Prima il carbone nell’Ottocento, poi il petrolio nel Novecento ed oggi le terre rare: ogni epoca ha il suo elemento capace di garantire l’evoluzione della società in chiave tecnologica, la maggior parte dei siti di estrazione delle terre rare e dei processi di lavorazione sono in mano alla Cina – spiega a Tag24 l’analista politico Emanuele Pietrobon.

Ma cosa sono le terre rare e perché in alcune zone del mondo sono state capaci di portare instabilità e conflitti interni? Anzitutto non si tratta di materiali ‘rari‘ come suggerisce il nome ma di 17 elementi chimici speciali il cui processo di estrazione e lavorazione è particolarmente complesso.

Cerio, disprosi, erbio, europio, gadolinio, olmio, lantanio, lutezio, neodimio, praseodimio, promezio, samario, scandio, terbio, tulio, itterbio e ittrio fanno parte della quotidianità. Basti pensare che questi elementi sono fondamentali per la fabbricazione di batterie ricaricabili, cellulari ed altri prodotti dell’industria tecnologica e, in certi casi, per quella bellica.

Pietrobon: “La Cina detiene i siti di estrazione più importanti ma si trovano ovunque. Il problema? La lavorazione”

L’estrazione e la lavorazione delle terre rare è un problema per l’Occidente. Questi elementi si trovano ovunque ma il costo ecologico per ‘lavorarli’ è molto elevato, non è un caso che i principali siti di estrazione e lavorazione si trovino in Paesi con una scarsa attenzione all’impatto dei processi sulla Terra e con una grande instabilità sociale e politica.

Un esempio su tutti è il Congo dove da anni è in corso un conflitto per il controllo di alcuni siti di estrazione delle terre rare: qualche giorno fa abbiamo parlato a riguardo con l’attivista congolese John Mpaliza che da anni si batte per raccontare cosa accade nel suo Paese. Quello che succede in Congo è già avvenuto anche in altri Paesi, basti pensare alla Bolivia e alle proteste del 2019 quando si rifletteva sulla nazionalizzazione delle miniere di litio da parte dell’allora presidente Evo Morales.

Emanuele Pietrobon è autore di diversi libri ed analista geopolitico ed ha parlato a Tag24 dei possibili risvolti geopolitici ai quali potrebbero portare le terre rare. I Paesi detentori dei grandi giacimenti rischiano di vivere fasi di instabilità o di diventare zone di conquista delle superpotenze come Cina, Russia, Stati Uniti ed alcuni Stati membri dell’Unione Europea.

D: Chi sono i grandi possessori di terre rare nel mondo in questo momento?

R: “Anche se si chiamano così, le terre rare non sono così rare: si trovano ovunque, dalla Russia alla Svezia passando per il Brasile fino all’Africa Nera. Sono considerate ‘rare’ perché difficili da estrarre e da processare. La Cina è riuscita negli anni, attraverso una strategia lungimirante di investimenti statali, a monopolizzare il processo estrattivo e la lavorazione di questo piccolo gruppo di metalli

“Oggi si stima che la Cina domini il 70% delle estrazioni e il 90% del loro processamento divenendo leader in questo ambito ed è riuscita a penetrare all’interno dei progetti minerari ed infrastrutturali anche di altri Stati divenendo un proprietario o un compartecipante significativo. In Cina le terre rare vengono estratte e lavorate”.

Gli effetti: accaparramento delle terre e tentativi di nazionalizzazione

D: In alcune zone c’è stato un processo di accaparramento delle terre per ottenere questi materiali?

R: “Oltre alla difficoltà nell’estrarre le terre rare dobbiamo prendere in considerazione il fatto che i processi hanno un impatto ambientale elevato. Si tratta di un fattore che ha scoraggiato sia investimenti che estrazione in Paesi occidentali che avevano regolamenti severi sull’ambiente. In Stati carenti del rispetto dell’ambiente la Cina è riuscita a dominare questo settore grazie a pratiche non contemplate in Occidente.”

D: Abbiamo assistito per altri tipi di risorse a tentativi di nazionalizzazione delle risorse. Questo avviene anche per le terre rare?

R: “Negli anni recenti abbiamo assistito a tentativi di nazionalizzazione di terre rare e minerali critici come ad esempio il litio ed il cobalto. Pensiamo al Cile, alla Bolivia e al Messico: i tentativi non sono mancati ma nemmeno le tendenze in senso opposto”

D: Ad esempio?

R: “Guardiamo al caso della Bolivia. L’ultima volta che tentarono di nazionalizzare le riserve di litio ci fu un colpo di Stato sul quale fece addirittura un meme Elon Musk sottintendendo un ruolo statunitense nel golpe. Questi depositi si trovano in Paesi socialmente e politicamente instabili e sanno che dipendono da ottime relazioni con investitori stranieri. Le nazionalizzazioni provocherebbero reazioni scomposte o violente, in Congo c’è guerra civile ad esempio”

I costi a livello umano

D: Ci sono costi ridotti a livello economico ma a livello climatico ed umano che costi ha tutto questo?

R: “Elevatissimi. A livello umano è ricorrente l’utilizzo di minori nelle miniere dell’Africa Nera, parliamo di tante persone che muoiono nei campi estrattivi. I materiali estratti servono a costruire strumenti che possano inquinare di meno, il problema è che il processo estrattivo è molto inquinante e questo è un motivo per cui l’Occidente ha iniziato a porre attenzione alle terre rare“.

“L’opinione pubblica ha una sensibilità riguardo all’impatto ecologico: un limite che la Cina non ha perché investe ed estrae in Paesi dove non ci sono standard di nessun tipo

Le alternative alle terre rare

D: Esistono alternative alle terre rare?

R: “Le applicazioni delle terre rare sono tantissime, sono indispensabili nella medicina e nella tecnologia green così come negli arsenali bellici. Le alternative ad alcune sono i minerali critici: in Cina ed Usa si pensa di costruire in laboratorio delle alternative sintetiche e c’è un grande interesse per le risorse dello spazio“.

“Durante la guerra fredda il motivo della corsa allo spazio era la conoscenza, oggi sono le risorse. Molte risorse lunari potrebbero essere una valida alternativa e ci sono giacimenti immensi che non sono mai stati censiti. Abbiamo poche informazioni ma molti materiali utili per il progresso tecnologico potrebbero trovarsi al di fuori della Terra“.

D: Le terre rare portano a conflitti già oggi ma arriveranno anche a creare nuovi contrasti tra Stati o neocolonialismo?

R: “Sta già avvenendo. Abbiamo una guerra nella Repubblica del Congo, come già detto. Grandi potenze si combattono fra di loro per smezzarsi questo piccolo miracolo geologico. Una competizione non troppo dissimile da quella in Sudamerica nel ‘Triangolo del Litio‘ o nel Sudest asiatico. Le risorse naturali da sempre sono al centro dello scontro tra grandi potenze”.

“All’inizio degli anni 2000 ci sono stati meno conflitti in virtù della guerra al terrorismo ma oggi c’è una riproposizione della Guerra Fredda che porta ad una nuova competizione geoeconomica tra le grandi potenze. La Cina gioca un ruolo essenziale, gli Usa hanno scoperto di essere indietro nella catena del valore delle terre rare”.

“Anche la Russia con la guerra in Ucraina ha provato ad accaparrarsi minerali e gas. Le terre rare saranno un fattore di instabilità più che di stabilità, non necessariamente di guerre. Già ora gruppi terroristici prendono il controllo di giacimenti o delle risorse per rivenderle sul mercato nero”.