Si chiamava Antonio Russo e aveva 63 anni l’operaio morto nell’incidente che nella giornata di ieri, 22 maggio, si è verificato in un cantiere per i lavori di costruzione delle nuove fermate della Linea 1 della metropolitana di Napoli, a Capodichino: originario di Giugliano di Campania, qualche anno fa l’uomo aveva perso la moglie a causa di una malattia. Il prossimo settembre sarebbe dovuto andare in pensione.

Chi era l’operaio morto nell’incidente del cantiere della metro a Napoli: Antonio Russo

Padre di quattro figli, Antonio Russo lavorava come carpentiere da oltre 30 anni. “Era iscritto alla categoria degli edili della Cisl. Era un lavoratore molto esperto, che ha operato in grandissime aziende e che era stimato da tutti. Tutti ne parlano bene”, ha dichiarato il segretario della Filca Cisl di Napoli, Massimo Sannino, al Corriere della Sera.

“Antonio era ben voluto da tutti i suoi colleghi – ha aggiunto -. Da tempo ci parlava della festa che avrebbe voluto organizzare a settembre, quando sarebbe andato in pensione“. Non poteva sapere che a pochi mesi dall’agognato traguardo sarebbe morto, perlopiù sul luogo di lavoro.

Ieri, 22 maggio, il 63enne, operaio della Sinergo, si trovava insieme ai due colleghi Michele Pannone e Salvatore Agliottone, di 54 e 59 anni, nel cantiere per la realizzazione delle nuove fermate della Linea 1 della metropolinata di Napoli – destinate a collegare il centro città all’aeroporto di Capodichino – quando, per motivi ancora da accertare, il treno per il trasporto materiali che stava guidando si sarebbe improvvisamente schiantato.

Il sindaco di Napoli Gaetano Manfredi ha parlato, nelle scorse ore, di un possibile “guasto ai freni” del locomotore. Russo sarebbe morto sul colpo; Pannone e Agliottone sarebbero stati invece salvati e trasferiti in ospedale: il primo è ricoverato in codice rosso all’Ospedale del Mare; il secondo al Cardarelli, con una contusione alla gamba.

La dinamica dell’incidente, l’ennesimo sul lavoro

Cosa abbia provocato l’incidente mortale non è ancora del tutto chiaro: a stabilirlo saranno gli accertamenti che le autorità effettueranno sul mezzo a bordo del quale gli operai si trovavano al momento dello schianto. È forte, intanto, lo shock, tra gli amici e i parenti di Russo e dei suoi colleghi.

In tanti ieri si sono recati sul posto negli attimi successivi alla tragedia; una figlia del 63enne, dopo aver visto la sua salma, avrebbe anche accusato un malore, svenendo. La fine di suo padre ricorda, purtroppo, quella di tante altre persone morte sul luogo di lavoro.

Appena qualche settimana fa a Casteldaccia, nel Palermitano, hanno perso la vita cinque operai: il più giovane, Giuseppe La Barbera, aveva 28 anni ed era appena diventato papà bis. Secondo le prime ricostruzioni, sarebbe sceso nella vasca fognaria in cui è morto insieme ai colleghi a causa delle esalazioni di idrogeno solforato emanate dai liquami per aiutarli dopo essersi accorto che erano in difficoltà.

La loro vicenda è molto simile a quella di Brandizzo, nel Torinese: a perdere la vita, in quel caso, erano stati cinque operai impegnati nella manutenzione e sostituzione di alcuni binari di una stazione. Si chiamavano Michael Zanera, Giuseppe Sorvillo, Saverio Giuseppe Lombardo, Giuseppe Aversa e Kevin Laganà: stando a quanto ricostruito finora, furono autorizzati dai loro superiori ad iniziare le operazioni prima che il traffico dei treni fosse sospeso.

In un video che cattura i loro ultimi momenti di vita, girato dalla più giovane delle vittime, che aveva appena 22 anni, risulta che ricevettero delle apposite istruzioni su come fare per evitare di essere investiti nel caso una locomotiva fosse passata: la strage, in pratica, avrebbe potuto essere evitata. Sarebbe bastato ritardare l’ok ai lavori.