Il 30 maggio 1924 Giacomo Matteotti pronuncia quello che sarebbe stato il suo ultimo discorso davanti alla Camera: cosa c’è scritto nel testo? Qual è il contenuto dell’intervento che portò il segretario del Partito Socialista Unitario ad una morte violenta?
Le mani delle squadriglie fasciste si sporcarono del sangue dell'”ultimo parlamentare”, l’ultimo che sostenne idee di libertà e di democrazia. L’ultimo che, con estremo coraggio, denunciò l’irregolarità delle elezioni in Parlamento del 6 aprile 1924. Un esito viziato dalla forza e dalle violenze della furia fascista.
L’ultimo spiraglio di luce per il “libero popolo italiano” prima della definitiva ascesa al potere di Benito Mussolini. Il messaggio di Matteotti fu consegnato agli annali della storia e, ancora oggi, rappresenta un baluardo per chi crede nella democraticità dello Stato e nella Repubblica.
Discorso Matteotti, testo dell’ultimo intervento alla Camera: “Difendiamo la libera sovranità del popolo italiano”
In occasione del centenario del discorso di Giacomo Matteotti, pronunciato davanti al Parlamento il 30 maggio 1924, è importante ricordare l’impegno politico e morale del segretario del Partito Socialista Unitario nella lotta al fascismo.
Il deputato prese la parola alla Camera per denunciare i brogli elettorali portati avanti dal Duce e i suoi, nel mese di aprile del 1924. Quest’occasione sarà l’ultima in cui si pronuncerà in aula. Il 10 giugno dello stesso anno, Matteotti venne brutalmente assassinato dalle squadre fasciste, che prima lo avevano rapito.
Il cadavere del politico di Fratta Polesine fu ritrovato due mesi dopo, il 16 agosto, a Riano, vicino Roma. A scoprire il corpo, nella tenuta del principe Boncompagni, fu Ovidio Caratelli, un brigadiere dei Carabinieri.
Ecco il testo del discorso:
“[…] Contestiamo in questo luogo e in tronco la validità delle elezioni della maggioranza. L’elezione secondo noi è essenzialmente non valida, e aggiungiamo che non è valida in tutte le circoscrizioni. Per vostra stessa conferma (dei parlamentari fascisti, ndr.) dunque nessun elettore italiano si è trovato libero di decidere con la sua volontà. Vi è una milizia armata, composta di cittadini di un solo Partito, la quale ha il compito dichiarato di sostenere un determinato Governo con la forza, anche se ad esso il consenso mancasse”.
Poi l’ultimo appello accorato per la difesa della libera sovranità del popolo italiano:
“Voi dichiarate ogni giorno di volere ristabilire l’autorità dello Stato e della legge. Fatelo, se siete ancora in tempo; altrimenti voi sì, veramente, rovinate quella che è l’intima essenza, la ragione morale della Nazione. Non continuate più oltre a tenere la Nazione divisa in padroni e sudditi, poiché questo sistema certamente provoca la licenza e la rivolta. Se invece la libertà è data, ci possono essere errori, eccessi momentanei, ma il popolo italiano, come ogni altro, ha dimostrato di saperseli correggere da sé medesimo. Noi deploriamo invece che si voglia dimostrare che solo il nostro popolo nel mondo non sa reggersi da sé e deve essere governato con la forza. Ma il nostro popolo stava risollevandosi ed educandosi, anche con l’opera nostra. Voi volete ricacciarci indietro. Noi difendiamo la libera sovranità del popolo italiano al quale mandiamo il più alto saluto e crediamo di rivendicarne la dignità, domandando il rinvio delle elezioni inficiate dalla violenza alla Giunta delle elezioni“.
Infine, la frase che resta amaramente iconica nella storia e che riassume tutto il coraggio di Giacomo Matteotti:
“Io, il mio discorso l’ho fatto. Ora voi preparate il discorso funebre per me”.
Che cosa denunciò Matteotti il 30 maggio 1924?
Il 30 maggio 1924 segna la data in cui il Parlamento doveva convalidare l’esito delle elezioni dell’aprile dello stesso anno, che avevano creato un clima di paura e terrore in Italia. La ferocia dei fascisti infuriava senza remore né preoccupazione del domani. Agivano indisturbati, estorcendo voti ai cittadini, con efferata violenza.
Nel tentativo di proteggere la democrazia, alcuni parlamentari appartenenti alla minoranza cercarono di correre ai ripari, protestando contro le modalità che contraddistinsero le votazioni in alcune circoscrizioni. Gli episodi avvenuti in Campania, Abruzzo, Calabria, Puglia e Sicilia, furono il motore che attivò le richieste di rinviare gli atti alla giunta delle elezioni.
La richiesta venne negata dalla Camera, tra gli scroscianti applausi della maggioranza, unita in blocco, compatta e più solida che mai. Il battito del cuore della dittatura fascista cominciò a risuonare più forte che mai, proprio in quel periodo.
Le elezioni del 6 aprile diedero vita all’ultimo discorso alla Camera di Giacomo Matteotti, coraggioso oratore che denunciò tutte le malefatte, i soprusi e le violenze portare avanti dalle camice nere e dagli uomini fedeli al Duce. Illegalità ed abusi messi in atto con il fine di vincere le elezioni.