Craig Wright non è Satoshi Nakamoto. La decisione presa da un tribunale del Regno Unito sulle pretese dell’imprenditore australiano che sostiene di essere il fondatore di Bitcoin, va ora a riversarsi anche su un’altra questione, quella relativa al white paper di BTC.
Il documento in cui Nakamoto aveva riversato le basi teoriche e i fondamentali tecnologici della regina crypto, era infatti stato cancellato dal sito Bitcoin.org, nel 2021. Con l’indicazione del tribunale britannico, che ha riportato Wright alla sua reale dimensione di Faketoshi, il falso Satoshi con cui è da sempre bollato da gran parte della criptosfera, il libro bianco di BTC può tornare a campeggiare sul sito.
Bitcoin: ora il white paper è tornato su Bitcoin.org
Come abbiamo già ricordato, dal 2021 il white paper più famoso in ambito blockchain non appariva sul sito Bitcoin.org riservato agli utenti britannici. A impedirlo una sentenza strappata nelle aule di tribunale da Craig Wright.
L’autonominato Satoshi Nakamoto, all’epoca, aveva citato Cobra, il gruppo anonimo che gestisce il sito web, per violazione del copyright. Una tesi accolta durante il giudizio, con conseguente ordine di rimozione del PDF che il sito aveva dedicato al prezioso documento.
Occorre sottolineare che Wright aveva vinto la causa in quanto la controparte aveva optato per non presentare una difesa. Ha quindi preferito pagare 35mila sterline di spese legali (circa 40.100 dollari) al querelante e rimuovere il white paper.
Chi di causa ferisce, di causa perisce
Nel 2019, poi, Craig Wright ha deciso di sfruttare a fondo quello che si sarebbe rivelato un successo effimero, richiedendo la registrazione del copyright per il libro bianco di BTC negli Stati Uniti. Inoltre, negli anni successivi ha intentato cause contro chiunque violasse il copyright di un documento da lui ritenuto ormai una proprietà.
In particolare, nel corso del 2023, Wright ha citato in giudizio 13 sviluppatori di Bitcoin Core e un gruppo di aziende, tra cui Blockstream, Coinbase e Block. Un comportamento assolutamente arrogante, che ha spinto il Bitcoin Legal Defense Fund a evidenziare la tendenza di Faketoshi a intentare cause legali ingiustificate contro importanti collaboratori di Bitcoin. Cause che avevano una conseguenza non proprio di secondo piano, rallentando i lavori di sviluppo.
Gli sviluppatori, non solo dovevano correre rischi legali, ma anche perdere tempo e denaro per queste cause, collezionando robuste dosi di stress. Con la sentenza britannica, però, tutto ciò può essere considerato un reperto del passato.
Ora il white paper di BTC è open source
Tutto quello che è successo in tema di copyright, ora, non ha più alcun significato, dopo la sentenza britannica. Le sue affermazioni di essere Satoshi Nakamoto e di essere l’autore del white paper sono state in pratica definite senza fondamento legale. La sua richiesta di copyright, quindi, non ha alcun valore.
I dettagli sono contenuti nella sentenza della causa che era stata intentata dalla Crypto Open Patent Alliance (COPA) contro Wright. Ovvero da parte di una vera e propria coalizione di importanti aziende le quali hanno deciso di impedire a Wright di rivendicare la proprietà intellettuale del vero e proprio cuore di Bitcoin.
COPA la quale, ora, passa naturalmente all’incasso. Tanto da dichiarare che l’imprenditore australiano ha dato vita ad un elaborato schema di falsificazione e inganno nel preciso intento di fabbricare prove a sostegno della sua affermazione di essere Satoshi Nakamoto.
i danni riportati da Wright nel corso della causa non si fermano peraltro qui. Il suo patrimonio, stimato nell’ordine di 6,7 milioni di sterline britanniche (8,4 milioni di dollari), è infatti stato congelato. A disporlo lo stesso tribunale del Regno Unito, nell’ambito di un piano teso ad impedirgli di evadere le spese processuali.
Per quanto concerne il white paper di Bitcoin, il prezioso documento è ora soggetto a una licenza open-source MIT. In pratica, chiunque voglia può riutilizzare e modificare il codice per qualsiasi scopo.