Che cosa è il GIO, il nuovo corpo speciale che il Governo Meloni pensa di instituire entro la fine dell’anno all’interno della Polizia penitenziaria al fine di reprimere le rivolte in carcere? E’ il Gruppo d’Intervento Operativo composto da professionisti addestrati a raggiungere entro un’ora dall’allarme tutti i carceri italiani dove ci sarebbe in atto una rivolta. Il corpo speciale, a pieno regime, sarà composto da 270 unità. Ma ne potranno far parte solo chi già adesso è un poliziotto penitenziario: a luglio, infatti, scatterà un concorso di secondo livello, riservato solo a chi già opera nelle carceri. Questo punto della riforma, oggi, 4 giugno 2024, è stato criticato da Ivan Scalfarotto, capogruppo di Italia Viva, Il Centro, Renew Europe in commissione Giustizia al Senato.

GIO, il nuovo corpo speciale per reprimere le rivolte in carcere. Scalfarotto (Italia Viiva): “Ma mancano 18 mila agenti”

L’istituzione del GIO, il Gruppo d’Intervento Operativo, ora che si preannuncia una grande battaglia parlamentare per la riforma complessiva della giustizia, è stato giudicato positivamente dal sindacato Ugl. Ma, secondo Ivan Scalfarotto, il capogruppo di Italia Viva, Il Centro, renew Europe in commissione Giustizia al Senato e da sempre attivista per i diritti dei detenuti, è un provvedimento che sostanzialmente non potrà garantire maggior sicurezza nelle carceri italiane:

“Nei nostri penitenziari, mancano 18 mila agenti. Ma il governo cosa fa? Presenta un nuovo corpo speciale, il GIO, costituito a parità di organico, senza nuove assunzioni, con il solo scopo di reprimere le rivolte in carcere”

Scalfarotto, poi, annuncia che si batterà anche in Aula per un vero rafforzamento del corpo di polizia penitenziaria:

“Ho già presentato settimane fa un’interrogazione al ministro Nordio per sapere se il Governo intenda o meno investire risorse vere per potenziare gli organici e riorganizzare la polizia penitenziaria. Questo, a tutela dello stesso corpo di polizia e dei detenuti, a salvaguardia della loro dignità. Basterebbe portare a regime l’organico di polizia penitenziaria che è fortemente sottodimensionato per migliorare la situazione”

I veri problemi, rimarca, infine, Scalfarotto sono costituiti dalla fatiscenza e dall’affollamento di molte carceri italiane:

“Le strutture carcerarie sono sempre più fatiscenti e affollate: mancano i requisiti minimi di sicurezza e vivibilità anche per il personale. E quindi: non basta reprimere. Ricordiamo sempre che la Costituzione impone il recupero di chi sbaglia attraverso un percorso che pone la dignità dell’essere umano al primo posto”

L’ultima rivolta in carcere

In Italia, le rivolte in carcere divennero una emergenza in piena pandemia, durante il primo lockdown del 2020. Fatto sta che non sono eventi rari. L’ultimo, ad esempio, si è registrato nel carcere minorile di Milano lo scorso mese.