Rita Levi Montalcini, è una neurobiologa italiana, insignita del premio Nobel per la medicina e la fisiologia, nel 1986. E’ stata la prima donna a essere accettata all’accademia Pontificia per le scienze nel 1974, poco incline alle imposizioni sociali dell’epoca, fin da bambina ha ben chiaro che cosa vuole dalla vita. La decisione di non sposarsi, e di non avere dei figli, è dettata dalla volontà di dedicare anima e corpo alla scienza e al sociale.
Rita Levi Montalcini non si è mai sposata nonostante il periodo storico
Per le donne era molto difficile, quasi impossibile, fare lo scienziato ed essere anche una buona madre, e una brava moglie. Queste, non dovevano avere interessi professionali, dovevano essere educate a diventare mogli, e madri. “Io non condividevo le idee di quegli anni, e decisi di non diventare né moglie né madre, ma di andare per la mia strada.” Nata nel 1909, a Torino, da una famiglia di origini ebraiche sefardite.
Il padre, la madre, il fratello e la sorella
Il padre Adamo Levi era un ingegnere elettrotecnico, mentre la madre, Adele Montalcini, era una pittrice. Rita cresce con un fratello di nome Gino, una sorella di nome Anna, e una sorella gemella, Paola, tutti noti nel mondo dell’arte. Nonostante l’opinione contraria del padre, nel 1930 si iscrive all’Università degli studi di Torino per studiare Medicina e Chirurgia. Una scelta dettata dalla perdita della sua amata governante Giovanna Bruatto che morì di tumore.
Studia il sistema nervoso con medici e premi Nobel
Nello stesso anno, entra nella scuola medica dell’istologo Giuseppe Levi per studiare il sistema nervoso. Suoi compagni di corso furono i due medici, e biologi, premi Nobel Salvatore Luria e Renato Dulbecco con gli studi sulle cellule, e i tumori. Successivamente, si specializza in neurologia e psichiatria, ma le leggi razziali, del 1938, la obbligano a emigrare in Belgio dove continua i suoi studi all’Università di Bruxelles. Tornata in Italia, nel 1940, allestisce un laboratorio nella sua camera e, con l’aiuto del suo insegnante, diventato il suo unico assistente, porta avanti degli studi ispirati all’embriologia del professor
Viktor Hamburger.
La scoperta dell’Apoptosi
L’obiettivo è di comprendere il ruolo dei fattori genetici, e ambientali, nella differenziazione dei centri nervosi. Scopriranno così l’Apoptosi, o morte cellulare programmata, fenomeno che avviene durante lo
sviluppo, e formazione embrionale, ma anche nel corso della vita. In pratica delle cellule si sacrificano per favorire il ricambio cellulare che in caso di squilibri può causare tumori, o altre patologie. Dal 1941, Rita e la famiglia sono in continua fuga dai bombardamenti. Raggiunta Firenze, nel 1944, diventa medico delle forze alleate nel campo dedicato alle malattie infettive e febbre tifoide.
Gli anni ’50 e la scoperta dell’NFG
Finita la guerra, torna a Torino e, riprende gli studi accademici. Dagli anni ’50 in poi, gira le università statunitensi, per continuare le ricerche e, per collaborare con numerosi luminari delle scienze mediche. Contemporaneamente, anche in Italia, partecipa a progetti con diversi istituti e centri di ricerca. Nel 1954 scopre l’NFG (Nerve Growth Factor), una proteina essenziale nella crescita e differenziazione delle cellule nervose sensoriali e simpatiche che, dopo trent’anni di studi, le varrà il premio Nobel per la medicina la cui somma in denaro verrà in parte devoluta alla comunità ebraica di Roma.
Incarichi importanti, dal 1983 in poi
Nel 1983 ricopre la carica di presidente dell’Associazione Italiana Sclerosi Multipla. Nel 1987, il presidente statunitense, Donald Reagan, le conferisce il più alto riconoscimento del mondo scientifico americano: il National Medal of Science. Dal 1989, al 1995, collabora e lavora con diversi istituti italiani diventando anche presidente dell’Istituto di Enciclopedia Italiana. Nel 1992, pone le basi per la nascita, con la sorella gemella Paola, della Fondazione Rita Levi Montalcini con lo scopo di favorire il diritto allo studio delle giovani donne nei paesi africani.
E dal 1999 in poi…
Nel 1999 diventa ambasciatrice del FAO, l’organizzazione mondiale dell’alimentazione, e agricoltura, che lancia una campagna contro la fame nel mondo. A novant’anni rimane cieca a causa di una maculopatia degenerativa, ma non ha mai smesso di portare avanti le sue ricerche, e i suoi valori, fondando nel 2001 l’Istituto Europeo di Ricerca sul Cervello (Fondazione EBRI). Nello stesso anno viene nominata senatrice a vita. Muore nel 2012 all’età di 103 anni dedicandosi fino all’ultimo al suo credo. “Ho perso un po’ la vista, molto l’udito. Alle conferenze non vedo le proiezioni e non sento bene, ma penso più adesso di quando avevo vent’anni. Il corpo faccia quello che vuole. Io non sono il corpo: io sono la mente”.
Una donna che è colonna portante della civiltà umana
Quella di Rita Levi Montalcini è una storia vissuta con forza e senza timore, la storia di una donna che è colonna portante della civiltà umana, un modello di vita da seguire per quelle sue idee assolutamente rivoluzionarie in un’epoca in cui non vi era parità di genere. Con il suo impegno sociale, incarna perfettamente il concetto di noblesse oblige, secondo cui al prestigio e alla ricchezza si affiancano le responsabilità nei confronti dei più deboli.
La nobiltà dipende dall’animo umano
Lei più di chiunque altro ha dimostrato ampiamente quanto la nobiltà non dipenda da un titolo onorifico o dalla ricchezza, ma dal profondo dell’animo umano e dalla determinazione di portare avanti le proprie idee. “Rare sono le persone che usano la mente, poche coloro che usano il cuore e uniche coloro che usano entrambi.”