Genocidio‘ è una delle parole tornate nel gergo comune di recente dopo le azioni israeliane condotte sulla Striscia di Gaza: ma l’orrore che si sta consumando in Medio Oriente non è il solo conflitto dove si sta consumando una strage di civili, l’attivista John Mpaliza parla di cosa sta accadendo in questo momento in Congo.

Una storia lunga, forse troppo lunga da raccontare in poche righe quella dello Stato africano. Da anni il Congo è diventato un territorio dal quale prendere risorse fondamentali per le industrie occidentali: a nostra insaputa nelle tasche, sulle scrivanie ma anche nei cavi internet c’è una parte del Congo. Diamanti, oro, rame ma soprattutto cobalto, zinco, coltan e stagno sono i tesori di questo Stato che hanno permesso all’Occidente di portare avanti rivoluzioni tecnologiche.

Mpaliza: “In Congo è in corso un genocidio”

C’è poi il conflitto tra il Congo e il Ruanda che ormai va avanti da quasi trent’anni. Una guerra nella quale Kigali è accusata di aver finanziato gruppi terroristici – come l’M23 – responsabili di stragi e di seminare il terrore nella parte est del Paese. Una crisi figlia del genocidio avvenuto in Ruanda trent’anni fa.

Una strage, quella portata dall’estrazione di minerali e dalle guerre nell’est del Paese, che potrebbe presto arrivare – dopo ventotto anni di conflitto – a 10 milioni di morti. Un numero già tristemente noto al Congo che tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento ha visto sul proprio territorio uno dei più feroci genocidi della storia ad opera del sovrano belga Leopoldo II.

Qual è il minimo comune denominatore di tutte le guerre che hanno interessato il Congo? Le preziosissime risorse minerarie. Se in passato sono state commesse violenze contro la popolazione nel nome del caucciù – utile per la fabbricazione delle gomme delle automobili – oggi si combatte per il coltan ed il cobalto. Risorse utili per la fabbricazioni di cellulari, computer o cavi per internet: strumenti fondamentali nell’epoca contemporanea.

Un orrore quello che avviene in Africa perpetrato da anni nell’indifferenza della Comunità Internazionale. John Mpaliza, attivista congolese di 55 anni, si batte da una vita per portare al centro del dibattito quello che sta succedendo nel suo Paese d’origine al centro del dibattito.

Mpaliza: “L’Occidente resta a guardare”

D: Cosa sta succedendo in Congo?

R: “Ci sarebbe così tanto da dire…partendo da questi giorni sappiamo che dovranno arrivare nell’est del Congo dei militari russi per aiutare contro il M23 e le forze ruandesi che occupano militarmente ed amministrativamente parte del Congo.”

“Perché si è arrivati a questo? L’Occidente ha dimostrato ipocrisia rispetto alla situazione in corso nel Paese. All’est vengono presi militari come il coltan, il cobalto – che serve per le macchine elettriche – ma anche oro, tungsteno e tanti minerali che vengono presi quasi gratuitamente. Dal 1999 fino a quest’anno nel Paese ci sono stati i caschi blu

D: E l’Occidente?

R: “Stati Uniti ed Ue restano a guardare. In alcuni casi sostengono il Ruanda, che in modo criminale occupa dal 1996 territori congolesi e tramite suoi ‘supplenti‘ come M23 compiono massacri. La violenza sessuale è un’arma di guerra e molti minori vengono impiegati come minatori

“La Comunità Internazionale ritiene che tutto vada bene, l’Europa guarda da un’altra parte quando viene chiesto aiuto e non è un caso che il presidente congolese Félix Tshisekedi si sia rivolto alla Russia per essere aiutato”

Un conflitto senza rilievo in Occidente

D: Il conflitto avviene in un Paese ricco di risorse fondamentali per l’Occidente, perché allora ha così poco rilievo?

R: “Si tratta di una voluta malafede. Quando si parla di Africa c’è sempre una scarsa considerazione, basta guardare quanto spazio gli dedicano i media. L’Africa interessa all’Occidente ma non deve interessare: c’è stato nel corso dei secoli un saccheggio da parte delle potenze. L’interesse c’è sempre stato da un punto di vista economico e hanno provocato massacri per appropriarsi delle risorse poi la ‘finta’ indipendenza dopo un secolo di neocolonialismo. Ci sono Paesi come il Mali ed il Niger che cercano di liberarsi.”

D: Che effetti ha avuto il neocolonialismo di cui parli?

R: “Ha portato nel nostro continente tantissime multinazionali, tra cui anche l’Eni. Come si può vedere sono cinque secoli che l’Occidente è interessato all’Africa e non agli africani. Se pensiamo al mio Paese ha avuto un destino anche peggiore: il Congo è diventato una proprietà privata – e sottolineo questo termine – del re Leopoldo II di Belgio che ha compiuto un genocidio. Sono morti 10 milioni di congolesi in ventitré anni

“Molti sono morti nelle piantagioni di caucciù dove si arrivavano a mozzare le mani come ricatto…sono vittime della rivoluzione industriale”

Il genocidio nel nome della tecnologia

D: Le rivoluzioni tecnologiche hanno sempre avuto un impatto sul Congo di questo tipo?

R: “Il caucciù serviva per le gomme delle automobili. Il Congo ha versato sempre sangue per le rivoluzioni industriali e tecnologiche, pensiamo alla Seconda Guerra Mondiale: per porre fine al conflitto si fabbricò la bomba atomica con cobalto ed uranio che veniva dal Congo belga. Dal 1996 c’è un genocidio che ha fatto altre 10 milioni di vittime, lo dice il Rapporto Mapping delle Nazioni Unite del 2010 che certificava 6 milioni nei primi 10 anni”.

“Sono vittime della rivoluzione tecnologica, già con la rivoluzione industriale sotto Leopoldo II c’è stato un genocidio per le risorse. Se si vede il film Oppenheimer non viene mai citato il Congo in tre ore di film, si deve nascondere sempre qualcosa di quello che succede in Africa. La responsabilità – è giusto dirlo – non è solo Occidentale: anche altri Stati africani ‘aiutano’ Ue ed Usa.”

“Il Paese ha sempre avuto un ruolo strategico: per la rivoluzione industriale, per la Prima e Seconda Guerra Mondiale ed è oggi il cuore della tecnologia. Da congolese, che ha perso parenti nel conflitto, mi chiedo perché siano tenuti all’oscuro. È in corso un genocidio anche economico anche grazie all’Occidente.”

L’attivismo in Italia per il Congo

D: Quali azioni portate avanti in Italia per rendere la questione nota?

R: “Lavoriamo ma è tosta, ci sono anche altre conflitti in corso che mostrano la politica dei due pesi e due misure. Se tu organizzi una grande manifestazione sull’Africa per far vedere come i fratelli muoiono nel Mediterraneo, nessuno si preoccupa

“Ieri era il 30 maggio, esattamente 10 anni fa io mi sono licenziato dal comune di Reggio Emilia dove ho lavorato come ingegnere informatico per parlare di quello che succede nel mio Paese. Oggi c’è una consapevolezza maggiore, sono arrivato fino in Finlandia, a Ginevra, a Roma ed ho portato due messaggi al Papa…facciamo tanto ma dopo 32 anni in Italia ho capito come la si pensa a riguardo. Credo che sia legato al razzismo”

Il commento su quello che succede a Rafah

D: Esistono gruppi che portano avanti queste cause?

R: “Certamente, uno dei tanti è ‘Insieme per la Pace in Congo‘ che raccoglie al suo interno diverse persone ed anche reti di associazioni. Denunciamo la politica dei due pesi e due misure dell’Occidente che non prende coscienza dei cambiamenti nel mondo e non considera il rapporto con il Congo”

“Il 19 febbraio l’Ue ha firmato un accordo con il Ruanda e le tre città Masisi, Rubaya – capitale del coltan – e Bunagana sono sotto il controllo dell’M23, dell’Afc e delle forze militari ruandesi. Il M23 è considerato terrorista e nonostante tutto è stato stipulato un accordo per l’estrazione mineraria

D: Cosa ne pensi di quello che sta succedendo in Palestina?

R: “Quello che succede in Palestina è anche quello un conflitto economico. Ho visto un’intervista qualche giorno fa letteralmente vomitevole ad alcune donne sioniste che puntavano ad una spiaggia, per turismo e per petrolio e gas. Quello è il perno di tutto: Congo, Ucraina, Palestina sono conflitti economici.

“La parola ‘genocidio‘ va usata per tutti i popoli, deve essere applicata a tutti: genocidio vuol dire uccidere parte della popolazione per un obiettivo preciso. A Rafah è in corso un genocidio in questo momento e la guerra è connessa a quello che avviene in Congo: molti attacchi arrivano grazie ad armi costruite anche con i nostri minerali