Una guerra civile in corso, un genocidio nella provincia del Darfur e la carestia che si aggrava e che potrebbe provocare tantissimi morti nel corso di pochi mesi: il Sudan negli ultimi venti anni sembra essere diventato un inferno dal quale scappare per tantissime persone. Dopo il conflitto del 2011 e la separazione del Sud Sudan ci sono state nuove evoluzioni politiche nello Stato africano con vecchi attori politici legati a doppio filo all’ex presidente al Bashir.

Mentre il Paese è diviso, Russia e Cina sfruttano la situazione politica per accaparrarsi quante più risorse è possibile. A pagare questo scenario di distruzione sono ovviamente i sudanesi, ridotti alla fame e costretti a vivere in un Paese segnato dalla guerra. In tanti fuggono alla ricerca di un futuro migliore, lontano dalla fame e dalle razzie dei miliziani filogovernativi janjaweed – letteralmente i diavoli a cavallo.

Una situazione tragica – ignorata in Occidente – della quale abbiamo parlato con la giornalista e direttrice della rivista ‘Focus on AfricaAntonella Napoli che si è recata spesso in questi territori.

Sudan, un Paese devastato dalla guerra civile e dal genocidio in Darfur

Lo scorso 15 aprile è stato l’anniversario dell’inizio di un nuovo sanguinoso capitolo per la storia sudanese. La guerra è partita da due gruppi membri del Consiglio di sovranità di transizione che avrebbe dovuto trainare il Paese fuori dallo stato di incertezza che lo accompagna ormai da tempo immemore. Così non è stato: sono due le fazioni che si fanno guerra in Sudan, le forze armate sudanesi e le Rapid Support Forces – che godono dell’appoggio di Mosca tramite la compagnia militare privata Wagner.

Sullo sfondo della guerra c’è uno scenario raccapricciante: milioni di sfollati, le conseguenze del cambiamento climatico che si stanno facendo sentire in Africa e la strage perpetrata nel Darfur da una ventina d’anni per accaparrarsi le risorse naturali. Una storia questa che sembra totalmente ignorata dall’Occidente, come spesso accade con tutto quello che succede nel Continente Nero.

Antonella Napoli si occupa da tantissimo tempo di Africa ed è fondatrice della rivista ‘Focus on Africa’, oggi ha parlato in esclusiva a Tag24 di quello che sta succedendo spiegando anche la storia recente del Sudan e il motivo di così tante tensioni.

Antonella Napoli: “In Sudan è ancora in corso un genocidio”

D: Cosa sta succedendo in questo momento in Sudan?

R: “Bisogna sempre tenere conto della storia di questo Paese. Nel 2019 il Sudan ha visto la caduta di un regime che da oltre trent’anni aveva il potere: si tratta di un percorso iniziato nel dicembre del 2018 con le proteste contro il dittatore al Bashir, considerato un criminale internazionale. Dopo la caduta del regime si è formata una giunta militare – mossa dagli insurrezionalisti e dall’esercito – e poi è stato istituito il Consiglio sovrano, composto da civili e militari

“La transizione sancita con l’accordo costituzionale per l’istituzione di un nuovo governo nell’agosto del 2019, dopo lunghe trattative mediate dall’Unione Africana e dall’Etiopia, ha portato alla creazione di un Consiglio sovrano formato da 11 membri, sia civili che militari. Questo organismo avrebbe dovuto governare il Sudan per i tre anni successivi in attesa di tenere nuove elezioni, che ovviamente non si sono mai svolte. Il 15 aprile 2023 è venuto meno il rapporto tra le due maggiori parti di questo conflitto: le forze regolari di Burhan e le Rapid Supported Forces. I secondi hanno rotto il patto perché non volevano essere ‘assorbiti’ dall’esercito“.

Il ruolo del conflitto del 2011

D: Si tratta di un conflitto che per certi versi è figlio di quello del 2011?

R: “Si tratta di una situazione complessa. Parliamo di un Paese molto più grande di quello di oggi, prima c’era il Sud Sudan separatosi dopo una guerra ventennale chiusasi nel 2005 a seguito di un accordo di pace. Nel frattempo però si sono acuiti i dissidi tra le parti militari e quelle della società civile e sono iniziati una serie di scontri in diverse parti del Paese”.

“In Darfur si è consumato un genocidio per il quale è stata avviata un’indagine dalla Corte Penale Internazionale, le violenze sono state continue. Una cosa che risalta è che sebbene la situazione cambi ci sono sempre gli stessi attori politici: pensiamo a Mohamed Hamdan Dagalo – conosciuto come Hemeti – che guida le milizie, parliamo di una persona che ha avuto sempre un ruolo in Sudan“.

“L’esercito regolare è nelle mani di Burhan che è sempre stato una personalità importante nelle forze armate sotto al-Bashir. Chi si fa la guerra sono i soliti volti noti della politica e dell’esercito sudanese“.

Il genocidio in Darfur

D: Genocidio in Darfur: come viene perpetrato, chi sono le vittime e perché viene portato avanti?

R: “Petrolio, oro e paradossalmente acqua. Il Darfur è una regione che ha delle riserve d’acqua ed è una situazione che si trascina da anni, questo conflitto è iniziato nel 2003 quando il Sudan Liberation Movement aveva lanciato una mozione indipendentista: la ragione è che il Darfur aveva delle risorse che non voleva fossero depredate da Khartoum

“Al Bashir per contrastare le aspirazioni indipendentiste ha assoldato delle milizie filoarabe: i Janjaweed, letteralmente ‘i diavoli a cavallo‘. Le milizie sono responsabili di massacri, stupri di massa, scuole incendiate con bambini dentro…crimini orrendi sui quali la Corte Penale Internazionale è intervenuta ma negli anni queste azioni sono andate avanti.”

“Le rivolte contro Bashir sono diventate una vera e propria rivoluzione che ha portato al rovesciamento del dittatore nel 2019 ma i militari dopo non hanno voluto lasciare il potere”.

D: Chi sono gli attori principali di questo genocidio?

R: “Anzitutto le forze di supporto rapido che hanno un rapporto stretto con la milizia russa della Wagner per quanto concerne la gestione dell’oro. Questo Paese è ricco di miniere e negli ultimi mesi in queste zone ci sono stati vari scontri con attacchi di droni ucraini contro i contractor russi. C’è un’interferenza internazionale, le armi per combattere arrivano da Mosca e in parte da Pechino, l’Egitto fa da ‘mediatore‘. Una situazione geopolitica molto difficile che si ripercuote sulla popolazione.”

La carestia e la presenza russa

D: A questo si aggiunge anche la carestia che sta colpendo il Paese dopo le ingenti piogge: c’è il rischio che la fame colpisca il Paese? La Comunità Internazionale e la Fao come si muoveranno?

R: “La stagione delle piogge ha fatto ingenti danni alle coltivazioni, il conflitto non consente di lavorare la terra come si dovrebbe e lo stesso problema si vede con l’acqua che arriva tramite pozzi sui quali nessuno lavora. La mancata manutenzione non permette di soddisfare la domanda di acqua.”

“Tante organizzazioni si stanno muovendo, su tutte la Fao e l’Onu, ma gli aiuti sono sottostimati rispetto alle esigenze. Parliamo di 11 milioni di sfollati di cui 8 milioni sono interni. Si tratta di un impegno immane. In questo momento è alta l’attenzione su altre crisi, l’Africa è una realtà su cui l’attenzione è sempre stata misera.”

D: La Russia sta mettendo le mani sul Sudan come ha fatto già con altri Paesi del Sahel nell’ultimo anno?

R: “Alcuni Paesi sono già legati alla Russia. In particolare il Sahel ha visto una presenza importante della Wagner negli ultimi anni, in Burkina Faso ho assistito a una manifestazione con bandiere russe. Si tratta di una presenza vasta in Africa e quasi soppianta la partecipazione cinese in Africa.

Russi e cinesi non solo i soli: Emirati Arabi, Arabia Saudita e una presenza ridimensionata dei francesi. Parigi è ai margini per via del post colonialismo delle nuove generazioni. Pensiamo al Senegal, i francesi sono sgraditi e c’è voglia di finirla con il franco cfa“.