Chi è Mirto Milani e perché si è tornati a parlarne? Lo scorso dicembre l’ex musicista è stato condannato all’ergastolo insieme alle sorelle Paola e Silvia Zani per aver ucciso la madre delle ragazze, Laura Ziliani, a Temù. Ieri, 7 giugno, la trasmissione televisiva “Un giorno in pretura” ha ripercorso la loro storia criminale, mostrando degli stralci del processo che li ha visti imputati davanti alla Corte d’Assise di Brescia.
Chi è Mirto Milani, condannato per l’omicidio di Laura Ziliani a Temù
Nato a Lecco il 24 giugno del 1994, Mirto Milani lavorava come cantante quando, alla vigilia della festa della mamma del 2021, insieme alla fidanzata Silvia Zani e alla sorella di lei, Paola, uccise la madre Laura Ziliani, di 55, a Temù, in provincia di Brescia.
Lo scorso dicembre i giudici di primo grado lo hanno riconosciuto colpevole: nelle motivazioni della sentenza – contro cui i giovani hanno presentato ricorso – hanno scritto che i tre agirono “in concorso”, come un’entità “unica e indivisibile” non tanto per questioni economiche, piuttosto per “gratificare l’ego del gruppo e celebrare adeguatamente la loro coesione”.
Sembra che da diverso tempo avessero un rapporto sentimentale “a tre”: Milani, oltre a frequentare Silvia, se la intendeva anche con Paola senza nasconderlo all’altra. Di comune accordo avrebbero premeditato e poi messo in atto l’omicidio per cui sono stati condannati all’ergastolo.
La confessione dell’ex musicista a un compagno di cella
I fatti risalgono al 7 maggio del 2021. Stando a quanto ricostruito nel corso delle indagini e del processo, i tre avrebbero aspettato che la vigilessa li raggiungesse a Temù, dove possedeva diversi immobili, per poi narcotizzarla e soffocarla.
Il suo corpo riemerse dalle acque del torrente Fiumeclo tre mesi dopo: a quel punto fu chiaro a tutti che le figlie e il genero – che ne avevano denunciato la scomparsa, sostenendo che non fosse mai rientrata da un’escursione in montagna – nascondessero qualcosa.
Furono arrestati e finirono in carcere con l’accusa di omicidio e di occultamento di cadavere, rifiutandosi di collaborare con gli inquirenti. Il primo a crollare fu, alla fine, proprio Milani, che a un compagno di cella (e poi ai magistrati) confessò di aver preso parte al delitto.
Raccontò che insieme alle sorelle Zani aveva preparo dei muffin a base di benzodiazepine sperando di riuscire a drogare Ziliani e che, dopo aver provato a soffocarla con un sacchetto di plastica, le avevano stretto le mani attorno al collo, uccidendola.
Una storia criminale simile
Dopo le sue dichiarazioni arrivarono anche quelle delle due ragazze, che però sostennero di aver premeditato tutto per paura che la 55enne le avvelenasse. “Non sapevamo cosa fare. Secondo la nostra idea mia madre si sentiva bloccata con tre figlie, di cui una disabile (Lucia, ndr) e l’idea che avevamo era che voleva liberarsi di noi. Già nell’estate del 2020 iniziammo a pensare al modo in cui risolvere il problema”, disse la maggiore.
Il verbale della sua confessione fu reso noto dal Giornale di Brescia a una settimana dall’inizio del processo che ha visto lei, la sorella e l’ex imputati davanti alla Corte d’Assise, che li ha infine condannati al massimo della pena. La loro storia è simile a quella di Benno Neumair, che nel mese di gennaio dello stesso anno si è macchiato dell’omicidio dei genitori Peter e Laura a Bolzano.
Anche lui, come le Zani e Milani abbandonò i loro corpi in un fiume; anche lui, come loro, tentò di depistare le indagini fingendo che i due non avessero fatto ritorno da una passeggiata.