Alle prime luci dell’alba di oggi, 31 maggio, la polizia pakistana ha arrestato la madre di Saman Abbas, la 18enne uccisa a Novellara nel maggio del 2021: 51 anni, la donna, di nome Nazia Shaheen, era latitante da tre anni. In Italia, insieme al marito Shabbar, è stata condannata all’ergastolo.

Arrestata in Pakistan la madre di Saman Abbas: era latitante da tre anni

Stando a quanto si apprende da diverse fonti, la donna sarebbe stata fermata in mattinata in un villaggio ai confini con il Kashmir nel corso di un’incursione della polizia pakistana. Ora dovrà comparire davanti ai giudici di Islamabad per iniziare l’iter che porterà alla sua estradizione.

Secondo La Stampa i tempi dovrebbero essere più brevi rispetto a quelli che ci vollero per portare in Italia il marito Shabbar: l’uomo doveva ancora essere processato, lei in questo momento ha già alle spalle una condanna. Lo scorso dicembre è stata riconosciuta colpevole dell’omicidio della figlia Saman.

Dovrà scontare il massimo della pena, l’ergastolo: secondo i giudici della Corte d’Assise di Reggio Emilia potrebbe addirittura essere stata l’esecutrice materiale del delitto. I fatti risalgono alla notte tra il 30 aprile e il primo maggio del 2021.

Dopo aver scoperto la decisione della 18enne di fuggire nuovamente con il fidanzato Saqib Ayub, i familiari – che il giorno dopo sarebbero partiti per il Pakistan per raggiungere un parente malato – avrebbero deciso di metterla di fronte a una scelta e di provare a convincerla a tornare sui suoi passi, uccidendola dopo essersi accorti che non era intenzionata a seguirli.

La ricostruzione dell’omicidio

Il movente non sarebbe da ricercare, dunque, nel rifiuto, da parte della giovane, di un matrimonio combinato in patria (come si era ipotizzato all’inizio), piuttosto nella sua ricerca di indipendenza. Oltre ai genitori è stato condannato anche lo zio Danish Hasnain, colui che nel novembre del 2022, oltre un anno dopo i fatti, permise di ritrovare il cadavere della giovane.

L’accusa aveva chiesto per lui 30 anni di reclusione, poi 26: alla fine gliene hanno dati 14. Sono stati assolti invece i cugini di Saman: secondo i giudici non furono che “meri esecutori degli ordini” degli altri. Il fratello Alì, super testimone nel processo a carico dei cinque, non è stato iscritto nel registro degli indagati su decisisone del tribunale per i Minori, nonostante per la Corte siano “plurimi gli elementi indizianti il suo coinvolgimento e le sue dirette responsabilità negli eventi che hanno condotto all’uccisione della sorella”.

Ascoltato in aula, il giovane, all’epoca dei fatti ancora minorenne, ha dichiarato di volere nient’altro che la verità, raccontando anche di essere stato minacciato dal Pakistan dalla madre e da persone a lei vicine. Il loro obiettivo? Convincerlo a non parlare, a non rivelare quanto accaduto a Novellara la sera in cui Saman perse la vita.

Le diverse versioni dei fatti

Dagli accertamenti medico-legali è emerso che la ragazza morì “strozzata o strangolata“; il suo corpo fu poi occultato in un terreno di campagna, all’interno di una fossa profondissima, scavata per l’occasione dai familiari in almeno sette momenti diversi.

Shabbar Abbas si è sempre proclamato innocente, sostenendo di non aver mai fatto del male alla figlia; più volte, anzi, ha puntato il dito contro il fidanzato della giovane, che nel processo a suo carico si è costituito parte civile. Lui e Saman si amavano e sognavano di costruirsi un futuro insieme: non avrebbero mai potuto immaginare un così tragico epilogo.