Dopo Garibaldi e Mazzini è Giacomo Matteotti il nome più utilizzato dalla toponomastica nazionale perché simbolo dell’antifascismo e dell’amore per la libertà. L’eroe socialista venne ucciso il 10 giugno di cento anni fa e nel centenario della morte gli sono già stati dedicati alcuni libri.

La condanna di Domizio Torrigiani e di Ettore Ferrari

Una delle domande che vengono poste agli storici è se Matteotti fu massone? Una risposta viene da Aldo Mola, uno degli studiosi della massoneria italiana più accreditati. Anche lui si pone una domanda e dà una risposta: “Prima del 1914, o dopo, Matteotti varcò mai la soglia dei templi massonici? Per escluderlo non basta constatare che il suo nome non figura nella matricola del Grande Oriente d’Italia né in quella della Gran Loggia d’Italia. Certo è che egli ebbe contatti con massoni inglesi”.

Dopo il suo assassinio, il gran maestro Domizio Torrigiani invia ai fratelli una circolare per condannare l’omicidio e anche il suo predecessore Ettore Ferrari che ricorda, con le parole di Mazzini, che “il martirio per un’idea è la più alta forma che l’Io umano possa raggiungere ad esprimere la propria missione”. Si augurava che l’eccidio potesse significare “una barriera all’ulteriore dilagare dell’immoralità, della violenza selvaggia, dell’oppressione a liberi spiriti”. E Torrigiani elevò “questo martire italiano” a emblema della battaglia per la giustizia e per la libertà.

Stefano Bisi