I minatori di Bitcoin ora stanno virando sull’intelligenza artificiale
I minatori di Bitcoin stanno virando verso l’intelligenza artificiale. Una tendenza favorita dal crescere delle complicazioni derivanti dall’estrazione dei blocchi sulla blockchain più longeva e dai maggiori guadagni che l’AI sembra prospettare.
L’intelligenza artificiale, infatti, necessita di grande potenza computazionale per riuscire a gestire l’addestramento dei modelli di intelligenza artificiale e gli enormi carichi di lavoro che ne conseguono. Una necessità la quale si sta incontrando sempre più spesso con le nuove strategie delle mining farm.
L’accordo tra Core Scientific e il fornitore di servizi cloud CoreWeave
Nella giornata di ieri, Core Scientific ha annunciato un accordo di 12 anni con il fornitore di servizi cloud CoreWeave, teso alla fornitura di infrastrutture per casi d’uso come l’apprendimento automatico. L’accordo, il quale va ad ampliare la partnership esistente tra le due società, comporterà ricavi per oltre 3,5 miliardi di dollari nel periodo ricoperto dal contratto.
CoreWeave, supportata da Nvidia, noleggia unità di elaborazione grafica (GPU), necessarie per l’addestramento e l’esecuzione di modelli di intelligenza artificiale. L’azienda è stata valutata 19 miliardi di dollari in un round di finanziamento il mese scorso. Core Scientific fornirà circa 200 megawatt di infrastrutture per le sue operazioni.
Core Scientific, è appena riemersa dalla bancarotta, ed estrae un mix di risorse digitali dal 2017. La società ha iniziato a diversificarsi in altri servizi già a partire dal 2019. A spiegare la strategia, a CNBC, è stato il suo CEO, Adam Sullivan: “Il modo migliore di pensare alle strutture di mining di bitcoin è che siamo essenzialmente gusci di energia per il settore dei data center”.
Un modello di business il quale è stato rafforzato da Sullivan, ex banchiere d’investimento, con il rientro pubblico dell’azienda. Un modello che prevede meno Bitcoin e più intelligenza artificiale, per poter remunerare meglio gli investimenti. Al momento, Core Scientific vale circa 865 milioni di dollari in capitalizzazione di mercato, contro i 4,3 miliardi conseguiti nel luglio del 2021.
La crescita di esigenze dell’AI
La domanda di elaborazione e infrastrutture di intelligenza artificiale è aumentata in maniera esponenziale dopo la presentazione di ChatGPT da parte di OpenAI. Da novembre 2022, gli investimenti in modelli e startup di intelligenza artificiale sono andati crescendo sempre di più incontrandosi con le nuove esigenze dei minatori di Bitcoin.
Nello stesso lasso temporale, infatti, Core Scientific e altre aziende minerarie come Bit Digital, Hive, Hut 8 e TeraWulf hanno cercato di rafforzare i flussi delle loro entrate. Una strategia tesa ad affrontare l’ormai imminente halving di Bitcoin che è poi arrivato a destinazione nel passato mese di aprile.
Il dimezzamento delle ricompense spettanti ai minatori di bitcoin ha posto molti di essi di fronte ad una strada difficilmente percorribile. Molti di loro hanno quindi deciso di adattare le loro enormi strutture per soddisfare le esigenze del mercato. Esigenze molto spesso legate proprio ai sempre crescenti bisogni dell’intelligenza artificiale.
Il rapporto di CoinShares non lascia molti dubbi su quanto sta avvenendo
È stato James Butterfill, responsabile della ricerca presso la società di asset digitali CoinShares, a spiegare come i data center dedicati all’estrazione di Bitcoin, sicuri e ad alta intensità energetica, si rivelano alla stregua di strutture ideali anche per le operazioni di intelligenza artificiale.
Sebbene le operazioni di AI richiedano una spesa in conto capitale fino a 20 volte superiore a quella necessaria per il mining di BTC, i ritorni dell’investimento sono molto più redditizi. A spiegarlo è stato proprio un rapporto pubblicato da CoinShares sul tema.
Secondo tale rapporto, Bit Digital ricava il 27% delle sue entrate dall’intelligenza artificiale. Mentre sono al momento in ritardo su questa strada Hut 8, che genera il 6% dei suoi introiti dall’intelligenza artificiale e Hive, che ha data center in Canada e Svezia e ottiene il 4% delle sue entrate da questi servizi.
La strada per molte aziende minerarie sembra quindi ormai segnata. A spiegarlo è stato ancora Adam Sullivan: “Anche se intendiamo rimanere uno dei minatori di Bitcoin più grandi e produttivi, ci aspettiamo di avere un modello di business diversificato e flussi di cassa più prevedibili.” In questa ottica, basta ricordare come l’accordo ampliato di Core Scientific con CoreWeave dovrebbe produrre un fatturato annuo di 290 milioni di dollari.