Tra le strategie non farmacologiche per contrastare gli effetti dell’Alzheimer e migliorare la qualità della vita dei pazienti, si distingue la Terapia del Viaggio, conosciuta anche come Trenoterapia.
In una RSA di Torino, un vero e proprio treno è stato allestito per offrire ai pazienti un’esperienza di viaggio virtuale. Attraverso immagini, suoni e sensazioni realistiche, i malati di Alzheimer possono rivivere ricordi di viaggi passati o simularne di nuovi, stimolando la memoria, l’orientamento spaziale e il senso di benessere.
Scopriamo in dettaglio come funziona questa terapia all’avanguardia.
RSA con un treno all’interno per simulare viaggi, nuova esperienza a Torino
I nuclei dedicati al decadimento cognitivo presso la Residenza Richelmy di Torino, parte del gruppo Emeis, sono stati trasformati in un innovativo villaggio attraverso una ristrutturazione permanente.
I corridoi, le aree comuni e le stanze per le visite sono stati trasformati in una fedele riproduzione di un paese, completo di negozi, tra cui un alimentari, una merceria, un ufficio postale e un’edicola, oltre alla stazione ferroviaria di Porta Nuova Torino, completa di tabellone degli orari e vagoni del treno.
Il progetto si basa sulla simulazione di un viaggio in treno, un’esperienza utile per far emergere ricordi ed emozioni nei residenti affetti da patologie come l’Alzheimer. Questo approccio mira a stimolare il dialogo, la socializzazione e l’appetito dei pazienti.
Come funziona questo viaggio in treno virtuale
L’intervento inizia con l’esplorazione delle vie del villaggio, dalla posta alla biglietteria, dove i residenti possono rivivere situazioni realistiche che evocano momenti del loro passato.
Successivamente, si spostano nel vagone del treno, dove uno schermo mostra immagini di paesaggi in movimento, stimolando i ricordi e incoraggiando le interazioni tra i presenti.
Durante il viaggio virtuale si crea un’atmosfera fantastica e piacevole, con i pazienti che chiacchierano l’uno con l’altra e condividono anche un pasto insieme.
I vantaggi della terapia del viaggio
Questa innovativa tecnica mira a prevenire i vagabondaggi dei pazienti, che spesso sono irrequieti e agitati, non riuscendo a rimanere fermi e rischiando di farsi male o di perdersi.
Il viaggio virtuale offre ai residenti l’illusione di partire e contribuisce a calmare la loro ansia. Attraverso attività come il lavoro a maglia o la lettura a bordo del treno, si cerca di far rivivere loro piaceri del passato e di creare un legame emotivo con la memoria.
La “terapia del viaggio” può portare a una diminuzione del 30% dei vagabondaggi e del 40% nell’uso dei farmaci. Anche altri paesi in Europa, come Francia e Svizzera, stanno sperimentando questa nuova metodologia.
Quali sono le migliori attività terapeutiche per chi soffre di Alzheimer? Clicca qui per scoprirlo.
Perché il viaggio impatta positivamente sulla demenza
Secondo gli studiosi, viaggiare, definito anche “terapia del viaggio”, può apportare benefici significativi alle persone con demenza. L’esperienza può avere un impatto positivo su:
- Sentimenti, emozioni e umore: genera gioia, eccitazione e un senso di avventura, migliorando il benessere generale.
- Pensieri e ricordi: nuove esperienze possono stimolare la funzione cognitiva e potenzialmente aiutare le persone con demenza a richiamare ricordi passati.
- Comportamento: interagire con nuovi ambienti e persone può incoraggiare l’interazione sociale e cambiamenti comportamentali positivi.
- Sensi: stimola suoni, odori e sapori, che possono essere stimolanti e piacevoli.
Come afferma il dottor Jun Wen, un ricercatore in questo campo: “Le esperienze di viaggio offrono elementi di anticipazione, pianificazione ed esercizio, che stimolano tutti la funzione cerebrale. Possono inoltre fornire stimolazione sensoriale, aumentare l’umore e promuovere un senso di libertà, rendendole preziose interventi non farmacologici per la demenza“.
Nel complesso, la terapia del viaggio offre un potenziale approccio non farmacologico per migliorare la qualità della vita delle persone con demenza. Si spera che sempre più RSA possano includere questa nuova forma di cura.