È stato fermato con l’accusa di omicidio per aver spinto giù da un cavalcavia la 33enne Giada Zanola, con cui, tre anni fa, aveva avuto un bambino: ecco chi è Andrea Favero e quali sono gli indizi raccolti dagli inquirenti a suo carico.

Chi è il camionista fermato per l’omicidio di Giada Zanola: Andrea Favero

Camionista di professione, l’uomo, di 39, viene descritto da molti, sulla stampa, come un tipo “geloso” fino all’ossessione: secondo il Corriere della Sera si diceva “innamoratissimo” di Giada Zanola – che aveva iniziato a frequentare dopo la fine del suo primo matrimonio – pur sapendo che la donna, con cui aveva avuto un bambino tre anni fa, usciva, ormai, con un altro uomo.

Vivevano da separati in casa a Vigonza, nel Padovano. E le liti, tra loro, si erano fatte sempre più frequenti, per diverse ragioni. Un’amica della 33enne avrebbe raccontato agli inquirenti che la donna le aveva confidato di avere paura di lui, facendo mettere a verbale di aver visto “le foto delle ecchimosi riportate dalla vittima a seguito di un litigio” del 27 maggio. Lo riporta l’Adnkronos.

La ricostruzione del delitto

Il corpo della 33enne era stato trovato senza vita sulla carreggiata dell’autostrada A4 in direzione Padova alle prime luci dell’alba del 29 maggio scorso. Si era ipotizzato che la donna potesse essersi suicidata gettandosi dal cavalcavia soprastante; dagli accertamenti è emerso che in realtà fu spinta di sotto da Favero al culmine dell’ennesima lite.

Agli inquirenti che lo hanno interrogato dopo averlo fermato con l’accusa di omicidio volontario, l’uomo ha raccontato di non ricordare l’accaduto. “Continuavamo a litigare, nel senso che lei mi sbraitava addosso come spesso ultimamente faceva dicendo che mi avrebbe tolto il bambino e non me lo avrebbe più fatto vedere. Ricordo che siamo scesi dall’autovettura, ma qui i ricordi si annebbiano”, avrebbe detto.

Lo riporta sempre l’Adnkronos, secondo cui, qualche ora dopo l’omicidio, l’uomo avrebbe tentato di allontare i sospetti da sé inviando alla donna il seguente messaggio: “Sei andata al lavoro? Non ci hai nemmeno salutato!”, come se volesse far credere che si fosse allontanata da sola, nella notte, per poi togliersi la vita.

Le ipotesi sono molte: tra le tante, c’è quella – riportata da Padova Oggi – secondo la quale la vittima potrebbe essere stata colpita già in casa, per poi essere adagiata in auto e in un secondo momento gettata nel vuoto. L’altra è che fosse ancora viva quando precipitò dal cavalcavia e che possa essere morta investita da un camion che non avrebbe fatto in tempo a fermarsi dopo aver visto il suo corpo a terra nell’oscurità.

A fare chiarezza su questi e altri dettagli saranno le indagini, che da ore, ormai, procedono serrate.

Il commento del presidente Zaia

Con la morte di Giada il Veneto è di nuovo in lutto, come nei giorni di Giulia, Vanessa, Sara e di altre ancora prima di loro. Potrebbe essere il quarto femminicidio solo nei pochi mesi a cavallo tra l’anno scorso e questo; una contabilità inaccettabile che fa accapponare la pelle e indignare,

le parole del presidente della Regione Veneto Luca Zaia. Il riferimento è a Giulia Cecchettin, Vanessa Ballan e Sara Buratin, le tre donne che – come Giada – sono state uccise dagli uomini che un tempo avevano amato: il 22enne Filippo Turetta, il 41enne di origini kosovare Bujar Fandaj e il 39enne Alberto Pittarello, morto suicida dopo il delitto a Bovolenta.