La 33enne Giada Zanola è stata trovata morta sulla carreggiata dell’autostrada A4 nei pressi di Vigonza, nel Padovano, alle prime luci dell’alba del 29 maggio scorso: fin da subito è stato chiaro che era precipitata dal cavalcavia soprastante. Le indagini hanno escluso un gesto volontario: l’ex compagno Andrea Favero, di sei anni più grande, è stato arrestato e trasferito in carcere con l’accusa di omicidio perché sospettato di averla spinta di sotto al culmine di un litigio, l’ennesimo.
Cos’è successo a Giada Zanola? La ricostruzione del femminicidio
L’esatta dinamica dei fatti è ancora da chiarire. Sembra però che, dopo il fermo, Favero abbia rilasciato agli inquirenti delle dichiarazioni spontanee, sostenendo di averla afferrata per le ginocchia, per poi sollevarla di peso e spingerla oltre la ringhiera di circa due metri del cavalcavia dell’autostrada.
Dichiarazioni non utilizzabili perché pronunciate in assenza di un avvocato difensore, ma comunque importanti per iniziare a delineare il quadro in cui il femminicidio si è consumato. In sede di esame autoptico non sono stati riscontrati, sul corpo della donna, segni di strangolamento o ferite da arma da taglio.
L’interrogativo – a cui solo i risultati degli esami tossicologici potranno rispondere – è se fosse stata drogata: in caso contrario Favero avrebbe avuto non poche difficoltà a gettarla al di là del parapetto. Davanti al gip che ne ha disposto il fermo, negli scorsi giorni ha fatto scena muta.
Ancora prima aveva dichiarato di avere un vuoto di memoria su quanto accaduto quella sera. L’ipotesi è che abbia compiuto il gesto estremo perché incapace di accettare la fine della relazione con la 33enne, che da poco aveva iniziato ad uscire con un altro uomo. Aveva paura, secondo alcuni, che non avrebbe visto più il figlio di tre anni.
Andrea Favero è in carcere con l’accusa di omicidio
La mattina de 29 maggio, attorno alle 7.30, avrebbe inviato alla donna il seguente messaggio: “Sei andata al lavoro? Non ci hai nemmeno salutato”. Un tentativo di depistaggio, per far credere agli inquirenti che si fosse allontanata da sola, mentre lui e il figlio dormivano, per poi togliersi la vita.
Attualmente è recluso nel carcere Due Palazzi di Padova. Ad incastrarlo, i filmati di alcune telecamere di videosorveglianza e le testimonianze di diverse amiche della vittima, che avrebbero riferito delle paure che Zanola provava nei suoi confronti: che arrivasse a drogarla oppure a ricattarla con dei video che avevano girato in momenti di intimità quando andavano ancora d’accordo.
Ulteriori indicazioni potrebbero arrivare dall’analisi del telefono cellulare del 39enne; quello di Zanola, invece, non è stato ancora ritrovato.
La fiaccolata in memoria della vittima a Vigonza
Ieri sera a Vigonza si è intanto tenuta una fiaccolata in memoria della vittima, la quarta nel giro di pochi mesi nella sola Regione Veneto. A migliaia vi hanno preso parte, passeggiando silenziosamente per le vie del centro.
Tra loro era presente anche Gino Cecchettin, il papà della 22enne uccisa a Vigonovo dall’ex fidanzato Filippo Turetta, che il prossimo autunno finirà a processo con l’accusa di omicidio volontario pluriaggravato.
Si chiamava Giulia; oltre a lei e a Giada hanno perso la vita, a poca distanza, anche Vanessa Ballan, incinta al momento dei fatti, e Sara Buratin.
C’è una foresta che cresce silenziosa, come questa fiaccolata, di uomini e di donne che non accettano più atti di violenza, che non accettano che una donna non sia libera di fare le sue scelte sentimentali, che non accettano più le giustificazione del ‘sì ma lei avrà fatto qualcosa’,
le parole pronunciate dal sindaco Gian Maria Boscaro, che ha poi aggiunto:
La nostra sfida, come amministratori e come comunità, inizia domani: da quando dovremmo impegnarci ancora di più per educare i nostri ragazzi per insegnargli che non esiste una giustificazione alla violenza e che i rapporti personali e sentimentali pur con le difficoltà che gli contraddistinguono devono essere vissuti in modo sano e con il rispetto dell’altro.
Lo riporta Padova Oggi.