Lo scorso 6 giugno il regista Yorgos Lanthimos è tornato nelle migliori sale italiane col suo nuovo film grottesco “Kinds of Kindness”. Come in “Povere Creature!” nel cast troviamo Emma Stone e Willem Dafoe.

“Kinds of Kindness”, recensione

Episodio 1 – The Death of R.M.F.
Robert (Jesse Plemons) è un uomo piuttosto ordinario di circa quarant’anni. Ha capelli, sopracciglia e baffi di un biondo chiarissimo. Finanche le ciglia, che gli incorniciano gli occhi piccoli e azzurri, sono talmente chiare che quasi sembra che non le abbia affatto. Ha la carnagione nivea, tendente al giallo, e porta in volto le cicatrici tipiche di una vecchia acne adolescenziale. Ha la pelle grassa, che malauguratamente gli dona un’untuosità evidente su tutto il volto. Né magro né grasso, è alto all’incirca sul metro e ottanta. È talmente gentile e serafico che sembra quasi abbia paura del prossimo e a immaginartelo in una folla di gente percepisci subito l’istintivo timore che venga schiacciato dalla scortesia e dalla miseria umana. Tutto dei suoi modi e del suo aspetto ti fa percepire un’incapacità di imporsi nel mondo. Difatti, dietro una facciata di calma apparente, nasconde una personalità insicura e nevrotica. Robert ha un segreto: da dieci anni la sua esistenza è totalmente manovrata dagli ordini del suo capo Raymond (Willem Dafoe). Vive nella continua ansia di dover sottostare al volere di un uomo che stima, che ama, che ha il potere di renderlo succube come se fosse ancora un bambino. A guardarli sembra proprio assurdo che a comandare sia Raymond, anziano, dal fisico gracile e alto a malapena un metro e settanta. Questo fa evincere chiaramente quanto il ragazzo sia facilmente manipolabile da una figura narcisista e prepotente.
Ma un giorno Robert si ribellerà e deciderà di non adempiere all’ultimo dei compiti ordinatogli dal suo deviato e viscido superiore. Sarà proprio qui che le sue giornate perderanno di scopo e di significato, senza tutti quei biglietti pieni di schemi da seguire religiosamente nel quotidiano. Spezzare quel legame altamente tossico sarà davvero una forma di espiazione per ridonargli la facoltà di vivere la sua vita da essere umano libero? O piuttosto tranciare di netto quel cordone ombelicale, che legava a doppio nodo una personalità supplice e una sadica, strapperà via del tutto lo scopo della sua essenza?

Episodio 2 – R.M.F. is Flying
Daniel (Jesse Plemons) lavora come poliziotto nel distretto di zona al fianco del suo collega e grande amico Neil (Mamoudou Athie). Da quando sua moglie Liz (Emma Stone) è stata dichiarata dispersa dopo un naufragio è chiaramente incapace di mantenere la lucidità. È perennemente triste, ma non perde la speranza di riuscire a riabbracciarla. Non parla d’altro: ogni cena fra amici, ogni giornata di lavoro, ogni discussione ruota tutta intorno ai ricordi della sua cara compagna al punto tale che inizia a notare delle somiglianze inesistenti anche nei detenuti che porta in centrale. Arriva persino ad accarezzare i capelli ad alcuni di loro, spostandoglieli dietro le orecchie, mentre li fissa facendogli gli occhi dolci, come fossero realmente la moglie. Ma quando nessuno credeva più che fosse possibile, sorprendentemente Liz verrà tratta in salvo su un’isola deserta. Finalmente farà ritorno a casa dal suo povero marito in pena, che in un primo momento sarà maledettamente felice all’idea di poterla stringere di nuovo. Ma quasi da subito noterà dei dettagli nei comportamenti di quella donna che nell’aspetto esteriore possiede le sembianze della sua amata, ma di cui la personalità è stranamente diversa da com’era un tempo. Difatti Daniel, giorno dopo giorno, si convincerà che quella sia in realtà un’impostora benché tutti, preoccupati, penseranno che sia diventato pazzo. Ma sarà una possibilità così folle, o per davvero si nasconderà qualcosa di profondamente malvagio e inumano in quel corpo familiare, ma dall’anima sconosciuta?

Episodio 3 – R.M.F. eats a Sandwich
Emily (Emma Stone) è una giovane donna che ha abbandonato il tetto coniugale, lasciando al loro destino figlia e marito, per entrare a far parte di una setta capitanata dal leader Omi (Willem Dafoe) e dalla sua compagna Aka (Hong Chau). Emily ha una personalità spiccatamente ribelle, forte, che a tratti può sembrare insensibile e dalla gentilezza fredda. È spericolata al volante, alla tipica maniera maschile. È profondamente ambiziosa e se ne va in giro per il Paese, insieme al compagno di setta Andrew (Jesse Plemons), alla ricerca di una donna prescelta per divenire la nuova guida spirituale della sua comune. Il soggetto in questione deve essere in grado di resuscitare i morti. Ogni candidata viene portata all’obitorio e messa davanti ad un cadavere, testando estemporaneamente la possibile capacità di riportare i defunti in vita. Ma ogni tentativo è stato finora vano e la tentazione di far ritorno dalla figlia è quasi irresistibile. Nonostante ciò, caparbia, non demorde e un giorno viene avvicinata da una sconosciuta di nome Rebecca (Margaret Qualley) che le comunica che la gemella Ruth (Margaret Qualley) potrebbe essere la predestinata che sta cercando. Ma inaspettatamente la posizione di Emily nella setta viene messa in discussione e viene allontanata. Però la sua testardaggine e la sua ostinazione la indurranno a continuare nella sua ricerca e si recherà da Ruth per capire se è davvero lei l’eletta, con l’obiettivo di farsi riaccogliere da Omi e Aka.

“Kinds of Kindness”, critica

A soli quattro mesi dall’uscita del grande capolavoro “Povere Creature!” vincitore di moltissimi premi, ad esempio gli Oscar 2024 come miglior film e miglior sceneggiatura, lo scorso 6 giugno nelle principali sale italiane è stato presentato il nuovo film di Yorgos Lanthimos “Kinds of Kindness”. Sviluppato in tre atti, è una raccolta di tre episodi differenti incentrati sulla tematica della gentilezza e dei vari modi in cui si manifesta all’interno dei rapporti d’amore, di sesso e di dipendenza. Fortemente disturbante, grottesco, drammatico e dalle tinte horror questo lungometraggio risulta come un incubo, una sorta di viaggio all’interno dei lati più oscuri e deviati dell’inconscio che generalmente teniamo nascosti per paura di essere giudicati. Un cammino altamente distopico, a tratti terrificante, a volte insopportabile: ti destabilizza, come un sogno dal quale non riesci proprio a svegliarti, con la paura che ti inghiotta non potendo più uscirne. 164 minuti di pura follia depravata, scandalosa, indecente che ti fa sentire come colto da un episodio di paralisi del sonno quando sei inspiegabilmente vigile e vorresti svegliarti, ma rimani intrappolato in quella terrificante realtà onirica che, sadica e quasi demoniaca, ti spaventa utilizzando gli aspetti più traviati della tua coscienza.

Pertanto devo ammettere che sono uscita dal cinema sentendomi esausta, come ripetutamente schiaffeggiata con violenza da immagini che proprio non riuscivo più a digerire. È stato complicato arrivare fino alla fine e mi è parso un tentativo del regista di fare qualcosa di stravagante a tutti i costi, come a voler confezionare un prodotto che scioccasse al di là della ricerca del contenuto e dello spessore. Troviamo parzialmente lo stesso cast di “Povere Creature!” con Emma Stone, Willem Dafoe e Margaret Qualley, ai quali si aggiungono Jesse Plemons e Hong Chau, che a rotazione si scambiano i ruoli principali in tutte e tre le storie. Anche questo dettaglio rafforza l’idea dell’incubo, riproponendoti gli stessi volti accostati a personaggi differenti.

Non posso dire che abbia apprezzato questo film nella sua interezza, a differenza di altri lavori di Lanthimos pur sempre stravaganti ma coerenti nella logica, non capendo esattamente dov’è che volesse arrivare. Ma non posso neanche negare la particolarità e la genialità di questo regista che si riconferma, ancora una volta, un acutissimo folle. Due virgola nove stelle per la pellicola in sé, che non mi è piaciuta, cinque stelle per la capacità di rendere vivida e quasi palpabile la pazzia celata nel subconscio.