Se in un primo momento sembrava che la vicenda di FTX, lo scambio di criptovalute clamorosamente fallito nel novembre del 2022, potesse andare in porto senza ulteriori scossoni, la certezza lascia ora il posto a nuovi sviluppi.
Alcuni creditori dell’exchange di criptovalute in bancarotta FTX, infatti, hanno presentato un’obiezione al piano di riorganizzazione proposto dalla piattaforma, citando il suo mancato rispetto di determinati requisiti del Codice fallimentare.
Secondo un tweet di Sunil Kavuri, uno dei creditori attivamente impegnati nella questione, il piano di riorganizzazione presentato, infatti, non solo ignorerebbe le questioni relative ai diritti di proprietà, ma non soddisferebbe il test del miglior interesse e conterrebbe un’analisi incoerente della liquidazione dei debitori.
I creditori dicono no al piano di riorganizzazione di FTX
I creditori di FTX Ahmed Abd El-Razek, Pat Rabbitte, Noia Capital e Sunil Kavuri hanno presentato un’opposizione al tribunale fallimentare degli Stati Uniti per il distretto del Delaware il passato 6 giugno. Ovvero un mese dopo che l’exchange di criptovalute aveva presentato un piano di riorganizzazione e proposto le modalità per rimborsare i clienti.
Se il passato 7 maggio, quando FTX ha rivelato di aver ottenuto più denaro di quanto fosse necessario per effettuare i rimborsi e concludere il processo di fallimento, sembrava tutto pronto per andare velocemente verso la conclusione della vicenda, ora il quadro sta mutando in maniera imprevista.
I creditori, o almeno una parte di essi, non sembrano gradire la proposta della piattaforma di scambio fondata da Sam Bankman-Fried. Ma quali sono i motivi di questa opposizione? Andiamo a cercare di capire meglio la questione.
FTX: cosa sta accadendo in queste ore
Secondo il piano di riorganizzazione proposto, FTX pagherebbe il 98% dei creditori con crediti inferiori a 50mila dollari, con il 118% dei crediti consentiti, entro sessanta giorni dall’approvazione del piano. Mentre i creditori non governativi riceverebbero il 100% dei loro crediti e potenziali pagamenti di interessi aggiuntivi del 9%.
Il dato in questione ha in effetti rappresentato una vera e propria sorpresa, all’atto della presentazione del piano. Nonostante i clienti e le altre parti interessate abbiano perso circa 11 miliardi di dollari con il crollo dell’exchange, la vendita di asset e il consolidamento di fondi provenienti da varie entità ha permesso di metterne insieme oltre 16 miliardi. Molto più di quanto si pensava in un primo momento.
Tutto a posto? Non proprio. Se la comunità formata dai creditori ha risposto positivamente al piano proposto, Kavuri e altri creditori hanno invece espresso la loro disapprovazione per i suoi termini. Tanto da presentare formale istanza di opposizione al tribunale incaricato di vagliare la questione.
I creditori vogliono essere rimborsati in criptovalute: come mai?
Il punto centrale dell’opposizione presentata sembra da individuare nel fatto che gli obiettori vorrebbero rimborsi in criptovaluta. In tal modo, infatti, sarebbe possibile evitare una segnalazione fiscale la quale si andrebbe a tradurre nel pagamento di tasse. Tasse che sono appunto da versare ogni volta che il denaro virtuale è trasformato in valuta reale.
Kavuri e gli altri creditori propongono invece una via diversa. Vorrebbero che i curatori fallimentari di FTX stipulassero un accordo con un altro scambio. In tal modo sarebbe possibile effettuare le distribuzioni in valuta virtuale, bypassando ogni problematica fiscale.
A ciò, gli obiettori aggiungono il fatto che il piano proposto non sarebbe confermabile da un punto di vista normativo. Inoltre includerebbe liberatorie non nell’interesse dell’eredità, termini di servizio e dichiarazioni inequivocabili dei debitori.
Ora sarà il tribunale fallimentare degli Stati Uniti per il distretto del Delaware a dare il suo giudizio sul ricorso. Un parere il quale è naturalmente atteso con molta curiosità, considerato il clamore suscitato dalla vicenda.