Il Caucaso è in fermento: non ci sono solo le proteste per l’approvazione della legge sulle influenze straniere in Georgia ma anche quelle contro il premier Pashinyan in Armenia per la cessione di porzioni di territorio di confine all’Azerbaigian. Resta poi l’incognita Baku e le possibili ambizioni della Russia su quest’area geografica.

Giorgio Comai, ricercatore senior dell’Osservatorio Balcani Caucaso, ha parlato a Tag24 di quali potrebbero essere i possibili scenari per il Caucaso.

Proteste in Georgia ed Armenia: cosa sta accadendo nel Caucaso

In Georgia è entrata in vigore una contestatissima legge che sanziona gli enti che ricevono il 20% dei finanziamenti da ‘potenze straniere’. Un disegno di legge che allontana Tbilisi da ogni ambizione europea e potrebbe condurla nella sfera di influenza russa.

In Armenia invece vengono aspramente contestate le condizioni dell’accordo di pace dello scorso aprile dopo il conflitto in Nagorno Karabakh. La sconfitta militare ha portato alla cessione di alcuni villaggi a confine con l’Azerbaigian. Il ricercatore senior dell’Osservatorio Balcani Caucaso Comai commenta le recenti contestazioni e spiega cosa potrebbe ancora accadere.

D: Proteste in Georgia e in Armenia per motivi differenti. Possiamo parlare di un fronte caldo o il discorso è prematuro?

R: “Sono entrambe situazioni che seguono dinamiche di lungo corso e certamente sono influenzate dall’invasione russa dell’Ucraina. Restano in primo luogo di tensioni politiche interne ai due Paesi”

D: Quali sono gli scenari dopo il conflitto in Nagorno Karabakh che vedono coinvolte Armenia ed Azerbaigian?

R: “La guerra si è chiusa con quella che a Baku è ritenuta una netta vittoria militare. L’intera popolazione ha dovuto abbandonare il Nagorno Karabakh ed ora vive in Armenia. La sconfitta militare è in parte alla base dello scontro politico che si osserva oggi ad Erevan ed è rimproverata al premier armeno Pashinyan“.

“Le proteste partono dalle concessioni che il primo ministro è disposto a fare all’Azerbaigian. Da parte di Baku i toni restano aggressivi e nella regione resta – da questo punto di vista – alto il rischio di un conflitto. L’Armenia non vuole cedere nulla ma non può più contare sulla Russia e sui partner occidentali, si tratta di una situazione difficile sotto tutti i punti di vista”

L’influenza russa sul Caucaso

D: C’è un’influenza russa sulle proteste armene? Mosca punta ad Erevan?

R: La Russia sembra avere preso la decisione di favorire rapporti pragmatici con l’Azerbaigian che sono in questo momento più importanti dei rapporti storici con l’Armenia. Alla Russia resta tuttavia un forte interesse per l’Armenia. Mosca ha investito per tanti anni su Erevan, evidentemente vuole avere anche un ruolo politico. La Russia non ha fatto mistero del proprio disappunto dei confronti di Pashinyan e ha detto di sperare in un cambio del governo”

“Il malcontento dei cittadini dell’Armenia resta molto forte. C’è l’occasione da parte delle precedenti leadership armene di riprendere un ruolo di primo ordine nel proprio Paese. Anche la Chiesa armena si è schierata contro il premier come già successo in passato. Sono tante quindi le cause per cui si contesta Pashinyan: a partire dalla sconfitta in Nagorno Karabakh e a finire con il malcontento popolare”

Il ruolo dell’Azerbaigian

D: La cessione dei territori all’Azerbaigian che fine ha?

R: “Si tratta di territori che secondo le vecchie mappe sovietiche facevano parte in precedenza dell’Azerbaigian. Il confine è stato a lungo conteso e queste aree non erano controllate. Il desiderio di Pashinyan è di insistere al massimo sui confini riconosciuti dopo il crollo dell’Urss per evitare concessioni ulteriori a Baku

“Cedere questi piccoli territori serve ad evitare rivendicazioni più ampie da parte dell’Azerbaigian che possono sfociare in rivendicazioni anche militari”

D: C’è anche la figura dell’arcivescovo Bagrat Galstanyan nelle proteste armene: che ruolo sta avendo?

R: “Sembra intenzionato ad entrare in politica e vorrebbe sospendere le sue funzioni religiose. Ha una grande retorica ed è molto populista, questo gli permette di raccogliere molti consensi rispetto alla vecchia leadership armena considerata corrotta. Galstanyan è una minaccia politica serie per Pashinyan e trae legittimità dalla propria origine – è nato nella zona di confine ed è vicino alla Chiesa armena

“Si pone come un oppositore politico diverso da quelli già visti in Armenia. Per ora sembra che il primo ministro sembra godere di sufficiente consenso”

La vittoria in Nagorno Karabakh

D: L’Azerbaigian vive di fatto una fase positiva dopo la chiusura del conflitto in Nagorno Karabakh?

R: “Dipende da che punto lo si guarda. Si tratta pur sempre di un regime autoritario con forte repressione e con la ricchezza distribuita in modo diseguale. Dal punto di vista internazionale vive un momento di successo e fortuna, ha un grande accesso alle riserve di gas ed un alleanza molto stretta con Turchia e quindi un ruolo per far trovare alla Russia nuove vie di commercio”

“L’Azerbaigian sia diretta che indirettamente grazie alla Turchia è un partner che non si può scontentare perché serve a gestire la situazione nel Mar Nero. Baku ed Ankara d’altra parte è fondamentale anche per l’Ue a livello energetico. La leadership azera gode di una posizione favorevole ma resta da vedere se ci saranno ripercussioni anche sul benessere della popolazione”

D: Cosa cambierà in Georgia se dovesse essere approvata la legge sulle influenze straniere?

R: “Questa legge è parte di un conflitto duraturo inasprito dal partito di governo Sogno Georgiano e le opposizioni legate all’ex capo di Stato Saak’ashvili. C’è una situazione di grande tensione politica e di difficile costruzione delle alleanze politiche soprattutto nell’opposizione. L’esito di queste dinamiche si vedranno nelle elezioni di ottobre”

“Le proteste se vogliono avere un seguito devono tradursi anche in un contesto politico ed elettorale. Attualmente buona parte dell’apparato di Stato è in mano al partito di governo che non è intenzionato a rispettare le regole democratiche. Potrebbero nascere dinamiche di tensione che fino a qualche anno fa erano inimmaginabili in un Paese dove la retorica filoatlantica ed europeista era un punto d’unione del sistema politico.”

D: Da quanto tempo si lavora per l’ambizione georgiana di entrare nell’Ue

R: “Da tanti anni si lavora ad accordi che mirano a portare la Georgia in uno spazio comune economico e politico. Resta l’ambizione di integrarsi nell’Ue che ha aperto alla Georgia, i meccanismi per le riforme sono già attuati. Il governo attuale sta facendo passi indietro che avranno ripercussioni anche se la Georgia non entrerà nell’Ue”