Il 29 maggio 1985 cambiò profondamente la storia del calcio moderno. Trentanove persone persero la vita durante la finale di Coppa Campioni vinta dalla Juventus contro il Liverpool allo stadio Heysel di Bruxelles. Trentadue italiani, quattro belgi, due francesi e un nordirlandese morirono nel settore Z dell’impianto, dando vita a una delle tragedie più atroci di questo sport. Il match, però, non venne sospeso e la Juventus passò in vantaggio con Platini, festeggiando poi la Coppa dei Campioni in uno scenario surreale.
Strage dell’Heysel, la Juventus festeggiò ignara delle vittime sugli spalti
La squadra di Giovanni Trapattoni andò a celebrare il trofeo sotto la curva dell’Heysel subito dopo il fischio finale dell’arbitro Daina. L’episodio scatenò moltissime polemiche ma, negli anni successivi, i giocatori spiegarono che le informazioni sui disordini erano frammentate. Stefano Tacconi sottolineò che non si capiva se ci fossero delle vittime o se la situazione fosse tornata alla normalità.
L’imposizione della Uefa
Solamente il giorno dopo, all’arrivo a Torino, si palesò la tragedia. Stando ai racconti di diversi calciatori bianconeri la Uefa impose alle due squadre di scendere in campo. In caso di rinvio, infatti, si sarebbero rischiati nuovi disordini sugli spalti. In un’intervista di circa 15 anni fa Giampiero Boniperti raccontò che i giocatori erano totalmente estranei ai fatti, poiché in caso contrario non avrebbero accettato di giocare.