L’Italia, come del resto altri Paesi europei, resta indietro in tema di retribuzione e in ritardo nel rinnovo dei contratti. Il salario minimo sembra essere l’unico miraggio in una notte che sembra non finire mai. Secondo i parametri pre-Covid, cioè quelli del 2019, alcuni Paesi hanno ricominciato a risalire la china. L’Italia, invece, non solo non recupera, ma perde una media di circa 1.000 euro all’anno. Nel frattempo, il governo Meloni continua ad evidenziare un incremento dell’occupazione, senza specificare di che tipo e, soprattutto, a quali condizioni.
Salario minimo e contratti ignobili: “La produttività, da noi, è stagnante”
“La produttività, da anni, è stagnante e la crescita occupazionale è prevalentemente a carico dei settori a bassa retribuzione trainati dal turismo: bar, ristoranti, alberghi, imprese di pulizia, ecc. Parliamo di quella parte del mercato del lavoro che applica contratti “poveri” e dove, non di rado, si offrono lavori di poche ore settimanali, magari accompagnati da una parte di salario pagata al nero. Quante volte abbiamo sentito la testimonianza di lavoratrici delle cooperative di pulizia con impieghi da tre ore la settimana? – ha spiegato l’ex Ministro Cesare Damiano, a TAG24 – . È chiaro che così i salari non ti consentono di arrivare a fine mese oltre che non recuperare l’inflazione che abbiamo alle spalle.”
“Certi contratti a basso prezzo andrebbero messi fuori legge“, Cesare Damiano
A fronte di un reale aumento dell’occupazione, se il salario dei lavoratori rimane basso il problema della perdita del potere d’acquisto non è risolto. “Sono un accanito sostenitore della contrattazione. I contratti possono essere di serie A, di serie B, di serie C, poi ci sono anche i contratti di serie Z: parliamo di associazioni di imprese e sindacati di comodo, che stipulano accordi volutamente a basso prezzo e che a mio avviso andrebbero messi fuori legge: sono quelli pirata – ha aggiunto Damiano – . Dobbiamo combattere il prezzo basso e avere la giusta remunerazione, come dice l’articolo 36 della Costituzione.”
I 3 punti risolutivi oltre all’introduzione del salario minimo
L’idea del salario minimo, così, sarebbe soltanto un punto di partenza. “Da solo non risolve il problema e va associato ad altre misure. Ad esempio, alla fiscalizzazione del cuneo fiscale, per i salari al di sotto dei 25mila euro lordi annui, che già esiste, ma va resa strutturale. Questo è un punto chiave: inoltre, è necessario incentivare i rinnovi dei contratti che vengono stipulati alle giuste scadenze. Scadenze che non sempre vengono rispettate. Contratti che scadono dopo tre anni e che vengono rinnovati magari dopo sette-otto.
Infine, bisogna adottare un salario minimo a partire dai lavoratori che non hanno ancora un contratto di lavoro: si pensi al vasto arcipelago dei lavoratori delle piattaforme digitali. Poi si possono innalzare gradualmente le retribuzioni più basse portandole alla soglia desiderata, quella dei 9 euro lordi orari, ma a carico delle imprese che hanno applicato retribuzioni che stanno al di sotto di quella soglia”. – ha aggiunto Cesare Damiano.