Resta in carcere con l’accusa di omicidio il camionista 39enne Andrea Favero, sospettato di aver spinto l’ex compagna Giada Zanola da un cavalcavia dell’autostrada A4 attorno alle 3 del mattino di lunedì 29 maggio. Lo ha deciso il gip, davanti cui ieri l’uomo è rimasto in silenzio; a parlare, gettando nuove ombre sul caso, sarebbero state alcune amiche della vittima.

L’ombra di un ricatto sessuale dietro l’omicidio di Giada Zanola da parte dell’ex compagno Andrea Favero

Dalle confidenze che la 33enne aveva fatto alle sue amiche e al nuovo compagno sarebbe emerso che aveva paura che l’ex – con cui viveva da separata in casa a Vigonza, nel Padovano, per il bene del figlio che avevano avuto insieme tre anni fa – potesse non soltanto arrivare a drogarla, ma anche a ricattarla con dei video hard.

Sembra che l’uomo, di 39, ne fosse particolarmente “geloso” e che, pertanto, non avesse accettato di buon grado la sua decisione di annullare le loro nozze (fissate per settembre) e intraprendere una relazione con un altro uomo. “Lo spettro della morbosità era apparso in Andrea molto tempo prima della tragedia […]. Il figlio era il perno che lo legava indissolubilmente a lei, era terrorizzato di perderla“, ha dichiarato una conoscente al Corriere del Veneto.

Tra le ipotesi al vaglio degli inquirenti c’è quella secondo la quale l’uomo potrebbe averla uccisa prima di arrivare sopra al cavalcavia, per poi gettarne il corpo nel vuoto. Come avrebbe fatto, altrimenti – ci si chiede – ad alzarla di peso e gettarla oltre il parapetto mentre si divincolava, dovendo salire su un gradino? È possibile – è l’altra domanda – che l’avesse drogata?

All’interno della loro abitazione, già sottoposta a sequestro, non sarebbero state trovate tracce di farmaci o sostanze stupefacenti. Il camionista avrebbe però avuto tutto il tempo di disfarsene: i sospetti si sono concentrati su di lui a partire dal pomeriggio del 29 maggio. Giada era stata trovata senza vita sulla carreggiata dell’A4 di prima mattina.

Le indagini, l’autopsia: cosa sappiamo finora

Si era subito ipotizzato che la donna potesse essersi tolta la vita; poi le testimonianze avevano portato gli inquirenti a ritenere maggiormente credibile la pista dell’omicidio. Ascoltato, Favero finora ha rilasciato dichiarazioni molto contraddittorie, sostenendo prima di non essersi accorto di nulla (come se l’ex compagna fosse uscita di notte, senza svegliarlo, e si fosse suicidata).

Poi ha parlato di un litigio avvenuto proprio sopra il cavalcavia e di un “vuoto di memoria” che gli impedirebbe di ricordare quanto accaduto. “Lei mi sbraitava addosso dicendo che mi avrebbe tolto nostro figlio”, ha detto. “Siamo scesi dall’autovettura, ma qui i ricordi si annebbiano”, ha aggiunto. Stando alle ricostruzioni, immediatamente dopo i fatti il 39enne sarebbe tornato presso la loro abitazione e si sarebbe messo a dormire.

La mattina seguente, dopo essersi alzato, avrebbe inviato alla donna un messaggio – “Sei andata al lavoro? Non ci hai nemmeno salutato!” – nel tentativo di depistare le indagini. Il telefono cellulare della vittima non si trova: è probabile che se ne sia disfatto per nascondere eventuali prove. Dall’autopsia eseguita ieri non sarebbero emersi, invece, dettagli rilevanti: considerate le condizioni del corpo, travolto da tir e camion prima del ritrovamento, non sarebbe stato possibile capire – sempre secondo il Corriere – se fosse stata malmenata.

Il medico-legale incaricato dalla procura, Claudio Terranova, e i periti di parte, avrebbero però avuto la possibilità di prelevare dei tessuti dal cadavere. L’obiettivo è capire se Giada fosse stata drogata o avvelenata. I risultati si avranno tra una trentina di giorni. Resta, intanto, lo shock di una comunità dopo la notizia dell’ennessimo femminicidio.