In Parlamento c’è una proposta di legge che mira a vietare l’accesso libero a Internet e ai social network agli under 15. Nella Commissione bicamerale infanzia e adolescenza è stata lanciata dalla deputata del Partito Democratico Marianna Madia e dalla senatrice di Fratelli d’Italia Lavinia Mennuni. Entrambe hanno come obiettivo quello di garantire un uso responsabile della rete. Ma anche di normare un mondo che sta crescendo a vista d’occhio dal punto di vista economico: quello dei baby-influencer. La legge, che le due parlamentari sperano di far arrivare in porto quanto prima mantenendo la sua impronta unitaria, si pone l’obiettivo di tutelarli in un mondo ricco di insidie, anche quando c’è da incassarne i vantaggi economici.
Divieto di accesso libero a Internet e ai social per i bambini, ecco la proposta di legge bipartisan
Ma cosa cambierà nel momento in cui la legge Madia-Mennuni entra in vigore? Bambini e adolescenti potranno accedere a Internet e, di conseguenza, ai social network, solo se controllati dai genitori o a scuola, o, comunque, solo se autorizzati da una persona adulta. In Commissione, nessuno vuole che Internet non venga riconosciuto come un diritto costituzionale. Ma a patto che davvero sia un mezzo di uguaglianza e di emancipazione. Degli articoli sono dedicati anche alla tutela per i messaggi pubblicitari. Ma il nodo, visto che una norma che limita gli accessi online già esiste – vale per gli under 13 ed è stata voluta dalle piattaforme – è quello dei controlli. Finora, sono stati fatti poco e male. E’ possibile una svolta?
Madia e Mennuni: “Ecco l’obiettivo che ci proponiamo”
Le parlamentari da cui è partita la proposta di legge, Marianna Madia e Lavinia Mennuni, spiegano così l’obiettivo che si pongono: “Tutte le famiglie con bambini o adolescenti hanno paura di vederli diventare dipendenti da uno schermo, con tutte le conseguenze negative per la loro mente e il loro fisico. In più, c’è un problema di profilazione dei minorenni: le piattaforme continuano ad acquisire ogni loro tipo di dato, spesso in contrasto anche con le norme della privacy. Per questo, con la nostra iniziativa parlamentare, puntiamo a stare vicino alle famiglie e alle altre istituzioni educative. In un luogo come la rete che non è stato pensato per i minorenni, non possono essere lasciati da soli”
Ma, tecnicamente, è possibile segnalare che l’accesso ad Internet è fatto da un under 15? Marianna Madia spiega di sì: “Ormai ci sono le soluzione tecniche che permettono di riconoscere la persona che accede alla rete. Ma la nostra proposta di legge è aperta alla discussione, oltre che con le piattaforme, anche con l’Agcom e il Garante della Privacy. Di certo, potremmo partire dal meccanismo a cui si rifà il decreto-Caivano per l’accesso dei minorenni ai siti porno. Noi, con questa proposta di legge, tentiamo di estenderlo”.
Marianna Madia auspica che questo tema venga trattato a livello europeo, ma intanto sostiene anche che un modello a cui tendere, dopo i ripetuti appelli anche dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, è quello della Francia, Paese che ha già normato in materia dopo uno studio che ha rilevato una volta di più i danni sui minori di un uso irresponsabile della rete.
Il provvedimento per i baby-influencer
Lavinia Mennuni, poi, a proposito della parte del provvedimento che interessa i baby-influencer, aggiunge: “Pure la nostra Istat ha rilevato che sono troppe le ore che i minori trascorrono da soli su Internet. Bisogna tutelarli, tanto più che il fenomeno è esploso con la pandemia e anche il Pnrr prevede dei fondi per affrontare questa problematica. Nello specifico, poi, bisogna normare l’aspetto dei baby-influencer. E’ un paradosso che bambini anche di tre, quattro, cinque anni siano al centro di un sistema economico: vogliamo quantomeno che sia davvero a loro vantaggio. Sia facendo confluire su conti correnti speciali i soldi che guadagnano con questa attività, per poterli utilizzare una volta che raggiungono la maggiore età, o facendoli utilizzare dalle loro famiglie con investimenti sulla loro formazione, tranne magari i casi in cui non raggiungano i 12 mila euro di guadagno l’anno”.