La partita dello Stadio Olimpico contro il Sassuolo, sarà l’ultima della stagione per la Lazio. 90 minuti per chiudere un campionato deludente, ma soprattutto gli ultimi 90 minuti in biancoceleste per Felipe Anderson. Il brasiliano, dopo 11 anni in Europa, di cui 8 e mezzo passati nella Capitale, ha deciso di tornare a casa. Prima però dovrà salutare il popolo laziale, che in tutti questi anni non gli ha mai fatto mancare amore. Sarà una serata intensa ed emozionante per il calciatore e per tutti quei tifosi che lui ha fatto innamorare a suon di gol e colpi di classe. Per commentare l’ultima gara della stagione della Lazio e l’addio di Felipe Anderson, Lorik Cana, ex calciatore che ha giocato con il brasiliano in biancoceleste, è intervenuto in esclusiva a Tag24.
Lazio, l’addio di Felipe Anderson, Cana a Tag24
Ci sono storie d’amore destinate a restare per sempre. Quella della Lazio con Felipe Anderson è una di queste. Arrivato nella Capitale ancora ragazzino nel 2013, ci ha messo un po’ per ambientarsi, ma poi è diventato imprendibile. Con le sue giocate, i suoi strappi, i suoi giochi di prestigio e i suoi gol, ha fatto sognare un popolo intero e ha trascinato la squadra, allenata da Pioli, verso un posto in Champions. Da quel momento è stato amore incondizionato. Poi il distacco, nel 2018, quando la storia sembrava finita e il ritorno di fiamma nel 2021. Adesso però Felipe è un uomo ed è tempo di dirsi addio. Quella col Sassuolo sarà la sua ultima gara in biancoceleste. Per commentare la stagione della Lazio e l’addio di Felipe Anderson, Lorik Cana, che in biancoceleste ha giocato dal 2011 al 2015, è intervenuto in esclusiva a Tag24.
Ultima gara della stagione per la Lazio, come valuti il percorso dai biancocelesti, soprattutto dall’arrivo di Tudor in poi?
“La stagione della Lazio è stata condizionata dalle aspettative che si avevano all’inizio dell’anno. Quando tu l’anno prima raggiungi il secondo posto, con numeri straordinari, è normale che tutto l’ambiente pensi di poter ottenere ancora di più. Poi ripetersi però non è sempre facile ed evidentemente c’è stato anche un calo mentale”.
Ti sei dato una spiegazione?
“Penso che abbia influito molto anche il cambiamento che c’è stato dal punto di vista dirigenziale. La partenza di Tare è stata fondamentale, anche perché la Lazio era abituata ad avere all’interno del suo organico una figura simile. Lui ha aiutato a costruire quella squadra e penso che ai giocatori che lo avevano vissuto, sia mancato molto. La stagione è partita in maniera complicata, ma comunque hanno raggiunto un grande traguardo centrando gli ottavi di finale di Champions. Non era assolutamente scontato. Poi giocando su due o tre fronti, è normale perdere per strada qualcosa, non riuscendo ad essere sempre al massimo. Credo che nella rosa mancassero almeno due o tre elementi importanti”.
La Lazio avrebbe dovuto fare di più sul mercato?
“La partenza di Milinkovic-Savic è stata sottovalutata. Parliamo di un calciatore molto difficile da sostituire, anche se oggi c’è un ragazzo molto valido come Guendouzi. Il francese ha fatto molto bene, ma Sergej nella Lazio era fondamentale. Man mano hanno visto l’obiettivo allontanarsi e questo ha portato al cambio del tecnico. Resta l’amarezza anche per la semifinale di Coppa Italia che poteva essere alla portata della Lazio. Con Tudor però, questa squadra ha ritrovato un ritmo alto”.
È un allenatore che ti piace per il futuro?
“È un allenatore che mi è sempre piaciuto, anche se non lo conosco personalmente. Mi piace il suo carisma, e dall’esterno apprezzo il modo che ha di gestire il gruppo e di parlare. Le sue squadre hanno sempre giocato benissimo. In particolar modo ha fatto molto bene a Marsiglia e vi assicuro che era arrivato in una situazione delicata. Ha fatto una stagione fantastica, e lì non era semplice. Mi hanno sempre parlato tutti molto bene di lui, soprattutto la presidenza del club francese. Alla Lazio ha dimostrato di saper sfruttare anche una piccola parte di campionato. Ha già fatto vedere belle cose e ha fatto ritrovare a questa squadra la freschezza mentale che si era un po’ persa nella gestione Sarri”.
Domani sarà l’ultima partita di Felipe Anderson. Tu ci hai giocato insieme, che ne pensi e che ricordo hai di lui?
“Felipe ha fatto delle cose ottime alla Lazio. Mi ricordo bene quando è arrivato nel 2013, era un ragazzino. È sempre stato uno molto tranquillo, un personaggio stupendo, un ragazzo positivo, pacato ed educato. Credo che a volte sia addirittura troppo gentile. Lo ricordo sempre con grande piacere. È arrivato in sordina e poi ha improvvisamente accelerato, diventando imprendibile nella stagione 2014-15. È stato decisivo, praticamente riusciva a decidere le partite anche da solo e rompeva gli equilibri. Poi ha fatto la sua esperienza all’estero ed è tornato. In parte è un peccato perché guardando a ciò che è riuscito a fare in determinate partite, le aspettative nei suoi confronti erano addirittura più alte. Un talento cristallino, che probabilmente si è espresso per metà del suo potenziale”.
Hai la sensazione che avrebbe potuto fare di più?
“Assolutamente sì. Le cose che tu fai a un certo punto della stagione, non le fai per caso. Lui ha ha un talento innato, è sempre stato capace di fare cose che agli altri non riuscivano, ma purtroppo non è riuscito a farlo costantemente. Questa probabilmente è la differenza tra un calciatore forte e un fuoriclasse. Rimane però un ragazzo che ricordo con grandissimo piacere. Per la Lazio è stato un giocatore fortissimo, molto legato soprattutto all’ambiente e ai tifosi”.