di discriminazione, assicurando che la decisione non sia basata sulla disabilità del lavoratore.

Come fare ricorso contro il licenziamento discriminatorio

Un lavoratore che ritiene di essere stato licenziato per discriminazione può rivolgersi a un avvocato del lavoro e presentare ricorso in Tribunale. Il ricorso, suddiviso in due parti (fatto e diritto), deve contenere tutte le argomentazioni a sostegno della domanda, comprese le motivazioni giuridiche.

Il lavoratore può chiedere al giudice di accertare la nullità dell’atto, la cessazione del comportamento illegittimo, la rimozione dei suoi effetti, la reintegra nel posto di lavoro o il risarcimento dei danni. Il giudice può inoltre disporre un piano per rimuovere le discriminazioni accertate e ordinare la pubblicazione della sentenza su un quotidiano nazionale.

Periodo di comporto lavoratori disabili

La sentenza n. 15723/2024 della Corte di Cassazione ha chiarito come il periodo di comporto per i lavoratori disabili debba essere esteso rispetto a quello dei lavoratori comuni. Il periodo di comporto è il tempo durante il quale un lavoratore, pur assente per malattia, non può essere licenziato. Applicare lo stesso periodo di comporto di un lavoratore comune a un disabile, soggetto a maggiore morbilità, è considerato discriminatorio.

Il licenziamento di un lavoratore disabile che supera il periodo di comporto standard è nullo se non si tiene conto delle sue specifiche esigenze di cura. La Cassazione ha dunque ribadito l’obbligo dei datori di lavoro di adottare un regime differenziato per i lavoratori disabili, tenendo conto delle loro condizioni di salute e delle cure necessarie.