Oggi, venticinque anni fa, veniva ucciso, a Roma, nei pressi della sua abitazione, il giurista Massimo D’Antona. Oggi, il docente universitario all’epoca vicino ai governi di centrosinistra, è stato ricordato da esponenti di entrambi gli schieramenti. Cgil, Cisl e Uil hanno apposto una corona di fiori. Una delegazione del Partito Democratico gli ha reso omaggio nei pressi della lapide che lo celebra. Filippo Sensi, uno dei parlamentari dem che si è recato sul luogo dove fu ucciso lo studioso, su X, ha riportato la scritta che lo ricorda: “Non omnis moriar”. Questo, sebbene, in realtà, l’anniversario della morte di D’Antona coglie il centrosinistra e il Pd di Schlein spaccato sul tema del lavoro tra chi, come la segretaria, si unisce alla battaglia della Cgil per arrivare a un referendum che abroghi il Jobs Act e, chi, invece, vorrebbe difendere quella misura voluta da un altro Pd: quello a trazione Renzi nel 2014.

Come è stato ricordato Massimo D’Antona, il giurista che venticinque anni fa fu ucciso dalle Nuove Brigate Rosse

E il centrodestra? Come ha ricordato il docente della Sapienza ucciso dalle Nuove Br il 20 maggio 1999? C’è da dire che, venticinque anni dopo il suo assassino, il valore di D’Antona (che fu anche sottosegretario ai trasporti del Governo Dini), è stato riconosciuto anche da destra, nonché dall’attuale compagine governativa rappresentata al memoriale dalla viceministra del lavoro Maria Teresa Bellucci

“Il 20 maggio del 1999, le Brigate Rosse, che credevamo sconfitte per sempre, uccisero vigliaccamente il professor Massimo D’Antona, esimio giuslavorista sempre in prima linea per le riforme, nel segno del dialogo, della concertazione e dell’innovazione sociale nonché consulente del nostro ministero. Un cammino interrotto in modo tragico a soli 51 anni, ucciso per le sue idee e per il coraggio di aver immaginato un mondo del lavoro diverso, rinnovato e riformato”. 

Poi, in occasione della consegna del premio per le tesi di laurea in memoria che si è svolta presso il ministero del Lavoro e delle Politiche sociali. la rappresentante del Governo Meloni ha aggiunto:

“Al tempo, ero una giovane laureata e questo efferato omicidio mi ricordò immediatamente quelli dei giudici Falcone e Borsellino, che hanno segnato la mia generazione. Tutti morti per il loro impegno al servizio della Nazione, un elenco doloroso a cui si aggiungerà, qualche anno dopo, un altro giuslavorista riformista, il professore Marco Biagi”.

Marco Biagi fu ucciso a Bologna nemmeno tre anni dopo D’Antona, il 19 marzo 2002. Sempre dalle Nuove Brigate Rosse. La viceministra, quindi, ha chiosato:

“Nostro compito è commemorare il professor D’Antona e chi come lui è morto per servire lo Stato, senza dimenticare il loro operato, ma continuando a impegnarci per la crescita dell’Italia, mettendo al centro delle riforme il valore sociale del lavoro e i diritti di ogni lavoratore”.