Chi ha sparato a Walter Tobagi e perché? In molti se lo chiedono, ripensando alla storia del giornalista ucciso in un agguato il 28 maggio di 44 anni fa a Milano: ecco la ricostruzione dell’omicidio.

Chi ha sparato a Walter Tobagi? La storia dell’omicidio di via Salaino a Milano

Sono le ore 11 del 28 maggio 1980, “una fredda mattina di maggio” – come recita il titolo di un famoso film con Sergio Castellitto – quando Walter Tobagi viene affiancato da un commando di terroristi di estrema sinistra e freddato a colpi di pistola a pochi passi dal garage della sua abitazione di via Salaino, a Milano.

La notizia fa in breve il giro della città e del paese: tutti sono sconvolti. L’uomo, di 33, era infatti uno dei volti del giornalismo del tempo. Nato a San Brizio, in provincia di Spoleto, nel 1947, viveva da anni a Milano e si era fatto strada nel campo già ai tempi del liceo, scrivendo per il giornalino “La Zanzara” del liceo Parini.

Dopo gli studi era entrato a far parte della redazione dell’Avanti e in seguito dell’Avvenire, specializzandosi nei temi che lo avrebbero reso famoso, principalmente quelli politici, per cui, dal 1972, diversi anni prima dell’omicidio, scriveva per il Corriere della Sera.

Dalle colonne del quotidiano milanese aveva seguito alcune delle grandi inchieste del tempo, come quella relativa alla morte dell’intellettuale e attivista Giangiacomo Feltrinelli; ma aveva anche denunciato tutte le vicende relative agli “anni di piombo”, soffermandosi sugli omicidi di persone innocenti, come quello del magistrato Emilio Alessandrini, ucciso in un agguato dai membri del gruppo Prima Linea.

La sera prima di morire, durante una riunione del Circolo della stampa di Milano, aveva pronunciato queste profetiche parole: “Chissà a chi toccherà la prossima volta“, in modo simile a quanto Pier Paolo Pasolini aveva fatto qualche anno prima, nel 1975, prima di essere ucciso ad Ostia, dichiarando in un’intervista: “Siamo tutti in pericolo”.

Le motivazioni dell’attentato e i responsabili

Tobagi metteva in guardia i lettori sull’estremizzazione delle idee politiche sia di destra che di sinistra. Era diventato un personaggio scomodo. Per il suo omicidio – di cui oggi ricorrono i 44 anni – sono stati arrestati e condannati alcuni membri della Brigata XXVIII marzo, un gruppo terroristico di estrema sinistra nato dopo l’uccisione di quattro componenti delle Brigate Rosse in un agguato avvenuto in via Fracchia, a Genova, il 28 marzo dello stesso anno. Si tratta di Marco Barbone – poi diventato collaboratore di giustizia -, Paolo Morandini, Mario Marano, Manfredi De Stefano, Daniele Laus e Francesco Giordano.

Il ricordo del giornalista

La storia di Walter Tobagi, a cui a Milano è stata dedicata una scuola di giornalismo, si lega – quasi per uno scherzo del destino – a quella dell’attentato che a piazza della Loggia a Brescia, sempre il 28 maggio (del 1974), spezzò la vita a otto persone, ferendone a centinaia.

Una strage della stessa matrice di quelle che sui giornali l’uomo aveva condannato, analogamente a quanto fa adesso la figlia Benedetta, che al tema ha dedicato diversi libri. Quando il padre fu ucciso aveva appena tre anni e insieme alla madre fu tra i primi ad arrivare sul luogo del delitto. In un’intervista rilasciata a La Sestina, la testata della scuola che porta il nome del papà, così la scrittrice ha ricordato quei momenti:

La prima immagine è mio padre morto in camera ardente, perché il ricordo più forte fortunatamente l’ho rimosso: io, che allora avevo tre anni, sono arrivata con mia madre in via Salaino subito dopo l’omicidio, quando lui era ancora lì steso sull’asfalto. Poi ho avuto la fortuna di ricostruire l’immagine, che non avevo, di mio padre da vivo e nel pieno della sua attività, attraverso i suoi articoli, i libri scritti, le foto e le registrazioni. Per me, anche se non lo ricordo, mio padre è quell’uomo sorridente delle immagini che lo ritraggono al lavoro.