Uno Stato che in parte si trova in Iraq e in Iran, in parte in Turchia e in parte in Siria: il Kurdistan era sulla bocca di tutti negli anni della lotta all’Isis per il grande contributo dei suoi abitanti nel contrasto all’avanzata del Califfato, come racconta a Tag24 il responsabile dell’Ufficio informazione Kurdistan in Italia Yilmaz Orkan.

Sebbene sembri scomparsa dalle prime pagine dei giornali, la questione curda esiste ancora. Da anni schiacciati dalle durissime politiche del presidente turco Erdogan, i curdi sono vittime di quello che viene considerato un genocidio.

Negli anni scorsi non sono mancate le tensioni con Ankara fino a quando lo scorso ottobre – quasi in concomitanza con gli attacchi di Hamas ad Israele – non sono state inasprite le misure contro i curdi. Da mesi la popolazione tiene testa agli attacchi dell’esercito turco nelle province più ad Est del Paese.

Il rapporto con la Siria è complesso a causa anche delle volontà della Russia e dell’Iran. Il governo dell’Iraq invece è troppo debole per prendere delle decisioni ed è ancora scosso dal conflitto scoppiato più di venti anni fa.

Yilmaz Orkan: “La Turchia non vuole che il Kurdistan si formi”

Una guerra che va avanti ormai da quasi cinquant’anni a diverse intensità. Da una parte ci sono i cittadini curdi che chiedono l’autonomia e la nascita di uno Stato ma dall’altra parte c’è la ferma opposizione turca. Ankara non vuole perdere i territori ad Est e per ora non si vedono spiragli per il dialogo con Damasco – soprattutto dopo la guerra contro il Califfato.

Yilmaz Orkan racconta a Tag24 cosa sta succedendo nell’est della Turchia e quali sono i possibili scenari futuri. Secondo il responsabile di Uiki Erdogan è responsabile di aver portato avanti un vero e proprio genocidio: a partire dalla volontà di cancellare la lingua curda e a finire con l’incarcerazione degli esponenti indipendentisti. Destano particolare preoccupazione le condizione del leader Abdullah Öcalan, del quale non si hanno notizie da trentotto mesi: motivo per cui la comunità curda italiana è scesa in piazza a Roma qualche giorno fa.

L’intensificarsi degli attacchi ad ottobre 2023

D: Da ottobre Erdogan ha aumentato gli attacchi nei confronti del Pkk: che racconti vi arrivano dal Kurdistan?

R: “Hanno iniziato il 4 o il 5 ottobre con attacchi nel Nord della Siria. Hanno tagliato gas, petrolio ed acqua per far scappare via le persone da quei territori: quelle zone sono diventate invivibili. Si sta lavorando per cercare di evitare ulteriori attacchi, già durante la lotta contro l’Isis un milione di curdi fuggirono dal Rojava

“Nella Comunità europea vivono sei milioni e mezzo di siriani: alcuni sono curdi, altri invece sono cristiani. Non è solo colpa dell’Isis se così tanta gente fugge, la Turchia ha attaccato la zona di Afrin nel 2018 e lì vivevano 700mila curdi. Tanti sono scappati ma altrettanti vivono nei campi profughi, sono state occupate anche altre città nei pressi dell’Eufrate

“Nel 2019 c’è stata una nuova invasione turca assieme ai mercenari jihadisti. In questi giorni invece hanno attaccato nuovamente con i droni. Da tre anni l’obiettivo è diventato il Kurdistan meridionale e lì sono nate molte basi militari. Adesso i turchi vogliono creare una strada che parte da Silopi, impiegata per il commercio, che dividerà il territorio isolando il Nord della Siria dalla parte irachena. In passato è stato anche eretto un muro di tre metri d’altezza: un embargo totale”.

La paura per la nascita del Kurdistan e il genocidio in corso

D: Perché c’è questa preoccupazione intorno al Kurdistan?

R: “Da anni ci attaccano come fossimo un pericoloso nemico giurato perché secondo Erdogan se otteniamo un nostro statuto democratico lo Stato turco sarà distrutto”

D: Quindi possiamo parlare di un genocidio? Come va avanti?

R: “Sì e non è il solo. Già in passato ci sono stati altri popoli che sono stati perseguitati in Turchia, sono rimasti i curdi però. Si tratta di un genocidio incompleto che adesso portano avanti: è giusto definirlo ‘culturale‘ perché venticinque milioni di curdi vivono in Turchia ma la nostra lingua è proibita“.

“In qualche università è permesso studiare il curdo però dopo la fine degli studi non si potrà trovare lavoro. In Turchia ci sono tantissimi musicisti che cantano solo in curdo e sono stati mandati in carcere per 15 o addirittura 20 anni. Il genocidio non è solo culturale: nel 2016 l’Isis ha attaccato Kobane e in Turchia ci sono state proteste. I leader dell’Hdp – partito curdo – sono stati mandati in carcere e in tanti lo hanno definito genocidio politico. Si tratta di un’eliminazione culturale, politica e fisica

I rapporti con Siria ed Iraq

D: In che rapporti siete con Siria ed Iraq?

R: “Con la Siria non ci sono rapporti, purtroppo il regime di Damasco è sotto il controllo di Russia ed Iran. Per ora non sembrano esserci soluzioni in vista dopo la guerra contro il Califfato. Noi vogliamo il dialogo ed una Siria democratica, vogliamo discutere con il governo centrale“.

Il governo iracheno è più disponibile ma è molto fragile. Sia Turchia che Iran sono molto presenti ma servirebbe una maggiore indipendenza, a livello costituzionale l’Iraq è molto più democratico a livello costituzionale: basti pensare che se una provincia ambisce all’autonomia può fare un proprio referendum. Purtroppo nella pratica non è così…”

D: Come vi siete mobilitati per chiedere la liberazione di Ocalan?

R: “Non è solo un nostro problema ma anche dell’Europa e dell’Occidente. Lui ed altre tre persone sono in un carcere di massima sicurezza su un’isola e da trentotto mesi non abbiamo sue notizie. Non si può chiamare, non si può mandare una lettera: ci chiediamo se siano vivi o morti. Negli ultimi mesi abbiamo chiesto al Cpt di andare con una delegazione e dire cosa sta succedendo.”

“Tra i carcerati c’è una persona che è detenuta da trent’anni. Stando a quanto stabilito dalla legge turca questo sarebbe il massimo, invece è ancora in prigione. Perché non viene liberato? Il Cpt invii una delegazione.”

Il futuro del Kurdistan

D: Da una parte Erdogan invoca la pace per la Palestina ma poi con i curdi l’atteggiamento è questo…

R: “Si schiera dalla parte dei palestinesi, esattamente come noi che vogliamo l’autodeterminazione e la fine della guerra nella Striscia di Gaza. Erdogan però mentre chiede la pace per la Palestina, attacca i curdi. Pace, libertà e indipendenza per i palestinesi ma quando si tratta dei curdi? La Turchia si comporta come Israele, del resto sono due Stati nazionalisti incapaci di dialogare e mettere le basi per la pace

D: Oggi la questione curda sembra essere lontana dalle pagine dei giornali. Come mai?

R: “Il nostro Paese è diviso in quattro parti: una è in Turchia – Stato membro della Nato -, un’altra parte è in Iran che fa parte dei Brics ed è legato alla Russia e alla Cina. Per quanto riguarda Iraq e Siria ci sono legami con i Paesi arabi vicini. Difficile dare un appoggio in una situazione del genere, a questo si aggiunge che l’indipendenza del Kurdistan – secondo gli Stati vicini al potenziale Stato – possa destabilizzare l’area mediorientale“.