L’ipertensione resistente si verifica quando la pressione sanguigna rimane persistentemente alta nonostante l’uso di farmaci antipertensivi.
Quando le terapie standard non risultano efficaci nel controllare la pressione arteriosa, diventa fondamentale esplorare altre opzioni e strategie per gestire questa condizione pericolosa e ridurre il rischio di complicanze cardiovascolari.
Cos’è l’ipertensione arteriosa
La pressione sanguigna viene misurata attraverso due valori: la sistolica, quando il cuore pompa il sangue, e la diastolica, quando il cuore si rilassa. Si esprime in millimetri di mercurio (mmHg), con la pressione alta che inizia sopra 140/90 mmHg.
Riducendo permanentemente la pressione al di sotto di 140/90 mmHg, si riduce del 50% il rischio di infarto e ictus, con un valore ideale di 120/80 mmHg. Questo, per chi soffre di ipertensione, appunto, lo si fa prendendo quotidianamente dei farmaci che, di solito, sono molto efficaci.
L’ipertensione resistente si verifica, invece, quando la pressione rimane alta nonostante l’assunzione di tre diverse classi di farmaci antipertensivi al dosaggio massimo tollerato.
Per questo motivo sono in studio alcune terapie alternative per curare l’ipertensione resistente. Tutte hanno avuto un effetto, se pur in modo diverso.
L’aderenza al trattamento, ossia la volontà di seguire le indicazioni mediche, è fondamentale nel gestire l’ipertensione. Se nonostante la cura, la pressione sanguigna rimane alta, si parla di ipertensione resistente. Circa il 10% dei pazienti con ipertensione soffre di questo tipo di disturbo.
In questo caso assumono ancora più importanza fattori come: iI cambiamenti nello stile di vita, come una dieta equilibrata a basso contenuto di sale, l’esercizio fisico regolare e il controllo del peso, possono contribuire significativamente al controllo della pressione sanguigna.
In combinazione con farmaci come lo spironolattone, questi cambiamenti possono avere effetti benefici notevoli. Tuttavia, è importante considerare gli effetti collaterali del farmaco, come l’ingrossamento della ghiandola mammaria e gli squilibri elettrolitici, e cercare alternative con minori rischi. Nonostante ciò, lo spironolattone rimane un trattamento di riferimento finché non saranno disponibili alternative altrettanto efficaci e sicure sul mercato, per l’ipertensione resistente.
Perché a volte l’ipertensione è resistente al trattamento farmacologico
L’ ipertensione resistente al trattamento non dipende dalla persona, ma potrebbe essere dovuta a altre condizioni mediche o all’interazione con altri farmaci.
Altri fattori da considerare includono la presenza di patologie aggiuntive, l’assunzione di farmaci che interferiscono con quelli per la pressione sanguigna, o condizioni non riconosciute che contribuiscono all’ipertensione, come l’apnea notturna o problemi tiroidei e renali.
Inoltre, è importante non trascurare le misure non farmacologiche come l’adozione di uno stile di vita sano e la limitazione del consumo di alcol e stimolanti. La corretta misurazione della pressione sanguigna è fondamentale, insieme al proprio medico è possibile esplorare soluzioni alternative e adattare il trattamento alle esigenze individuali.
La scelta del trattamento dipende principalmente dalla funzionalità renale del paziente. Gli antagonisti dell’aldosterone, come lo spironolattone, sono comunemente prescritti per coloro con una funzione renale adeguata, mentre per chi ha un’insufficienza renale moderata potrebbero essere consigliati gli alfa o beta-bloccanti.
Questi farmaci agiscono sul sistema renina-angiotensina-aldosterone e sul sistema nervoso simpatico per ridurre la pressione sanguigna. Se si procede con queste cure, è fondamentale monitorare regolarmente il livello di potassio nel sangue, specialmente con l’uso degli antagonisti dell’aldosterone, per prevenirne un aumento pericoloso.
Quando ricorrere a un intervento chirurgico nel caso di ipertensione resistente
Se nonostante i cambiamenti nello stile di vita e altre terapie la pressione sanguigna rimane elevata, potrebbe essere preso in considerazione un intervento chirurgico noto come denervazione renale.
Questo procedimento coinvolge l’uso di un sottile catetere guidato ai reni attraverso un’incisione nell’inguine per interrompere i nervi che innervano i reni. I medici consigliano questa procedura solo in casi selezionati e dovrebbe essere eseguita in un centro specializzato e certificato.