Quando fu uccisa, alla vigilia della festa della mamma del 2021, Laura Ziliani aveva 55 anni e lavorava per il comune di Roncadelle, in provincia di Brescia, come vigilessa. Ecco la ricostruzione del suo omicidio.

La ricostruzione dell’omicidio di Laura Ziliani a Temù

Tutto iniziò il 7 maggio del 2021, quando la 55enne si recò a Temù, dove possedeva diversi immobili (di cui alcuni ereditati dopo la morte del marito Enrico, travolto da una valanga in montagna nel 2012) e, all’improvviso, sparì nel nulla. Il giorno successivo, l’8 maggio, le figlie Paola e Silvia Zani e il genero Mirto Milani ne denunciarono la scomparsa alle autorità, sostenendo che la donna, uscita per un’escursione in montagna, sarebbe dovuta rientrare per incontrarli.

Le ricerche partirono immediatamente e le due sorelle, in lacrime, iniziarono a lanciare degli appelli in tv per chiedere alla 55enne di tornare a casa. Sapevano bene che in realtà la mamma era morta: la sera prima, insieme al giovane, l’avevano uccisa dopo averla stordita con dei muffin a base di benzodiazepine. Finirono nei guai quando dal torrente Fiumeclo, tre mesi dopo i fatti, riemerso il corpo della vigilessa.

L’autopsia stabilì, infatti, che era stata soffocata. Paola, Silvia e Mirto – che da un po’ avevano intrapreso un rapporto sentimentale “a tre” – finirono in manette con l’accusa di omicidio e occultamento di cadavere. Circa un anno dopo iniziarono a parlare, scoprendo, uno ad uno, gli inquietanti dettagli del loro piano criminale.

Le confessioni e il movente del delitto

Il primo a crollare fu Milani. Le dichiarazioni delle due sorelle arrivarono subito dopo. La maggiore, Silvia, rivelò agli inquirenti che avevano premeditato il delitto per paura che la madre potesse avvelenarle.

Poi, con il tempo, emerse un movente di tipo economico. Si ipotizzò cioè che l’omicidio fosse stato pensato dai giovani per questioni di denaro: uccidendo la 55enne e vendendo i suoi immobili avrebbero potuto arricchirsi.

Secondo i giudici, che hanno condannati tutti e tre al massimo della pena, l’ergastolo – agirono, in realtà, per “gratificare l’ego del gruppo e celebrare adeguatamente la loro coesione” perversa.

Chi sono Paola e Silvia Zani e Mirto Milani

Sia Silvia che Mirto sono nati nel 1994. Paola, invece, è del 2002. All’epoca dei fatti la prima lavorava come fisioterapista in una residenza per anziani, il secondo come cantante; Paola, che aveva appena 19 anni, studiava. Trascorrevano molto tempo insieme: oltre a frequentare Silvia, Mirto se la intendeva anche con la sorella minore. Avevano dato vita a un trio unito e chiuso; poi, dopo la confessione del ragazzo, ognuno ha preso la sua strada.

La loro storia ricorda quella dell’ex body builder Benno Neumair, che a Bolzano, sempre nel 2021, uccise i genitori Peter e Laura strangolandoli con una corda d’arrampicata per poi gettarne i corpi nel fiume Adige e provare a depistare le indagini. Il giovane, affetto da un disturbo della personalità (e già sottoposto a un Tso in Germania all’epoca), confessò solo quando contro di lui erano stati già raccolti diversi indizi di colpevolezza.

I giudici di primo e di secondo grado lo hanno condannato all’ergastolo: dopo l’ultimo dei pareri, quello della Cassazione, la condanna nei suoi confronti sarà definitiva. La sorella, Madè, cerca giustizia: più volte ha messo in luce come i genitori fossero preoccupati per Benno e ne avessero paura, tanto da arrivare a chiudersi a chiave in camera mentre dormivano se lui era in casa.