Ha fatto scalpore, fra l’orrido e il meme, il video del benzinaio sorpreso a masturbarsi durante l’orario di lavoro. Atto osceno in luogo pubblico a parte, a far parlare è stato il fatto che l’uomo si sia messo la pompa della benzina nel sedere. Inutile dire, che il web si è scatenato con commenti e prese in giro. Ma da cosa nasce questa spettacolarizzazione del disagio umano? Lo spiega a TAG24 la psicoterapeuta Alexia Di Filippo.

Video del benzinaio, Di Filippo: “La validazione social è più importante delle persone”

Dal video del benzinaio a quello della giovane ragazza che si sarebbe masturbata in un luogo pubblico. Senza dimenticare il ragazzo che si è dato fuoco al pene. Una valanga di filmati divenuti virali nel giro di pochissimo tempo e che, invece, di inorridire, destano curiosità.

Una curiosità in qualche modo simile a quella che tiene lo sguardo incollato davanti a una scena terribile di un incidente, anziché muoversi per prestare soccorso. Cosa si cela dietro questo spasmodico desiderio di “vedere“? TAG24 si è rivolta alla psicoterapeuta Alexia Di Filippo per scoprire i meccanismi di questa “spettacolarizzazione dell’inappropriato“.

D: Perché alcuni video, come quello del benzinaio, che sarebbero da ritenere “scabrosi” diventano virali?

R: Perché il culto del sé, caratteristico della società narcisistica dell’immagine in cui viviamo, ha progressivamente determinato un sonno della coscienza. Da questo è nato il mostro della spettacolarizzazione.

Questo, a sua volta, rinfocola e mantiene tutto il processo, configurandolo quale circolo vizioso infernale. Il relativismo etico ha fatto sì che ci si riconosca e ci si voglia sentire riconosciuti, non per l’aderenza a valori e regole condivisi, ormai, messi in discussione, bensì per l’attenzione che si è in grado di suscitare, la cui forma più appetibile ed immediata è la validazione social.

Tale apprezzamento si ottiene più facilmente attraverso la pubblicazione di video inappropriati, trash, crudelmente gratuiti e lesivi della dignità di chi ne è protagonista. Come è accaduto con quello del benzinaio.

Ne è dimostrazione la viralità di contenuti esecrabili a fronte della penalizzazione da parte delle piattaforme social, di altri del tutto innocui: nessun argine infatti viene posto (salvo prese di posizione legali) a video che andrebbero tempestivamente bloccati, per via di strategie di coinvolgimento e fidelizzazione del pubblico.

Quando la sofferenza non viene riconosciuta, insensibilità o semplice menefreghismo?

In un mondo governato dai social e dai media, in generale, l’esposizione a contenuti cruenti, crudeli o umilianti ha raggiunto livelli altissimi. Le nuove generazioni sono profondamente immerse in questa bolla anestetizzata: l’empatia è solo un vago ricordo?

D: È in atto un processo di desensibilizzazione delle persone, dato che, considerando il video di cui sopra, invece di pensare si ride e si creano meme?

R: Indubbiamente, l’esposizione ripetuta a contenuti violenti, umilianti e derisori, crea una desensibilizzazione all’aggressività, al sopruso e alla crudeltà, nella vita virtuale come in quella reale.
Esiste inoltre una gara al sensazionalismo tra social e media ufficiali, determinata da un imbarbarimento socio-culturale che al contempo viene alimentato dallo status quo, da cui ci si potrebbe risollevare solo ribellandosi alla dittatura dei like e degli ascolti.

Si dovrebbero prevedere, come fossero ossigeno sulla luna, contenuti culturalmente validi ed educativamente incisivi, strutturati in modo da renderli adatti per la diffusione social e la programmazione sui media tradizionali. Sarebbe un percorso provvidenziale su cui investire anche a perdere, se si volesse risalire la china dello sprofondo in cui siamo precipitati, mentre per ora quella indicata è una strada percorsa, specie sui social, da pochi Creator, preparati e coraggiosi, pronti a perdere consenso rispetto a chi si dedica al lancio degli stracci o all’utilizzo di tutte le astuzie meno qualificanti e talvolta inqualificabili che, nel degrado generale, consentono di emergere.

Il gusto dell’orrido esorcizza i mali dell’uomo, cosa si nasconde dietro ai video virali?

D: Cosa accade a livello psicologico nel momento in cui una persona guarda un video del genere e poi decide di diffonderlo?

R: L’utente che guarda un video come quello del benzinaio e non viene colto da grave preoccupazione per la persona in condizione di disagio che vi è ritratta, mostra quella desensibilizzazione prima citata. Uno degli effetti più eclatanti è l’indifferenza verso la sofferenza dell’altro, che viene percepito come fosse un personaggio di un videogioco e non un essere umano in difficoltà, con una famiglia da tutelare e una vita professionale personale e sociale che possono venire travolte dalla diffusione di un contenuto denigratorio.

Il moltiplicarsi di meme e parodie sul video è la dimostrazione di una amoralità diffusa. Di una smisurata, quanto disgraziata, mania di protagonismo e di un senso della vergogna che si attiva solo a passare inosservati e non se ci si espone dando una mostra riprovevole di sé perché l’importante per molti, ormai, è solo apparire.

D: Ha qualcosa a che fare con il “gusto dell’orrido”?

R: In un certo senso sì. Come anche del deteriore, che la collettività esorcizza proiettandoli sull’altro indifeso, rimestandoli, moltiplicandoli ed interpretandoli per non riconoscerli dentro di sé. Dove, invece, albergano, sedimentano e crescono influenzando il pensiero e l’azione. Come un male.