Il presidente Raisi è morto, chi comanda ora in Iran e cosa succederà? Queste sono le domande che da ieri, 19 maggio 2024, hanno assalito la popolazione iraniana e il mondo intero, a seguito dell’incidente in elicottero che ha causato la morte del Presidente, il suo staff e il ministro degli Esteri dell’IranHossein Amirabdollahian.

La comunità internazionale, con sguardo preoccupato, aspetta di vedere quali saranno i nuovi sviluppi della situazione politica in Iran e le conseguenze della scomparsa del capo di Stato. Il popolo iraniano esulta e inneggia alla morte del “macellaio di Teheran”, mentre le fazioni estremiste, legate al regime, piangono un leader.

Chi sarà il nuovo presidente? L’Iran sarà sempre più assoggettato al controllo della Guida Suprema? Raisi era il braccio destro dell’Ayatollah Ali Khamenei: quale sarà la prossima mossa del regime? Tag24 ha approfondito la questione con l’attivista Shahed Sholeh, portavoce dell’Associazione Donne democratiche Iraniane in Italia (ADDI) e sostenitrice della Resistenza Iraniana.

Raisi è morto, cosa significa per l’Iran? Shaehed Sholeh: “Era il macellaio di Teheran”

Dopo una serie di notizie che alternavano conferme e smentite della morte del Presidente dell’Iran, è ufficiale: Ebrahim Raisi è deceduto in un incidente in elicottero mentre tornava nel suo Paese dopo una visita in Azerbaigian, il 19 maggio 2024. Nessuna delle persone a bordo del veicolo è sopravvissuta, secondo quanto riportato dalle fonti locali.

La popolazione iraniana, nonostante l’incertezza della notizia, ha fin da subito manifestato la sua gioia. “E’ morto il macellaio di Teheran”, questo uno degli slogan più diffusi in merito alla scomparsa del braccio destro della Guida Suprema Khamenei.

D: Che cosa significa la morte di Raisi per l’Iran e per la Resistenza Iraniana?

R: Ci sono stati commenti da analisti iraniani stranieri sulla vicenda. Alcuni parlavano anche di un conflitto interno. Noi della Resistenza Iraniana chiamiamo Raisi “il macellaio di Teheran”, per via dei crimini di cui si è macchiato. Questo può già offrire un punto di partenza sulla questione.

Il potere di Raisi è cresciuto nel tempo, è stato un personaggio molto importante per il leader supremo Ali Khamenei. Il popolo iraniano ora più che mai deve trovare il coraggio di alzare la testa contro il regime. Noi vediamo la debolezza del regime. Se questo comporterà la nascita di un conflitto interno, ben venga.

D: Tra la gioia del popolo e il commiato del regime e della Guida Suprema, la situazione con la morte di Raisi in Iran potrebbe peggiorare?

R: Secondo me no. Non può essere, almeno per quello che è accaduto in precedenza nella storia dell’Iran. Non importa chi sarà nominato, il conflitto interno è aumentato enormemente da quando Khamenei ha incrementato la repressione contro il popolo. La morte di Raisi, suo fedelissimo, spingerà l’ayatollah ad agire con sempre maggiore fermezza e crudeltà, ma con esse crescerà anche la voglia di ribellarsi da parte del popolo.

Perché è normale che quando si aumentano le repressioni, aumentano anche le reazioni della gente. Non potrà più controllare la popolazione solo con la paura. Noi della Resistenza facciamo molto affidamento su questo. Ma il coraggio dei cittadini iraniani non basta, serve anche un aiuto da parte della politica internazionale. Il popolo deve far sentir la sua voce e scegliere il suo governo. Bisogna rovesciare una volta per sempre il regime e instaurare un governo democratico, laico, libero e popolare.

Chi comanda ora in Iran?

D: Chi comanda ora in Iran? Come si svolgeranno le elezioni?

R: Il presidente dell’Iran ad interim ora è Mohammad Mokhber. Secondo l’articolo 131 della Costituzione della Repubblica Islamica, il nuovo capo di Stato dovrà essere nominato da un consiglio appositamente costituito, entro il periodo massimo di cinquanta giorni. L’ultima parola su tutto spetta al leader supremo, Ali Khamenei. Questo è lo svolgimento delle elezioni.

D: Quale potrebbe essere la prossima mossa dell’ayatollah Khamenei?

R: La Guida Suprema quando ha deciso di scegliere Raisi come Presidente dello Stato nel 2021 e di aumentare la repressione, pensava di poter gestire il popolo e il potere, ma non ci è riuscito. Durante tutti gli anni in cui Raisi è stato in carica come presidente, la rivolta in Iran non si è mai fermata, così come la repressione. A questo punto, dopo aver perso il braccio destro, Khamenei o deve rassegnarsi o deve aumentare la repressione.

Perciò noi continuiamo a dire che l’effetto di questo incidente sul sistema interno del regime è drammatico. Dall’altra parte questo dà più coraggio e senso di unità alla resistenza, creata proprio per dare coraggio al popolo, per ribellarsi ed alzare la testa contro il regime.  

Shahed Sholeh: “In Iran la morte di Raisi ha acceso la gioia delle famiglie dei prigionieri politici uccisi nel 1988”

“Da ieri sui social media girano commenti sulla morte di Raisi. L’appellativo di “macellaio di Teheran” è stato dato non a caso. Una morte non naturale, come quella dei suoi predecessori. Qui si è vista la gioia delle famiglie dei prigionieri politici, specialmente quelli del 1988. Raisi era infatti personalmente coinvolto nell’uccisione di questi ultimi; tante famiglie non hanno nemmeno avuto indietro i corpi dei loro cari.

Erano stati accusati di aver collaborato con l’Iraq, nella guerra che incorreva tra i due Stati. E l’Iran scelse di mandare a morte i suoi cittadini, per ordine proprio di Raisi. Prima ancora di avere conferme sulla notizia della morte di Raisi, la gente in Iran ha cominciato a festeggiare. Una festa che non ha pervaso solo l’Iran ma anche la Siria e altri Stati.

Lui era il criminale responsabile delle uccisioni di tante persone, non solo in Iran. La sua morte è un bene, anche se avrebbe dovuto essere processato, per rispondere di tutti i crimini che commesso”.

La presidente del Consiglio Nazionale della Resistenza Iraniana su Raisi: “Fu responsabile del massacro del 1988”

Dopo la morte di Ebrahim Raisi, Maryam Rajavi, la presidente del Consiglio Nazionale della Resistenza dell’Iran (NCRI), ha dichiarato:

“Questo rappresenta un colpo strategico monumentale e irreparabile per la Guida Suprema dei mullah Ali Khamenei e per l’intero regime, noto per le sue esecuzioni e i suoi massacri. Questo fatto scatenerà una serie di ripercussioni e crisi all’interno della tirannia teocratica, che spingeranno i giovani ribelli ad agire.
La maledizione delle madri e di coloro che cercano giustizia per i giustiziati, insieme alla dannazione del popolo iraniano e della storia, segnano l’eredità di Ebrahim Raisi, il noto responsabile del massacro dei prigionieri politici del 1988″.

La presidente ha celebrato i 30.000 morti nel massacro approvato da Raisi, su richiesta di Khamenei, una ferita indelebile per il popolo iraniano e ha promesso di continuare a portare avanti la lotta per la giustizia, fino al rovesciamento del regime.