Anche recentemente, ad esempio in occasione del 25 aprile, si è proposta l’equiparazione fra varie forme di “totalitarismi”, sostenendo che la data del 25 aprile dovrebbe essere un’occasione per condannare tutte le forme di autoritarismo, ponendo di fatto sullo stesso piano Fascismo e Comunismo. È plausibile sul piano sella storia e della filosofia una simile equiparazione? Ne parliamo con il prof. Enrico Ferri, che insegna Filosofia del Diritto all’Unicusano, ma che si è occupato nelle sue ricerche di varie ideologie e forme di governo: dalla democrazia greca all’anarchismo, dai fascismi europei alla “Nuova destra”.
Totalitarismi, intervista al Prof. Enrico Ferri
Abbiamo diviso l’intervista in due parti. Nella prima si affronta un tema assai attuale, cosa debba intendersi per autoritarismo e quali siano i caratteri ricorrenti nei regimi autoritari. Nella seconda parte, si approfondisce questa tematica in riferimento al Fascismo e al Comunismo, intesi tanto come ideologie che nelle loro realizzazioni storiche, soprattutto per evidenziare le differenze e i tratti comuni.
D) Prof. Ferri, quali sono le caratteristiche di un governo autoritario o totalitario?
R) Lei ha usato come sinonimi le definizioni di “Autoritarismo” e “Totalitarismo”. Se ne potrebbero aggiungere altre, come ad esempio “Dittatura”, per rinviare a forme di governo che si impongono senza il consenso dei cittadini, o attraverso la manipolazione del consenso.
D) A suo avviso, mi sembra di capire, il discrimine fra una forma di libero governo ed una autoritaria consista nella presenza o meno del consenso e dalla possibilità di una sua libera manifestazione.
R) La libera formazione e manifestazione delle opinioni dei cittadini stanno alla base della democrazia greca, che non a caso riserva un ruolo importante alla critica del potere, possibilità presente in tutti i contesti della vita cittadina. In democrazia, il consenso è il risultato di una diffusa partecipazione alla vita pubblica, di un’informazione libera e pluralista e della possibilità che tutti ne usufruiscano, di un libero e spregiudicato confronto delle idee e delle prospettive.
D) Nel passato, ma pure nel presente, ci sono regimi anche non democratici che hanno un consenso di massa.
R) Certo, anche perché tutti i regimi autoritari si fondano sul controllo della vita dei cittadini, sul monopolio o, comunque, su un rigido controllo dell’informazione e della formazione delle persone, dei Media e delle scuole, cominciando dalle primarie. La rappresentazione della realtà, a partire da quella storica è manipolata e addomesticata ai fini del regime, trasfigurata sulla base delle esigenze del potere.
D) Questo spiega il consenso che ottennero regimi come quello fascista, nazista e comunista?
R) Contribuirono anche altri fattori. In URSS, ad esempio, la guerra contro la Germania hitleriana fu presentata dalla propaganda interna come una guerra patriottica, non certo come una guerra dei comunisti contro i nazisti. Si chiese un consenso ai Russi, non ai comunisti. In Germania si capisce la rapida ascesa del nazional-socialismo se consideriamo che una serie di componenti tanto ideologiche che programmatiche di questo movimento erano presenti da decenni e che furono riprese ed esasperate dai nazisti.
D) Ad esempio?
R) Il movimento völkisch (Völkishe Bevegung) e la “Rivoluzione conservatrice” sono caratterizzati da una serie di motivi ideologici e programmatici che ritroviamo nel nazismo: nazionalismo, antimodernismo, antisemitismo, ritorno alla terra, l’idea di un’eredità ancestrale da conservare… Il nazismo fu per certi versi un nazionalismo esasperato. Lo stesso razzismo, come primato della “razza” europea e poi della “razza” tedesca su tutti gli europei, non nasce certo negli anni Trenta del Novecento. Gli studi, o pseudo tali, sugli “indo-europei”, sui cosiddetti ariani, risalgono almeno alla seconda metà dell’Ottocento.
Il programma politico dei nazisti era legato essenzialmente a due fattori: la rivalsa sulle condizioni di pace imposte alla Germania dopo la seconda guerra mondiale, considerate ingiuste e punitive, e l’ampliamento ad Est dei confini nazionali, che avrebbe dovuto prima “reintegrare” le popolazioni di lingua tedesca, come nel caso dei Sudeti, e poi acquisire con la forza uno “spazio vitale” (Lebensraum) ad Est per garantire alla “razza tedesca” uno sviluppo adeguato in un’Europa a guida tedesca e in un nuovo ordine mondiale. L’attacco all’Unione Sovietica nel 1941 era conforme a questo programma, condiviso dalla gran parte dei tedeschi dell’epoca.
D) Anche il Fascismo ebbe un consenso di massa?
R) Consideri che in Italia Mussolini andò al potere su incarico de Re, di Vittorio Emanuele III. Adesso con una prospettiva storiografica strabica si rimprovera a Vittorio Emanuele III soprattutto di aver sottoscritto le leggi razziali, senza considerare colpe più gravi di questa. Mi riferisco al fatto di aver messo l’Italia nelle mani di Mussolini, di non aver contrastato la trasformazione di un regime parlamentare e multipartitico in una dittatura a partito unico e di non aver contrastato prima l’alleanza con i nazisti, con annesse leggi razziste, poi l’entrata in guerra dell’Italia. Queste furono le tappe che portarono alla guerra, alla distruzione del paese, a più di un milione di vittime ed a una sanguinosa guerra civile.
D) A proposito di consenso, lei ha detto che il Fascismo ebbe un consenso di massa, ma allo stesso tempo che tale consenso fu in buona parte estorto. Può spiegare meglio le sue considerazioni?
R) Il Fascismo tenne in costante pressione e mobilitazione la popolazione italiana, con campagne militari fuori dai confini, come in Libia e in Somalia, poi in Spagna, paventando minacce sul piano interno e internazionale, chiamando la popolazione alla mobilitazione per promuovere l’Autarchia e poi alle armi al fianco dei nazional-socialisti. Persino le leggi razziste contro gli ebrei italiani, non più di cinquantamila, furono presentate come “leggi in difesa della razza”, come un’iniziativa che invitava gli italiani alla mobilitazione ai fini dell’auto-difesa da una presunta minaccia interna, che avrebbe avuto anche una dimensione internazionale in quanto espressione sia del comunismo che del capitalismo finanziario, con una delle acrobazie logiche tipiche del Regime fascista.
D) Mi sembra di capire che dal suo punto di vista la presenza del consenso, da sola non basti per definire un regime non autoritario.
R) Consideri che il nazional-socialismo, il regime più dispotico e tirannico che la modernità ha conosciuto, ebbe fino alla fine un esteso consenso e riuscì a mobilitare gran parte della popolazione. Un regime autoritario, almeno secondo una prospettiva di storia moderna e contemporanea, è un regime che ha caratteristiche ricorrenti e riguardano essenzialmente la non ridistribuzione del potere, la sua non circolazione all’interno della comunità politica, la sua concentrazione nella mani di pochi, di una oligarchia che seleziona i suoi membri per cooptazione e tende a perpetuarsi e ad impedire che soggetti a lei estranei arrivino a posti di potere apicali.
Se consideriamo alcuni noti esempi di un potere autocratico, ad esempio l’Ungheria di Orban, la Russia di Putin e la Cina di Xi Jinping vediamo che i rispettivi leaders sono al potere da più di un decennio. In Russia e in Cina è stata cambiata la legge, in modo che Putin e Xi Jinping possano rimanere al potere sine die. Allo stesso tempo, sono regimi che in vario modo rendono difficile, se non impossibile, l’esistenza di un’opposizione vera in ambito politico, giornalistico, associazionistico e via dicendo. La sovranità appartiene al popolo solo formalmente, perché non la esercita, né la controlla.