Il Redditometro 2024, formalmente denominato “accertamento sintetico di tipo sintetico”, rappresenta uno strumento di controllo fiscale adoperato dall’Agenzia delle Entrate italiana per stimare il reddito presunto delle sole persone fisiche ai fini dell’Imposta sul Reddito delle Persone Fisiche (Irpef).

La sua finalità consiste nell’esaminare le spese sostenute dal contribuente e confrontarle con il reddito dichiarato. Se le prime superano il secondo di oltre il 20%, si attiva la presunzione di irregolarità.

In pratica, il Redditometro si traduce in un confronto tra entrate e uscite: partendo dall’assunto che, a meno di ricorrere al credito, nessuno può spendere più di quanto guadagna, l’Agenzia delle Entrate può presumere che, in casi di discrepanza, ciò sia dovuto alla presenza di redditi non dichiarati. Questo strumento si basa sull’analisi di una serie di indizi di capacità contributiva, ossia sui beni e servizi posseduti dal contribuente, incrociando tali dati con quelli già in possesso dell’amministrazione finanziaria, come il reddito dichiarato in anni precedenti e gli estratti conto bancari, oltre ai dati catastali degli immobili posseduti.

Redditometro 2024, quando scatta il controllo?

L’Agenzia delle Entrate identifica i contribuenti da sottoporre al controllo del Redditometro utilizzando criteri di rischio fiscale, come ad esempio una discrepanza significativa tra lo stile di vita e il reddito dichiarato.

Successivamente, l’ufficio invia al contribuente una comunicazione con la richiesta di fornire documentazione relativa agli indizi di capacità contributiva individuati.

Dopo aver ricevuto la documentazione e utilizzando un modello statistico, l’Agenzia delle Entrate calcola il reddito presunto del contribuente.

Il reddito presunto viene quindi confrontato con il reddito dichiarato dal contribuente. Se il reddito presunto supera quello dichiarato di oltre il 20%, l’Agenzia delle Entrate può avviare un’indagine fiscale.

Questa indagine fiscale comporta un’esame più dettagliato della situazione finanziaria e patrimoniale del contribuente. Se l’indagine conferma una discrepanza tra il reddito dichiarato e quello presunto, il contribuente può essere soggetto a sanzioni e tasse aggiuntive.

In generale, gli indizi di capacità contributiva analizzati dal Redditometro sono diversi e comprendono:

  • Immobili: residenze, terreni, edifici e altre proprietà immobiliari;
  • Veicoli: automobili, motociclette, imbarcazioni e altri mezzi di trasporto;
  • Conti bancari, depositi e titoli;
  • Carte di credito e prepagate;
  • Pagamenti regolari come rate di mutuo o affitto;
  • Spese per servizi: importo delle bollette di energia, gas, acqua e telefono;
  • Acquisti di beni di lusso: automobili, opere d’arte, yacht e viaggi all’estero. Viene considerata solo la spesa per cui è richiesto il codice fiscale dell’acquirente, poiché solo queste possono essere associate a un soggetto specifico. Gli scontrini fiscali emessi per spese quotidiane, come quelle del supermercato, non sono tracciati dall’Agenzia delle Entrate;
  • Quote di partecipazione in società.

Quali sono gli indizi di capacità contributiva?

Dopo un intervallo di sei anni dalla sua interruzione, il Redditometro è tornato con una versione “potenziata”. Ora include 56 categorie di spese presumibili per ogni nucleo familiare, divise in 11 tipologie e suddivise in cinque regioni geografiche del Paese. Le voci spaziano dall’alimentazione e dall’abbigliamento ai costi di mutui e affitti. Si considerano anche le bollette di acqua, luce e gas, i costi di trasporto (assicurazioni auto e moto, bolli, spese di manutenzione, ma anche trasporti pubblici come tram, autobus e taxi e veicoli in leasing). Tra le spese per il tempo libero troviamo borse e valigie per viaggiare, soggiorni in albergo e pasti consumati fuori casa.

Il sistema è progettato in modo tale che, in mancanza di dati disponibili nell’Anagrafe Tributaria (come quelli già trasmessi per le voci di spesa identificate tramite la dichiarazione precompilata), l’Agenzia delle Entrate fa affidamento sui valori medi forniti dall’Istat. Per quanto riguarda gli investimenti, ci sono 9 categorie che includono non solo l’acquisto di immobili e terreni (al netto dei mutui), ma anche investimenti in azioni e obbligazioni, oltre ai costi per le ristrutturazioni straordinarie (dove l’Agenzia delle Entrate ha accesso alle informazioni sui bonifici relativi ai bonus edilizi).

La valutazione tiene conto anche della quota di risparmio annuale e delle spese effettivamente sostenute secondo i dati dell’Anagrafe Tributaria, comprese quelle non elencate nella tabella allegata al decreto.

Quando mancano dati nell’anagrafe tributaria, vengono considerati solo i beni essenziali per evitare il rischio di cadere al di sotto della soglia di povertà assoluta. In assenza di informazioni utili emerse dal confronto con il contribuente, si fa riferimento ai valori stimati dall’Istat.

Le spese sostenute dai familiari fiscalmente a carico vengono attribuite al contribuente, escludendo quelle strettamente legate all’attività d’impresa o professionale, a meno che non siano debitamente documentate.

Per quanto riguarda gli investimenti, i costi sono calcolati al netto dei disinvestimenti effettuati nell’anno in corso e nei quattro anni precedenti l’acquisto. L’acquisizione di immobili è valutata al netto dei mutui contratti per l’acquisto. La procedura del Redditometro prevede un doppio confronto con il contribuente: uno nella fase di istruttoria per raccogliere le informazioni necessarie per formulare l’accertamento e un altro con l’avvio della procedura di accertamento con adesione.

Come difendersi dopo l’accertamento fiscale?

Il decreto dettaglia, nell’articolo 4, i requisiti della prova contraria che il contribuente deve presentare per evitare un accertamento fiscale.

Questi requisiti includono la dimostrazione che:

  1. Le spese contestate sono state finanziate attraverso redditi non correlati all’anno fiscale in esame, oppure mediante redditi esenti, soggetti a ritenuta d’acconto o legalmente esenti dall’imposta;
  2. Le spese sono state effettuate da un’altra persona;
  3. L’importo delle spese realmente sostenute è diverso da quello stimato;
  4. La quota di risparmio utilizzata per finanziamenti, consumi o investimenti è stata accumulata negli anni precedenti.

Tuttavia, questa prova contraria non è completamente libera, ma è soggetta a vincoli, sebbene questi vincoli lascino un ampio margine di manovra.

Questo sembra in contrasto con la normativa legale che, richiedendo un doppio confronto già nella fase di istruttoria, suggerisce che lo strumento funzioni come una presunzione semplice piuttosto che legale.

Il decreto ministeriale diventa efficace per gli accertamenti relativi all’anno 2016. Tuttavia, considerando la scadenza dei periodi d’imposta 2016 e 2017, eccetto nei casi di omessa dichiarazione, di solito il primo anno coinvolto è il 2018.