Il processo che vede imputato Alessandro Impagnatiello per l’omicidio della fidanzata Giulia Tramontano si è aperto a Milano il 18 gennaio scorso: dopo l’audizione dei teste dell’accusa, si aspetta l’esame dell’imputato; poi il testimone passerà alla difesa. In attesa della sentenza, che inevitabilmente sarà di condanna, l’ex barman di 30 anni, reo confesso del delitto, resta detenuto: ecco dove.
Dove è detenuto Alessandro Impagnatiello in attesa della condanna per l’omicidio di Giulia Tramontano
Impagnatiello è recluso dal 31 maggio dello scorso anno nel carcere milanese di San Vittore. È uscito, finora, solo per partecipare alle udienze del processo che si sta tenendo a Milano per l’omicidio della fidanzata Giulia Tramontano, che ha confessato.
Che sarà condannato è una certezza; come lo è, secondo molti, anche l’entità della pena, l’ergastolo. In effetti l’ex barman è accusato di reati molto gravi: potrà evitare il massimo della condanna solo se in sede processuale sarà dimostrato – come è probabile che la sua difesa tenterà di fare – che quando aggredì a morte la 29enne, incinta di sette mesi, lo fece in preda a un “black out mentale”, cioè senza aver premeditato nulla.
Circostanza che, ad oggi, appare remota: stando alle ricostruzioni, non solo preparò la scena del crimine – spostando il tappeto che era presente nel salotto in cui si consumò l’omicidio, privo di tracce di sangue, come hanno spiegato in aula i carabinieri del Ris ascoltati – ma avvelenò anche la compagna e il bimbo che portava in grembo, Thiago, per mesi, fingendosi felice, mentre lo faceva, con amici e parenti (come in occasione del gender reveal del nascituro, ripreso in un video).
Come è stato scoperto Alessandro Impagnatiello? La ricostruzione delle indagini
Alessandro Impagnatiello ha confessato. Pochi giorni dopo il delitto, mentre gli inquirenti stavano perlustrando l’appartamento di via Novella in cui lui e la compagna vivevano per capire se ci fossero tracce a lei riconducibili (visto che risultava scomparsa), disse ai carabinieri presenti di averla uccisa e li accompagnò sul luogo in cui si era disfatto del cadavere, nei pressi di alcuni garage poco distanti dall’abitazione, a Senago.
Stando a quanto ricostruito in seguito, avrebbe aggredito la 29enne alle spalle, impedendole di difendersi, con un coltello da cucina. Dopo averla accoltellata avrebbe provato a bruciarne il corpo nella vasca da bagno e nel box auto collegato al loro appartamento; non riuscendoci, lo avrebbe spostato – trascinandolo – in cantina e poi lo avrebbe addirittura tenuto nascosto nel bagagliaio della sua auto.
Poi avrebbe ripulito tutto: è stato il test del luminol a mostrare agli inquirenti il sangue presente sulla scena del crimine, non visibile ad occhio nudo. Sempre in casa è stata trovata anche l’arma del delitto, lavata. Nello zaino che Impagnatiello usava per andare al lavoro c’erano, invece, delle bustine di veleno per topi: in un video diffuso di recente dalla trasmissione televisiva Ore 14 si vede come l’ex barman tentò di giusticarne l’esistenza ai carabinieri.
Prima di ammettere le proprie responsabilità, infatti, Impagnatiello tentò di depistare le indagini, facendo credere che la giovane potesse essersi allontanata volontariamente perché avevano litigato e insieme ai familiari, ignari dell’accaduto, si recò in diversi bar della zona per chiedere di poter visionare le telecamere di videosorveglianza e capire se l’avessero immortalata. È probabile che fosse più interessato a coprire i suoi eventuali passi falsi.
Nel corso della prima udienza del processo a suo carico, rilasciando delle dichiarazioni spontanee, ha chiesto perdono alla famiglia della vittima; Chiara Tramontano, con un post sui social, gli ha risposto:
Puoi chiedere scusa se per errore hai urtato lo specchietto della mia auto, non se hai avvelenato mia sorella e mio nipote, prendendoci in giro.