Nel giorno dell’arresto in Pakistan della madre di Saman Abbas, latitante dal 2021, è stato diffuso dalla trasmissione televisiva “Quarto Grado” un video della deposizione rilasciata in carcere dal padre della 18enne uccisa a Novellara qualche mese fa. Ecco cosa ne è emerso.
La nuova versione di Shabbar Abbas sull’omicidio della figlia Saman a Novellara
Shabbar Abbas, già condannato all’ergastolo insieme alla moglie Nazia Shaheen – che ieri, 31 maggio, è stata arrestata in un villaggio ai confini con il Kashmir dalla polizia pakistana dopo oltre tre anni di latitanza – si è sempre proclamato innocente, difendendo anche la moglie.
Lo scorso 19 aprile, nel carcere di Modena – dove si trova da quando è stato estradato in Italia -, accompagnato dai suoi avvocati e da un’interprete, davanti al pm Calogero Gaetano Paci ha però fornito una versione inedita di quanto accaduto la notte tra il 30 aprile e il primo maggio del 2021 alla figlia Saman.
Nel corso della deposizione, mostrata in esclusiva dalla trasmissione televisiva “Quarto Grado” ieri, 31 maggio, su Rete Quattro, ha ammesso, in pratica, di aver ordinato una spedizione punitiva nei confronti del fidanzato della 18enne, Saqib Ayub, al fratello Danish Hasnain – condannato a 14 anni di reclusione – e ai nipoti Ikram Ijaz e Nomanulhaq, che in primo grado sono stati assolti da ogni accusa.
Il suo obiettivo, ha detto, era solo quello di spaventare il ragazzo (perché non accettava che stesse con sua figlia). “Sono stati tutti e tre, non c’è dubbio su questo, ad ucciderla (Saman, ndr)”, ha dichiarato, sostenendo anche di non aver parlato, finora, perché minacciato. “Voglio solo giustizia”, ha concluso. Se stia dicendo la verità saranno gli inquirenti a stabilirlo.
Cosa è emerso finora dalle ricostruzioni
I giudici di primo grado, che hanno condannato tre dei cinque parenti di Saman finiti a processo, sono arrivati alla conclusione che, a differenza di quanto ipotizzato all’inizio, la 18enne non fu uccisa perché si era rifiutata di sposare l’uomo che i suoi familiari aveva scelto per lei e che in cambio avrebbe offerto loro una “dote” di circa 15 mila euro, bensì perché voleva essere indipendente.
Sembra che i genitori fossero venuti a conoscenza del fatto che avesse intenzione di fuggire – come già aveva fatto in passato – insieme al fidanzato: la sera del 30 aprile avrebbero quindi provato a convincerla a tornare sui suoi passi e a partire con loro per il Pakistan. Di fronte al suo rifiuto, avrebbero reagito con violenza.
L’autopsia ha stabilito che la ragazza fu “strangolata o strozzata“; il suo corpo fu trovato solo oltre un anno dopo grazie alla collaborazione dello zio: era stato sepolto in una fossa scavata per l’occasione in un terreno non troppo distante dall’abitazione in cui viveva a Novellara. Secondo la Corte, anche il fratello Alì, super testimone nel processo, avrebbe avuto un ruolo nella vicenda. Il tribunale per i Minori ha però deciso di non iscriverlo nel registro degli indagati.
Una storia che riporta alla mente quella di Sana Cheema
La storia di Saman ne riporta alla mente un’altra, quella di Sana Cheema, la 24enne di Brescia che nel 2018 è stata trovata morta in Pakistan: le autorità italiane sono convinte che il padre e il fratello maggiore – assolti “per insufficienza di prove” nel loro paese d’origine nonostante alcune ammissioni (poi ritrattate) – l’abbiano uccisa, strangolandola, per aver rifiutato un matrimonio combinato. Entrambi risultano da anni irreperibili.