Dopo una lunga battaglia legale, Julian Assange non sarà estradiato negli Stati Uniti, come deciso dall’Alta Corte di Londra.

Il giornalista, attivista, programmatore austrialiano co-fondatore di WikiLeaks, sito web nato nel 2006 e al centro delle cronache per aver rivelato pubblicamente documenti governativi e di argomenti relativi a guerre, spionaggio e corruzione, ha vinto la causa di ricorso, una prima vittoria di una lunga battaglia che vedrà ancora protagonista il 52enne.

Julian Assange, fondatore di Wikileaks, ha vinto il ricorso e non sarà estradiato: le motivazioni

La decisione è stata presa da due giudici dell’Alta Corte di Londra, Victoria Sharp e Jeremy Johnson, secondo i quali “le richieste degli Stati Uniti non sono sufficienti” per ottenere l’estradizione per mancanza di un legittimo processo nei cofronti di Assange.

La vittoria del fondatore di Wikileaks, rappresenta un importante monito per la libertà di stampa e per chi da anni, a costo della propria vita, la difende. La moglie dell’attivista Stella Assange, ha dichiarato che gli Stati Uniti hanno tentato invano di “mettere il rossetto su un maiale” ma non ci sono riusciti e infine di “abbandonare definitivamente il caso”.

Diciassette accuse di spionaggio nei confronti di Assange

Nei confronti di Julian Assange, da parte del Governo Americano ben 17 accuse di spionaggio e una sull’uso improprio del computer per la pubblicazione online di una serie di documenti statunitensi classificati, una battaglia legale che porta avanti da quindici anni.

Attualmente il giornalista soffre di un disturbo depressivo di lunga data e ricorrente, ed è valutato come a rischio di potenziale suicidio, come riferito da Alice Jill Edwards, relatore speciale delle Nazioni Unite sulla tortura, tra le prime ad esortare le autorità a prendere in considerazione il suo appello sulla base di timori sostanziali che, se estradato, sarebbe a rischio di punizioni crudeli e trattamenti violenti.