Cosa è successo a Serena Mollicone? A distanza di 23 anni dai fatti non è stato ancora ricostruito con certezza: è in corso, infatti, a Roma, un nuovo processo che vede imputate le persone sospettate di averla uccisa. Per capire come si è arrivati a loro dobbiamo fare un passo indietro e ricostuire tutta la storia.

Cosa è successo a Serena Mollicone? La ricostruzione

Serena Mollicone ha 18 anni e frequenta l’ultimo anno del liceo psico-socio-pedagogico “Vincenzo Gioberti” di Sora quando, il primo giugno del 2001, scompare improvvisamente nel nulla dopo essersi presentata all’ospedale di Isola del Liri, nel Frusinate, per un’ortopanoramica, e aver acquistato presso la vicina stazione dei bus quattro pezzi di pizza e quattro cornetti, facendo intendere di dover incontrare qualcuno.

Due giorno dopo, il 3 giugno, alcuni volontari della Protezione civile trovano il suo corpo – con la testa avvolta in un sacchetto di plastica – tra le sterpaglie del boschetto di Fonte Cupa ad Anitrella, una frazione di Monte San Giovanni Campano che dista circa otto chilometri da Arce, paese d’origine della giovane. È subito chiaro a tutti che è stata uccisa.

Le indagini partono serrate e, dopo qualche mese, si concentrano su Carmine Belli. Il motivo? Nella sua carrozzeria gli inquirenti trovano un pezzo di scotch simile a quello usato per avvolgere il naso e la bocca della ragazza, un sacchetto dell’Eurospin simile a quello usato per soffocarla e il biglietto da visita dello stesso dentista dal quale avrebbe dovuto recarsi insieme al fidanzato il giorno della scomparsa. L’uomo viene tratto in arresto e incarcerato. Finito a processo, nel 2004 viene definitivamente assolto da tutte le accuse.

Il suicidio di Santino Tuzi

I sospetti ricadono poi su altre persone. Nel 2008 il brigadiere Santino Tuzi racconta agli inquirenti di aver visto Serena entrare nella caserma di Arce attorno alle 11 del primo giugno e di non averla più vista uscire. Poco dopo, misteriosamente, si suicida.

Nel 2011 vengono iscritti nel registro degli indagati con l’accusa di omicidio volontario l’ex maresciallo dei carabinieri Franco Mottola, la moglie Anna Maria e il figlio Marco, amico di lunga data di Serena. Gli accertamenti eseguiti sul corpo della vittima sembrano scagionarli.

Il nuovo processo sul delitto di Arce

Poi, a seguito di lunghe indagini, nel 2019 i tre – insieme ai due carabinieri Vincenzo Quatrale e Francesco Suprano – vengono rinviati a giudizio, gli ultimi due con l’ipotesi di reato di concorso in omicidio (e istigazione al suicidio nel caso di Quatrale, per la morte di Tuzi).

La ricostruzione dell’accusa è la seguente: Serena sarebbe morta per asfissia dopo aver sbattuto violentemente la testa contro una porta dell’alloggio in uso alla famiglia Mottola nel corso di una discussione con l’amico Marco, che poi sarebbe stato aiutato dai genitori (con il benestare dei colleghi del padre) a disfarsi del cadavere.

Quatrale, in particolare, avrebbe fatto pressioni su Tuzi per spingerlo a non rivelare ciò che aveva visto quel giorno, inducendolo al suicidio poco prima che fosse chiamato a testimoniare. Il movente? Evitare che la giovane denunciasse, come sembra volesse fare, il giro di droga di cui proprio Marco Mottola avrebbe fatto parte. In primo grado sono stati tutti assolti; si attende ora la decisione dei giudici d’Appello.

Nel corso delle ultime udienze del processo sono stati ascoltati, tra gli altri, Carmine Belli – che ha raccontato che il giorno della scomparsa di Serena vide la giovane litigare con un “ragazzo biondo” vicino alla fermata del bus – e un amico dell’ex brigadiere morto, che ha confermato che Tuzi vide la 18enne entrare in caserma e non la vide uscire.