Si è tenuta in tribunale a Milano la settima udienza del processo che vede imputato Alessandro Impagnatiello per l’omicidio pluriaggravato della fidanzata Giulia Tramontano, consumatosi il 27 maggio dello scorso anno a Senago. In aula sono stati presenti per l’occasione i carabinieri del Reparto Investigazioni Scientifiche che si occuparono dei rilievi all’interno dell’abitazione in cui avvenne il delitto. Si tratta degli ultimi teste del pubblico ministero; per il prossimo 27 maggio, a un anno dai fatti, è stato fissato l’esame dell’imputato.
Oggi nuova udienza del processo a carico di Alessandro Impagnatiello a Milano
L’udienza di oggi aveva come obiettivo quello di ricostruire l’omicidio di Giulia Tramontano dal punto di vista tecnico-scientifico, attraverso le dichiarazioni dei carabinieri del Ris che si occuparono dei rilievi sulla scena del crimine. È questo il motivo per cui i familiari della vittima non c’erano: lo ha spiegato a Fanpage l’avvocato Giovanni Cacciapuoti, che li rappresenta. In aula, ha detto questa mattina, “potrebbero essere proiettate immagini forti”.
Il primo a prendere la parola è stato il tenente collonello Marchetti, che si è concentrato, in particolare, sulle copiose tracce di sangue rinvenute sia all’interno dell’auto dell’imputato – che a primo occhio sembrava, a suo dire, “pulitissima” -, sia nell’abitazione in cui avvenne il delitto. Stando alla sua ricostruzione, Alessandro Impagnatiello accoltellò la fidanzata di 29 anni, incinta di sette mesi, “in sala”.
Lo riporta sempre Fanpage, secondo cui il teste si sarebbe anche soffermato sulla descrizione dei vari reperti sequestrati in casa della coppia: a parte i coltelli rinvenuti sul ripiano della cucina, degli strumenti che potevano essere stati usati dal 30enne per ripulire l’abitazione (vista la presenza, in casa, di vari flaconi di detersivo e candeggina) e il suo zaino, contenente – come si vede in un video diffuso di recente – delle bustine di topicida. Il veleno che, secondo gli accertamenti tossicologici, avrebbe sommistrato alla giovane per diversi mesi e sempre più insistentemente a ridosso dell’omicidio.
La ricostruzione dell’omicidio di Giulia Tramontano
Tracce di sangue erano poi, secondo un collega di Marchetti, anche in cantina e nel box auto collegato all’appartamento: si pensa che Alessandro Impagnatiello ci abbia portato il corpo senza vita della giovane trascinandolo, dopo aver provato a bruciarlo per una prima volta nella vasca da bagno.
L’autopsia ha stabilito che Giulia morì dissanguata dopo 37 coltellate. “L’impressione – ha dichiarato in aula l’anatomopatologo Andrea Gentilomo nel corso di una delle ultime udienze – è che sia stata un’aggressione avvenuta da tergo”. Significa che, con molta probabilità, fu colpita di spalle, non riuscendo a difendersi.
Era appena rincasata dall’incontro che aveva avuto a Milano con l’altra ragazza che Alessandro frequentava, una sua collega di lavoro: si erano confrontate sulle storie (le bugie) raccontate loro dal barman; Allegra aveva detto a Giulia di essere rimasta a sua volta incinta, ma di aver deciso di abortire. Giulia aveva confidato ad Allegra che avrebbe lasciato il compagno e si sarebbe costruita una nuova vita vicino alla famiglia a Sant’Antimo, suo paese d’origine.
È probabile che negli stessi momenti l’imputato stesse preparando la scena del crimine: da quanto emerso in aula spostò il tappeto che era in salotto e coprì il divano prima di accoltellare a morte la 29enne. È accusato di omicidio volontario pluriaggravato, occultamento di cadavere e interruzione non consensuale di gravidanza: rischia l’ergastolo.
Gli avvocati che lo difendono, Giulia Geradini e Samanta Barbaglia, potrebbero chiedere ai giudici di sottoporlo a una perizia psichiatrica per capire se al momento dei fatti fosse capace di intendere e di volere: secondo loro, infatti, soffrirebbe di un disturbo ossessivo paranoico dovuto al suo forte narcisismo e potrebbe aver agito in preda a un “black out” mentale.