Si è tenuta a porte chiuse, presso il tribunale di Firenze, l’udienza al termine della quale i giudici hanno condannato Amanda Knox a 3 anni per calunnia nei confronti di Patrick Lumumba nell’ambito della vicenda giudiziaria per l’omicidio di Meredith Kercher. La donna, di 36, definitivamente assolta insieme all’ex fidanzato Raffaele Sollecito dall’accusa di aver ucciso la coinquilina inglese, non andrà, comunque, in carcere: ha già scontato, infatti, la sua pena.
Amanda Knox condannata a 3 anni per calunnia nei confronti di Patrick Lumumba
Accompagnata dal marito Christopher Robinson – con cui a Seattle si è rifatta una vita – questa mattina la 36enne è arrivata presto in aula, attendendo l’inizio dell’udienza sui banchi della difesa insieme agli avvocati che la rappresentano, Carlo Dalla Vedova e Luca Luparia Donati. Poi, prendendo la parola, ha rilasciato le seguenti dichiarazioni spontanee:
Il 5 novembre del 2017 è stato il giorno peggiore della mia vita. Sono stata interrogata per ore nella nottte in una lingua che conoscevo a malapena, ero a milioni di chilometri di distanza dalla mia famiglia, mi hanno detto che sarei andata in carcere per 30 anni se non avessi ricordato tutto e mi hanno dato anche scappellotti in testa per farmi ricordare quello che non ricordavo.
A riportarle è il Corriere della Sera, secondo cui Amanda Knox avrebbe poi detto di essere “stata costretta” a “sottomettersi”. Stando alla sua versione dei fatti, coloro che la interrogarono dopo aver rinvenuto il corpo senza vita di una delle sue coinquiline, la studentessa inglese Meredith Kercher, le fecero pressioni per spingerla a parlare e poter “dichiarare davanti alle telecamere che il caso era chiuso”.
Patrick (Lumumba, ndr) è l’amico che mi ha accolto nel suo locale quando sono arrivata in Italia e che mi ha consolato per la perdita della mia amica. Ho scritto quel documento in cui parla di questo processo per difendermi e per allontanare le accuse. Ero una ragazza di vent’anni, ingannata e maltrattata dalla polizia, che in un momento di crisi cercava di fare la cosa giusta,
ha proseguito, chiedendo alla Corte di “dichiararla innocente”. Alla fine è stata riconosciuta colpevole: era accusata di calunnia perché all’epoca dei fatti fece il nome del suo datore di lavoro, Patrick Lumumba, sostenendo che potesse aver ucciso la 21enne. L’uomo, di origini cingalesi, finì in carcere e, dopo 14 giorni di ingiusta detenzione, fu prosciolto da ogni accusa. Si scoprì, infatti, che aveva un alibi. Insieme alla moglie oggi vive in Polonia. Non ha potuto prendere parte all’udienza per impegni lavorativi. Lo ha fatto sapere il suo legale, Carlo Pacelli.
Il punto di vista di accusa e difesa
In primo grado Knox era stata condannata a un anno di reclusione; in secondo grado a tre anni. Dopo una pronuncia della Corte europea dei diritti dell’uomo, che ha ritenuto violato il suo diritto di difesa durante l’interrogatorio, gli avvocati che la difendono hanno impugnato la sentenza davanti alla Cassazione, che l’ha annullata, chiedendo un nuovo processo di secondo grado.
La Procura aveva chiesto che venisse confermata la condanna a tre anni, sostenendo che quando fece il nome di Lumumba, la donna fosse “consapevole della sua innocenza”; secondo la difesa, invece, andava assolta. “Leggeremo le motivazioni e poi impugneremo la sentenza in Cassazione”, hanno dichiarato i legali che difendono la donna all’Agi.
L’assoluzione per il delitto Kercher
Insieme all’ex fidanzato Raffaele Sollecito, Amanda Knox è stata arrestata, processata e poi definitivamente assolta dall’accusa di omicidio. È stato riconosciuto colpevole, invece, il cittadino ivoriano Rudy Guede, che continua a proclamarsi innocente. In questo articolo ripercorrevamo nel dettaglio l’intera vicenda: Il “delitto di Perugia”: l’omicidio della studentessa inglese Meredith Kercher.