Lo split payment Iva è stato prorogato fino al 30 giugno 2026. L’ok dalla Commissione europea alla proroga per l’Italia è stato previsto dalla Direttiva UE 2022/89.
Confermata, quindi, l’applicazione per i soggetti già obbligati negli scorsi anni. Questo, però, almeno in una prima fase, in quanto dal 1° luglio 2025, le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate a favore delle società quotate in borsa non saranno comunque più comprese nel campo dell’applicazione della misura.
Nel testo, facciamo il punto su come funziona e chi sono i soggetti obbligati e, ovviamente, uno sguardo alla proroga fino al 2026
Come funziona lo split payment Iva
Lo split payment Iva è un meccanismo che prevede che siano le PA a versare l’Iva all’Erario, senza che sia il fornitore ad anticipare l’imposta. Si tratta di un metodo che permette di evitare il possibile rischio di evasione fiscale.
Con questo meccanismo, il fornitore non incassa l’Iva indicata in fattura, ma è lo stesso committente ad avere l’onere di versarla. Le aziende fornitrici, invece, intascano solo l’imponibile.
Il meccanismo dello split payment Iva vale solo per le operazioni non assoggettate al regime di inversione contabile, ovvero al reverse charge Iva.
Passando al capitolo delle criticità, il meccanismo è stato oggetto di diverse critiche, richieste di modifiche e anche della stessa abrogazione. Causerebbe, infatti, problemi di liquidità alle imprese.
Split payment vuol dire proprio scissione dei pagamenti, in quanto questi sono così suddivisi:
- Il corrispettivo è versato al fornitore dei beni o dei servizi;
- L’Iva dovuta è versata su un conto bancario bloccato dell’amministrazione fiscale.
Qual è la criticità? I fornitori, essendo soggetti passivi, non possono compensare l’Iva versata a monte con l’Iva percepita sulle loro forniture.
Proroga dello split payment Iva fino al 2026
L’Italia aveva inoltrato la richiesta della proroga dello split payment Iva, la cui motivazione era la considerazione che, in assenza del meccanismo del pagamento frazionato, potrebbe risultare critico il recupero degli importi Iva dovuti dai soggetti passivi coinvolti in frode o evasione fiscale.
Entro il prossimo 30 settembre 2024, l’Italia dovrà trasmettere alla Commissione europea una relazione sulla situazione generale dei rimborsi Iva ai soggetti passivi interessati.
La scissione dei pagamenti consente all’Erario di acquisire direttamente l’imposta per le operazioni effettuate nei confronti dei soggetti interessati.
Tuttavia, dobbiamo precisare che la proroga è stata concessa fino al 2026, ma le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate a favore delle società quotate in borsa non saranno più comprese nel campo di applicazione della misura già a partire dal 1° luglio 2025.
Dopo il 30 giugno 2025 resteranno escluse le operazioni nei confronti delle società blue chips inserite nell’FTSE MIB.
Chi ha l’obbligo dello split payment Iva
In ultimo dobbiamo spiegare chi ha l’obbligo dello split payment Iva e, quindi, a chi si applica il meccanismo.
Lo split payment Iva si applica alle operazioni nei confronti di:
- Pubbliche Amministrazioni;
- Enti pubblici economici;
- Fondazioni;
- Società controllate, partecipate da PA o da enti e fondazioni;
- Società quotate inserite nell’indice FTSE MIB della Borsa italiana.
Dal meccanismo sono esclusi gli enti pubblici gestori di demanio collettivo per le cessioni di beni e prestazioni di servizi che riguardano la gestione dei diritti collettivi di uso civico.
In ogni caso, sul sito web del Ministero dell’Economia e delle Finanze si trovano gli elenchi delle società obbligate, aggiornati al 2024.
Si fa presente che viene applicato anche per la vendita di prodotti di elettronica di consumo, ai supermercati e anche ad alcune prestazioni in ambito edilizio.